di
Guido Olimpio

L’«uomo senza volto» aveva lanciato l’ultimo messaggio venerdì attraverso Al Jazeera. La sua strategia: i messaggi brevi, un linguaggio efficace, la capacità di presentare le iniziative militari del movimento

Abu Obeida è stato per molto tempo l’uomo senza volto e senza un nome certo. Un alone di mistero che ha contribuito a rafforzane il peso sul piano propagandistico come portavoce dell’ala militare Hamas e simbolo di resistenza.

Sulla quarantina, sarebbe cresciuto a Jabalia, nella Striscia di Gaza, dopo essere fuggito insieme alla sua famiglia. Come altri giovani è entrato nel movimento armato e, secondo alcune fonti, ha iniziato a occuparsi dei comunicati delle Brigate Ezzedine al Kassam attorno al 2002. Significativo l’esordio: un video dedicato ai tunnel costruiti dai militanti, una delle loro armi migliori. Successivamente ha assunto un ruolo più ufficiale commentando azioni rilevanti, compresa la cattura del soldato Shalit, altro momento chiave della lotta della fazione. E da allora ha proseguito su questo sentiero accompagnando le azioni dei mujaheddin.



















































Agendo in clandestinità il militante ha deciso di apparire sempre con il viso coperto da una kefiah bianco-rossa: secondo alcuni un’emulazione di Emad Aqil, un combattente ucciso in un duro scontro con forze nemiche nel 1993 e diventato un eroe per i palestinesi. Il nome di battaglia lo ha invece “preso” da uno dei seguaci del Profeta. I riferimenti al passato sono diventati parte del personaggio ma lo è stata ancora di più la segretezza sulla sua reale identità. Gli israeliani lo hanno schedato come Hudayfa Samir al Kahlout (dettaglio rivelato solo dopo anni) mentre i suoi compagni hanno sempre smentito. Ancora gli israeliani hanno sostenuto di aver lanciato raid per ucciderlo nel 2008 e nel 2012, dettagli sempre confutati dalla fazione.

L’incertezza sui particolari non ha però sminuito la rilevanza del personaggio. Che si è imposto con i messaggi brevi, un linguaggio efficace, la capacità di presentare le iniziative militari del movimento. I biografi ricordano anche la sua formazione culturale: nel 2013 si sarebbe laureato alla Facoltà di Teologia con una tesi sulla Terra Santa e le tre religioni.

Dopo l’assalto del 7 ottobre Abu Obeida è diventato ancora più presente. C’era da raccontare l’incursione, la sfida, la strategia del movimento. E naturalmente ha sempre evitato di rivelarsi. Poi si è occupato, insieme agli uomini dell’Unità Ombra, degli scambi di prigionieri. C’è stata la sua mano nella coreografia delle liberazioni. I guerriglieri con le divise impeccabili, i mezzi nuovi, la scelta di luoghi particolari nella Striscia, i documenti di rilascio consegnati alla Croce Rossa e le cartelline di propaganda, i timbri e i sigilli, il grande tavolone davanti alle telecamere e l’esibizione degli ostaggi. Ed è stato il suo dipartimento a diffondere, in fasi cruciali, i filmati di ricatto per esercitare pressione sull’opinione pubblica israeliana spaccata e angosciata. Ecco gli appelli dei prigionieri nei cunicoli, le immagini di quelli morenti, gli appelli disperati, le dichiarazioni “politiche”. Sortite usate da Hamas per aumentare il prezzo ma anche per dimostrare di essere sempre in controllo nonostante l’offensiva dell’IDF e le obiettive difficoltà logistiche.

Con l’avanzata dell’esercito israeliano Abu Obeida si è fatto più cauto, ha ridotto le “apparizioni”. C’è stata una lunga pausa di quasi 4 mesi interrotta da un messaggio in luglio, poi l’ultimo intervento venerdì affidato ad al Jazeera: «I piani di Israele di occupare Gaza saranno un disastro per la sua leadership politica e militare…Questo aumenterà le possibilità di catturare nuovi soldati. I nostri combattenti sono in stato di allerta, preparati e con il morale alto». A poche ore da quella dichiarazione Tel Aviv ha annunciato di aver lanciato uno strike nella parte occidentale di Gaza City, un’operazione dove il bersaglio designato era proprio Abu Obeida. Il bombardamento, secondo alcune informazioni, potrebbe aver segnato la sua fine. Sempre che l’uomo senza volto non abbia beffato la morte.

31 agosto 2025