Le cooperative sociali che gestiscono i Budget di Salute dell’ASL Caserta hanno annunciato lo stato di agitazione, denunciando una grave crisi dei servizi socio-sanitari. Il cuore del problema è l’interruzione arbitraria dei Progetti Terapeutici Riabilitativi Individualizzati (PTRI), che ha lasciato le famiglie prive di supporto. Una recente sentenza del TAR Campania (n. 05895/2023) ha dichiarato illegittima la predeterminazione rigida della durata dei trattamenti, stabilendo che ogni intervento deve essere commisurato alle esigenze specifiche del paziente, al livello di gravità e al bisogno di supporto.

Secondo le cooperative, negli ultimi anni si è passati da una logica di progettazione personalizzata a interventi emergenziali e frammentati. Viene denunciato l’abbandono delle famiglie da parte delle istituzioni, con servizi sempre più rarefatti e mancata programmazione. A peggiorare la situazione, il blocco dei PTRI/BdS, l’aumento dei costi per servizi alternativi e il ricorso a strutture accreditate non sempre adatte.

“Non si tratta di sospensioni temporanee,” afferma Giuseppe Pagano, tra i promotori dell’iniziativa. “Una sentenza ha stabilito che questi progetti non si possono interrompere arbitrariamente. Sono percorsi di benessere, con una loro temporalità clinica e sociale. Si stanno calpestando diritti fondamentali.”

Secondo le cooperative, il blocco dei Progetti Terapeutici Riabilitativi Individualizzati (PTRI) ha riguardato anche persone con gravi disabilità, disturbi cronico-degenerativi e utenti che avevano ottenuto miglioramenti notevoli: bambini che avevano iniziato a parlare, giovani tornati a scuola, pazienti che avevano recuperato funzioni motorie. Eppure, questi percorsi sono stati interrotti senza motivazione clinica, con una comunicazione istituzionale assente e nessun coinvolgimento delle famiglie, nonostante quanto previsto dalla normativa vigente.

Le cooperative descrivono una realtà in cui la programmazione sociosanitaria è inesistente, la comunicazione tra ASL e Ambiti sociali è totalmente azzerata, e i servizi domiciliari sono carenti o del tutto assenti. Le valutazioni risultano standardizzate, non tengono conto della storia individuale di ciascun utente, e i ritardi nei pagamenti mettono a rischio la sostenibilità dei servizi e la tenuta occupazionale delle strutture. A questo si aggiunge il mancato utilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata, che potrebbero diventare luoghi di inclusione, laboratori terapeutici e presidi di legalità.

Nel mirino c’è la Regione Campania, accusata di non riuscire a organizzare una rete funzionale e di voler scaricare tutta la spesa sulla sanità, ignorando il ruolo del sociale. “La spesa sociale pro capite è tra le più basse d’Italia,” sottolinea Pagano. “Si parla di servizi che costano circa tre milioni all’anno per tutta la provincia. Ma il vero costo è umano: famiglie abbandonate, operatori demotivati, utenti privati della loro rete di supporto.”

Da qui la richiesta di un intervento del prefetto di Caserta, Lucia Volpe. Alla Prefettura viene richiesto l’avvio immediato di un tavolo interistituzionale con ASL, Ambiti territoriali, Regione e Terzo Settore. Obiettivo: ripristinare i progetti bloccati, correggere le distorsioni amministrative e trasformare in realtà quanto previsto dal Decreto Legislativo 62/2024, che riconosce il Progetto di Vita Individualizzato come strumento centrale per l’inclusione. Le cooperative chiedono anche che la sentenza emessa dal Tar il 23 luglio 2025, che stabilisce che non è legittimo fissare a priori una durata rigida per i trattamenti terapeutici senza considerare le caratteristiche individuali del paziente, venga considerata riferimento operativo e normativo per tutti i servizi territoriali.