Ozzy Osbourne, il leggendario frontman dei Black Sabbath, si è spento il 22 luglio, a 76 anni, dopo una lunga battaglia contro il Parkinson, solo poche settimane dopo essere salito per l’ultima volta sul palco con la sua storica band. Una carriera, la sua, che ha attraversato oltre cinque decenni, ridefinendo i confini dell’heavy metal, reinventandosi nell’era del reality televisivo, e trasformando la sua immagine pubblica in un marchio multimilionario.
Il patrimonio di Ozzy Osbourne è stimato in circa 220 milioni di dollari, ovvero 176 milioni di sterline, cifra che non tiene conto solo dei suoi guadagni da musicista, ma anche di diritti televisivi, licenze di immagine, royalties e futuri introiti da un catalogo che continua a generare ricavi.
Tutto cominciò con i Black Sabbath, la band formata a Birmingham alla fine degli anni Sessanta. È lì che Ozzy – allora John Michael Osbourne – realizzò album leggendari che avrebbero venduto decine di milioni di copie in tutto il mondo. Dopo la rottura con il gruppo, negli anni Ottanta, la carriera da solista non solo decollò, ma si impose con una forza inaspettata. Album come Blizzard of Ozz e Diary of a Madman lo confermarono come una delle voci più riconoscibili e influenti del rock.
Ma a trasformare Ozzy in un’industria non fu solo la musica. Nel 1996, insieme a Sharon, ideò l’Ozzfest, festival itinerante che avrebbe rivoluzionato il panorama dei concerti rock. Oltre cinque milioni di biglietti venduti e oltre cento milioni di dollari incassati. E soprattutto, un’incredibile capacità di monetizzare la propria immagine: secondo Parade, fu il primo artista rock a guadagnare 50 milioni di dollari solo attraverso il merchandising.
Nel 2002, Ozzy approdò anche in televisione, e lo fece nel modo più clamoroso possibile. The Osbournes, reality show trasmesso da Mtv, mostrava la vita quotidiana della sua famiglia. Divenne subito un cult. Nella prima stagione, ogni membro della famiglia guadagnò 20.000 dollari a puntata: un totale di 800.000 dollari. Aimee, la figlia maggiore, rifiutò di apparire e di conseguenza non ricevette alcun compenso. Ma già nella seconda stagione Sharon, abile manager oltre che moglie devota, negoziò un contratto da cinque milioni di dollari a testa. All’epoca, era la cifra più alta mai versata da Mtv. Il successo del reality trasformò gli Osbourne in un brand di famiglia, redditizio.
Oggi, il valore complessivo stimato del patrimonio degli Osbourne supera i 250 milioni di dollari. Jack, divenuto nel frattempo produttore e documentarista, possiede circa 15 milioni. Kelly, attiva tra musica, tv e moda, ne ha accumulati 16. Aimee ha seguito un percorso più riservato, restando lontana dai riflettori, con una carriera musicale autonoma. Il suo patrimonio non è noto, ma la sua scelta di indipendenza è stata sempre coerente.
A complicare la scena, ora, è la questione ereditaria. Perché Ozzy lascia dietro di sé non solo una fortuna enorme, ma anche una famiglia complessa. Oltre a Sharon, ci sono sei figli: Aimee, Kelly e Jack, nati dal secondo matrimonio, ed Elliot, Jessica e Louis, avuti dalla prima moglie, Thelma Riley. Una situazione che potrebbe facilmente trasformarsi in una battaglia legale.
L’esperto legale Adam Jones, dello studio HD Claims, ha dichiarato al Daily Record: «L’eredità di Ozzy è complessa. Sebbene Sharon erediterà probabilmente almeno il 50%, ci sono sei figli coinvolti, e qualsiasi disputa potrebbe bloccare tutto per mesi». Secondo la legge britannica e quella statunitense, in assenza di disposizioni chiare in un testamento o in un trust, la moglie eredita la parte principale, ma ogni figlio ha il diritto di reclamare la propria quota. «Nelle famiglie miste come questa», ha aggiunto Jones, «le liti sono frequenti se non si è stabilito tutto nero su bianco. Basta che uno dei figli più grandi si senta escluso o penalizzato, e si può scatenare una causa legale».
E l’eredità non si limita a proprietà e denaro liquido. Il vero tesoro sono i diritti d’autore e le royalty: canzoni, album, show televisivi, licenze commerciali. «Spesso, questi diritti valgono più dopo la morte che in vita», ha spiegato ancora Jones. Il problema è come suddividerli. Chi gestirà il catalogo? Chi trarrà profitto dalle future ristampe, dai documentari, dalle biopic che inevitabilmente arriveranno? Le domande sono molte, le risposte ancora poche.