di
Rinaldo Frignani

Identificato il responsabile del portale «Phica.net», ma gli investigatori lavorano anche per individuare gli utenti autori di post per i quali potrebbero essere accusati di istigazione a delinquere e vilipendio di cariche dello Stato

I server sono all’estero, ma l’amministratore è italiano come il suo entourage. La prima svolta nelle indagini sulle foto di donne – anche personalità delle istituzioni, come la premier Giorgia Meloni – rubate dalla Rete e pubblicate su siti pornografici come «Phica.eu», «Phica.net», «Comeup» e altri, sarà contenuta nella prima informativa che la polizia postale è in procinto di inviare in Procura a Roma. Ma anche altri uffici giudiziari in tutta Italia già si sono mossi sulla base delle prime denunce già presentate da parte delle vittime. Nella Capitale – dove potrebbero confluire tutte le denunce anche per il fatto che fra le persone offese ci sono cariche dello Stato insieme con esponenti politiche – l’inchiesta non è stata ancora avviata, ma a breve i pm potrebbero aprire un fascicolo ipotizzando una serie di reati sulla base anche delle denunce presentate da chi ha scoperto di essere stata inserita su quei portali a sua insaputa e anche insultata dagli utenti.

L’ipotesi: portali per pedofili collegati sul dark web 

Diffamazione aggravata, violenza privata, istigazione a delinquere e vilipendio di cariche dello Stato potrebbero essere le fattispecie prese in considerazione da chi indaga da contestare a tutti coloro, e sarebbero centinaia, che hanno postato dal 2021 a oggi – prima della chiusura di «Phica.eu» – sotto le immagini pubblicate commenti offensivi e anche pericolosi perché incitavano alla violenza sessuale. Alcuni di loro sono già stati identificati: la loro posizione potrebbe aggravarsi ulteriormente nel caso dovessero emergere collegamenti fra quei portali e altri, anche sul dark web, che propongono anche immagini e video di ragazze minorenni.




















































Il collegamento con «Mia moglie» su Facebook 

Insomma, quanto uscito finora potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Lo scenario sul quale gli investigatori stanno cercando di fare luce non viene affatto sottovalutato perché non si tratta soltanto di violazioni della privacy. Intanto però gli specialisti informatici della polizia hanno dato un’identità a chi gestiva quelle piattaforme, allargando il raggio delle indagini anche al profilo Facebook «Mia moglie» – chiuso invece d’iniziativa proprio dalla Postale nei giorni scorsi – al centro degli accertamenti per gli stessi motivi.

La class action 

Proprio contro la piattaforma amministrata dall’azienda americana Meta, l’avvocato Annamaria Bernardini de Pace, insieme con il collega David Leggi, ha annunciato una class action per la violazione – spiega – del «principio costituzionale che tutela l’identità e la dignità della persona e, in particolare, in queste vicende è stata ferita con violenza, con l’uso brutale di quelle immagini, l’identità femminile». L’appello è rivolto «a tutte le donne che sono state ferite nella loro identità e chiederemo per loro un risarcimento a carico del social network. Potranno prendere contatti direttamente con me, sulla mail abdp@abdp.it, e svolgerò quest’attività per una cifra simbolica, nessuna parcella alta, ovviamente».
L’avvocato ipotizza anche due class action per omesso controllo, contro Facebook e gli amministratori di «Phica» nelle quali si potrebbero anche contestare il «revenge porn – la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti -, insieme con stalking, violenza o molestia». 

La reazione autonoma delle donne a Genova 

In qualche caso a prendere iniziative autonome contro gli utenti che si sono lasciati andare a commenti sessisti dopo aver postato le foto delle mogli sono già state proprio le vittime, come è successo giorni fa a Genova: alcune di loro hanno denunciato di aver riconosciuto fra i post quelli di numerosi concittadini che scrivevano sotto nick name ma sono stati ugualmente riconosciuti sui social. Come in altre città ora è corsa a cancellarsi dai siti, ma è troppo tardi.


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30 agosto 2025