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Stefania Ulivi, inviata a Venezia

Da Emma Stone sospetta aliena a Jude Law nei panni di Putin

La realtà chiama, Venezia risponde. Sarà un’edizione specchio di un presente dominato dai conflitti non solo per le azioni di protesta legate alla lettera aperta del collettivo Venice4Palestine, e le incertezze legate alla cerimonia inaugurale a cui presenzierà il ministro della Cultura Alessandro Giuli. Ma anche un’edizione dove l’amore, i legami familiari, le relazioni personali hanno un ruolo centrale. 

Con una partenza a razzo affidata a «La Grazia» di Sorrentino, annunciato per mesi solo semplicemente come «una storia d’amore» ma che è probabile lo sarà in senso molto lato, chiamando in causa dilemmi, dubbi, domande sul senso della vita. E della morte.



















































Lo ha sottolineato fin dalla presentazione il direttore Alberto Barbera: «Se come ricorda Rivette, il cinema è fatto della stessa materia dei sogni, non di rado questi assumono la forma e la sostanza di incubi notturni, alimentati dalle immagini terribili che ogni giorno ci piovono addosso da ogni parte». Da Gaza, in primis. Da cui arriva uno dei film più attesi e drammatici: « The voice of Hind Rajab» di Kaouther Ben Hania. Cronaca della morte, annunciata, di Hind, nata il 3 maggio 2018, bambina palestinese, colpita il 29 gennaio 2024 in macchina assieme alla sua famiglia dall’esercito israeliano. Era sopravvissuta, per ore rimase al telefono con gli operatori della Mezzaluna rossa, ma l’ambulanza dei soccorritori non arrivò mai. Nel film l’audio è quello reale delle telefonate, la voce è la sua.

I timori per le conseguenze della potenziale escalation nucleare irrompono invece in primo piano grazie a Kathryn Bigelow che in «A House of Dynamite» racconta a ritmo di thriller la corsa contro il tempo per reagire a un attacco missilistico contro gli Usa.

In concorso anche Olivier Assayas che in «Il mago di Cremlino» segue l’ascesa al potere di Putin (Jude Law) attraverso la figura del suo spin doctor Vadim Baranov (Paul Dano), dal romanzo di Giuliano Da Empoli.
I mostri del reale dialogano con quelli di fantasia, con l’attesissimo «Frankenstein» di Guillermo Del Toro, un adattamento in chiave intimista del classico di Mary Shelley, come la «storia di un padre prodigo e di un figlio perduto». Ovvero Oscar Isaac e Jacob Elordi. Ma troviamo anche i mostri evocati da chi si nutre di complotti, come i due cugini protagonisti di Bugonia di Yorgos Lanthimos, convinti che la ad di una grande società (Emma Stone) sia un’aliena in missione per distruggere la specie umana.
Gli orrori del passato, l’intreccio continuo tra realtà e finzione (sono molti i titoli tratti da storie vere, anche «The smashing machine» di Benny Safdie e The testament of Ann Lee di Mona Fastvold), emerge in Orphan di Làszlo Nemes, che ritorna nella Budapest del 1957 per fare i conti con la propria storia familiare, segnata dall’Olocausto e la dittatura comunista. E, in modo diverso, così fa anche François Ozon che si misura con Lo straniero di Camus, attraverso l’impatto sui suoi familiari della guerra in Algeria.
I mostri hanno sembianze inaspettate, qui in laguna. Anche quelle delicate di Barbara Ronchi, in carcere per l’assassino della sorella in Elisa di Leonardo Di Costanzo. Mentre per amore di una donna il protagonista di The sun rise on us all del maestro cinese Cai Shangjun si assume la colpa di un crimine, e si ritroverà con lei anni dopo, a cercare una impossibile redenzione.

Jim Jarmusch ha chiamato parte della sua famiglia artistica guidata da Tom Waits (con Cate Blanchett, Adam Driver, Mayim Bialik, Charlotte Rampling) per mettere in scena il trittico Father Mother Sister Brothers: un sodoku intimo di rapporti tra genitori, figli adulti e fratelli.

26 agosto 2025