“L’Autorità è da tempo in prima linea su questo fronte: possiamo muoverci sia d’ufficio, come avevamo fatto avviando una prima istruttoria su Mia Moglie e Phica.eu, poi di fatto superata dalla chiusura dei portali, sia su segnalazione delle persone coinvolte. Suggerisco di fare sempre il reclamo al Garante Privacy, che ha poteri di intervento immediati, e di segnalare i casi”. A dirlo all’Ansa è la vicepresidente dell’authority, Ginevra Cerrina Feroni, convinta che “siamo di fronte a fatti gravissimi, che mettono in gioco la dignità, la corretta rappresentazione e la reputazione delle persone, coinvolgendo dati sensibili come quelli relativi alla sfera intima”.
Oltre alle indagini una class action
Da Milano, l’avvocata familiarista Annamaria Bernardini de Pace ha lanciato l’idea di una class action. “Il punto di partenza, giuridicamente parlando, è la violazione del principio costituzionale che tutela l’identità e la dignità della persona e, in particolare, in queste vicende è stata ferita con violenza, con l’uso brutale di quelle immagini, l’identità femminile”, fa sapere all’Ansa la legale che si è detta pronta a raccogliere segnalazioni in serie e a chiedere un risarcimento danni a carico di Facebook.
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