L’attacco leghista al ministro della Salute Schillaci per il pasticcio delle nomine del comitato vaccinale è una propaggine della battaglia dei vaccino-scettici al potere contro la scienza. Sulla falsariga di quanto avviene negli Usa, dove il prossimo passo sarà un controllo più pervasivo sui processi di revisione scientifica
Tutt’altro che peregrino è il sospetto che il forfait di Orazio Schillaci al Meeting di Rimini sia legato al pasticcio sulle nomine del comitato vaccini (Nitag). L’imbarazzo del ministro della Sanità dinanzi alla potenziale ridda di domande sulla vicenda avrebbe verosimilmente resa ancora più vistosa la divisione, tutta interna al governo, tra chi si procaccia elettori nelle sacche del complottismo pseudoscientifico e chi invece ha l’esigenza opposta di mostrarsi un poco più moderato e serio, divisione che precipita nel consueto sottrarsi voti gli uni agli altri, a danno stavolta della salute pubblica, oltreché della dignità politica (ma confidiamo che la prima sia recuperabile).
La Lega di Salvini da tempo fa vanto di uno scetticismo più che disinvolto sulle evidenze scientifiche, che potrà pure divertire se funzionale alla creazione di reel più o meno innocenti sulla dieta chetogenica o sulle creme solari, ma dà all’occhio quando utilizzato come leva elettorale da esponenti del governo. Con l’intensificarsi di posizioni comunque già presenti in molte frange della destra (ma che allignano anche in alcune concavità della sinistra), i vaccino-scettici governativi seguono l’alto magistero trumpiano, che del discredito dei vaccini ha fatto programma di governo.
Carico di furioso zelo in materia di vaccini, il segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr. è fautore di una strana concezione del mandato popolare, che a suo giudizio lo graverebbe di una missione salvifica prima e più che amministrativa: vuol salvare il mondo combattendo la corruzione nella, dunque della, ricerca scientifica.
In un recente commento dall’eloquente titolo “Scienza fuorviata, conclusioni di comodo”, pubblicato su TrialSite News, Kennedy è giunto persino a discutere nel dettaglio uno studio per smentirne l’attendibilità e a chiedere che la rivista in cui se ne pubblicavano gli esiti ritirasse l’articolo. Si tratta di una ricerca che nega il legame tra l’alluminio presente nei vaccini e le malattie croniche dei bambini.
Lo studio, uno dei più ampi sul fenomeno, effettuato su 1,2 milioni di bambini nati in Danimarca nell’arco di oltre due decenni, smentisce il rischio, associato all’esposizione a composti di alluminio, di sviluppare disturbi autoimmuni, allergici o neuroevolutivi. Il che, com’è noto, non s’allinea col vaccinscetticismo kennediano.
Un interventismo tanto capillare, che giunge persino al commento puntuale di studi e ricerche, non dovrebbe sorprendere. Fin dai suoi primi passi, il dipartimento a guida Kennedy ha tentato di riportare il campo della ricerca scientifica a una più duttile condiscendenza tramite la gestione un poco arbitraria del flusso dei finanziamenti, mentre va procurandosi l’assistenza di scienziati scettici o dissidenti, pronti a sostenerne le (presunte) ragioni contro quella cupola di malfattori che fa della scienza il terreno di speculazione delle multinazionali.
L’ulteriore passo verso un controllo più pervasivo è l’intervento sui processi di revisione scientifica, quelli che per mezzo secolo hanno assicurato l’indipendenza e l’affidabilità della ricerca. Si scivola così da un sacrosanto disaccordo scientifico, indispensabile al progresso del sapere, in una ben più insidiosa e deliberata mistificazione, che giocoforza perverte la ricerca.
Ma Kennedy, per l’appunto, non è che segno e icona di un processo ben più esteso, che sembra volersi innestare anche in queste latitudini, là dove la destra, specie quella estrema, si ritrova a coltivare il mito d’antan del blut und boden, s’incatena contro la carne coltivata e flirta con il veganesimo più intransigente.
Il tutto con l’inquietante sovrappiù secondo cui le evidenze scientifiche – va da sé, quelle prodotte da ricercatori insensibili alle pratiche di corruttela, da inserire in opportuni comitati ad hoc – giustificherebbero le tendenze revisioniste di chi della scienza ufficiale non si fida, anzitutto perché ufficiale. E allora non stupirebbe se un giorno, neppure troppo lontano, si pretendesse d’introdurre una Nuova Medicina Italica, reminiscente del famigerato metodo Hamer, che sapeva unire il peggiore nostalgismo con pratiche mediche tanto evocative quanto rovinosamente inefficaci.
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