di
Viviana Mazza

In pochi mesi sono stati licenziati moltissimi alti funzionari (in arrivo battaglie legali). E per chi è inviso al presidente eliminazione delle scorte, anche in caso di minacce, e revoca dei nullaosta per l’accesso ai dossier classificati

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK – Tre recenti licenziamenti decisi da Trump stanno suscitando forti timori per la credibilità di istituzioni a lungo considerate al di sopra della politica e necessarie per guidare le decisioni sul futuro degli Stati Uniti. Ad agosto il presidente ha cacciato la commissaria dell’Ufficio delle statistiche del lavoro Erika McEntarfer, dopo un rapporto sull’occupazione più debole del previsto a luglio (ha detto che i dati erano «truccati» per metterlo in cattiva luce); sta cercando di rimuovere Lisa Cook, una dei governatori della Federal Reserve; e ha appoggiato la decisione del suo segretario della Sanità Robert Kennedy Jr. di defenestrare (dopo uno scontro sui vaccini) Susan Monarez, direttrice dei Centers for Disease Control and Prevention (Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie). Quest’ultima mossa è stata seguita dalle dimissioni di quattro dirigenti dei Cdc.

In passato altri presidenti hanno rimosso funzionari di nomina politica, ma mai su scala così ampia. Le purghe di Trump sono iniziate nel giorno stesso del suo secondo insediamento a gennaio e il suo appare come un tentativo senza precedenti, per un presidente americano, di centralizzare il potere esecutivo e circondarsi di fedelissimi. I suoi sostenitori lo giustificano, affermando che ha il diritto di licenziare funzionari «non allineati» al suo programma. «Per anni i candidati repubblicani hanno fatto campagna per ridurre il potere di burocrati non eletti, ma il presidente Trump ha effettivamente mantenuto questa promessa decennale di controllare il potere e la spesa incontrollata del governo», dice la Casa Bianca. «Sarò il vostro guerriero, la vostra giustizia, la vostra vendetta», promise Trump in campagna elettorale. A luglio ha accusato Obama di alto tradimento.



















































Se i licenziamenti siano o no legali è una questione che i tribunali stanno affrontando. In alcuni casi è probabilmente legale, in altri no o è poco chiaro, secondo l’organismo di monitoraggio «Citizens for Responsibility and Ethics in Washington».

Trump ha riplasmato il dipartimento di Giustizia, mettendo i suoi avvocati personali ai vertici; ha reso più semplice licenziare i funzionari federali. Una delle sue prime mosse è stata cacciare o abbassare di rango una ventina di ispettori generali (otto hanno fatto causa) responsabili di monitorare frodi, sprechi e violazioni etiche in vari settori. Quando ai suoi tempi il presidente Reagan licenziò i 15 ispettori generali, le critiche bipartisan lo costrinsero a ripristinarne alcuni. Da allora, il Congresso ha chiesto ai presidenti di evitarlo e generalmente hanno seguito l’indicazione, finora.

A marzo Trump ha licenziato due membri democratici della Federal Trade Commission (che tutela i consumatori e la concorrenza leale), benché nel 1935 un verdetto della Corte suprema lo abbia vietato. L’amministrazione vuole che la Corte rovesci la decisione in modo da legittimare il potere di Trump di fare nomine politiche in posizioni considerate apolitiche. Per Trump e suoi seguaci in questo secondo mandato non esistono nomine apolitiche: i burocrati vengono definiti lo «Stato profondo», sono considerati un covo di nemici, e la fedeltà è tutto. Il presidente ha licenziato la direttrice degli Archivi nazionali Colleen Shogan, memore del caso dei documenti classificati finiti a Mar-a-Lago (anziché negli Archivi). Sono stati sospesi 30 impiegati della Fema (Federal Emergency Management Agency) che hanno denunciato al Congresso che l’inesperienza dei loro attuali capi impedirà di fronteggiare i disastri naturali.

Le purghe al Pentagono sono iniziate a febbraio con la cacciata di C. Q. Brown, primo afroamericano a ricoprire la carica di capo di Stato maggiore, e di cinque ammiragli e generali. Una settimana fa è stato licenziato il tenente generale Jeffrey Kruse, capo dell’intelligence del Pentagono (era da lì che veniva il rapporto preliminare che contraddiceva Trump sull’avere «obliterato» il programma nucleare dell’Iran). Il generale a capo dell’Air Force David Allvin ha lasciato il posto (non per sua volontà, dicono). La direttrice dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard dimezzerà il personale e intanto ha tolto l’accesso ai dossier classificati a 37 attuali ed ex funzionari che avevano denunciato interferenze russe nelle elezioni del 2016. Il generale Timothy Hauth, capo della National Security Agency, è stato licenziato ad aprile. Il Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca è in pratica scomparso ed è sotto la direzione del segretario di Stato Rubio.

L’accesso a dossier classificati è stato negato anche a studi legali considerati vicini al Partito democratico: alcuni hanno raggiunto accordi offrendo a Trump servizi pro bono, altri hanno vinto in tribunale. I funzionari presi di mira sono così tanti che l’avvocato Abbe Lowell ha fondato un apposito studio per assisterli: tra i clienti Monarez, Cook, Hunter Biden e la procuratrice di New York Letitia James. 

ACCUSATO DI CRIMINI

LICENZIATI

PRIVATI DELLA SECURITY

SENZA PIU’ ACCESSO AI SEGRETI

30 agosto 2025 ( modifica il 30 agosto 2025 | 08:37)