di
Adriana Logroscino

Vertice della premier con Salvini, Tajani e Crosetto per allineare le posizioni. E l’ipotesi degli sminatori non è più in campo

Il clima sarà stato pure «disteso» come riferiscono i partecipanti. Il vertice sarà stato pure «breve e di necessario aggiornamento» dopo l’avvio di nuovi negoziati di pace da parte di Donald Trump. Eppure l’improvvisa convocazione di Matteo Salvini e Antonio Tajani, a Palazzo Chigi, per parlare di Ucraina non è un banale confronto alla ripresa dopo la pausa estiva. 

Per Giorgia Meloni, infatti, è funzionale a registrare la rotta del governo, dopo un periodo in cui sia il forzista, sia il leghista, protagonisti delle polemiche degli ultimi giorni, avrebbero «faticato a far capire precisamente la posizione italiana» con dichiarazioni «di cui non si è valutata correttamente la portata». Le parole sono di un meloniano di stretta osservanza che spiega così la ragione della convocazione del vertice.



















































Senza reprimende, la premier ha mediato tra i due vice fissando le regole di ingaggio: non si parla di soldati italiani in Ucraina, in nessuna forma e in nessun caso; si lavora con l’Europa, ma si mantiene l’asse ben saldo con gli Stati Uniti, senza mostrare sbavature agli alleati. Niente sbandamenti.

Negli ultimi giorni a divaricare le posizioni di Tajani e Salvini è stato proprio il riferimento agli sminatori italiani in Ucraina. Da un lato il forzista avvalorava l’ipotesi, in un futuro. Dall’altro lato il leghista rintuzzava senza troppa grazia il presidente francese Macron «guerrafondaio» con un «attaccati al tram» che è valso all’Italia una convocazione dell’ambasciatrice. Ecco perché Meloni ha dovuto riprendere il calendario dei vertici parlando proprio di Ucraina. «Il governo deve essere allineato davanti agli elettori e agli alleati», la posizione della premier che viene riferita.

E al termine dell’incontro quell’allineamento c’è. Anche se gli umori dei due vice appaiono assai diversi. Salvini si mostra baldanzoso e segna il punto. Su Macron che aveva definito «guerrafondaio»: perché mentre «si cerca di riannodare i fili della pace», non si può avere «un vicino che parla di missili e soldati pronti a combattere». E pizzicando direttamente proprio gli alleati forzisti, che avevano rivendicato per la premier e il ministro degli Esteri la titolarità su questi temi: non si fanno questioni di titolarità, «quando ci sono di mezzo la pace e la guerra parlo da vicepresidente del Consiglio e da padre di due figli».

Tutt’altro lo spirito del ministro degli Esteri. Dopo il vertice, è da solo in conferenza stampa a fronteggiare le domande dei giornalisti. E le sue dichiarazioni, rispetto all’ipotesi degli sminatori italiani, suonano come un’alternanza di frenate — lo sminamento viene ridimensionato a discussione «teorica» mentre i bombardamenti sono ancora in corso — e manovre di retromarcia per cui l’intervento potrebbe essere inquadrato come una «missione umanitaria» affidata a società civili.

La sintesi del vertice, però, al di là delle dichiarazioni scarne riportate nella nota indica un’altra strada. L’Italia, agli alleati europei e americano che chiedono di assumersi degli impegni chiari, assicurerà il monitoraggio del cessate il fuoco da remoto, cioè tramite satelliti e aerei radar. A ostilità ancora non cessate, collaborerebbe allo sminamento nelle sole acque internazionali, potendo mettere a disposizione competenze, uomini e navi. Infine è pronta ad assicurare formazione, addestramento e iniziative di deterrenza, ma tutte da compiere al di fuori dei confini ucraini.

Dal Consiglio dei ministri, poi, arriva la nomina di Stefano Beltrame ambasciatore italiano in Russia: per la Lega, area alla quale è da sempre vicino, indiscutibilmente una bandierina in una giornata già positiva.


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28 agosto 2025 ( modifica il 28 agosto 2025 | 23:53)