L’AQUILA – E’ stato presentato giovedì 28 agosto al Premio Pigro di Teramo il libro dedicato al cantautore abruzzese Ivan Graziani. Un lavoro editoriale prezioso realizzato dal giornalista Federico Falcone, amico e collega con cui ho avuto la fortuna di condividere qualche anno fa un’esperienza professionale. In uscita a settembre in tutte le librerie italiane (ed. Ianieri), il lavoro di Falcone ripercorre la vita e la carriera di colui che, per molti, è considerato il primo, autentico cantautore rock in Italia, un musicista capace di influenzare generazioni di talenti ed estendere la propria eredità compositiva ben oltre i confini del tempo. Un’ occasione importante per tutti gli appassionati del genere rock italiano ma soprattutto una possibilità di conoscere nel dettaglio, aneddoti, curiosità ed approfondimenti sul cantautore teramano. Federico Falcone ha avuto il merito di ricostruire con rigore e capacità narrativa, non soltanto la storia del rocker abruzzese ma strutturare un racconto che intreccia una storia collettiva, dalla liberazione di Teramo nel 1944 alla rinascita culturale della città, fino alla creazione di spazi che hanno dato voce a un’intera generazione. Una perla culturale dunque che contribuisce ad impreziosire la nostra terra d’Abruzzo grazie alla memoria artistica mantenuta viva da personalità sensibili come quella di Federico Falcone.
Carriera ed opere di Ivan Graziani, un libro che celebra il cantautore abruzzese. Federico, quanto è attuale la figura di questo personaggio, considerato il primo, autentico cantautore rock in Italia?
Non sono molti i casi, in Italia, di artisti che anche a quasi trent’anni dalla loro morte, vengono ricordarti e celebrati come Ivan Graziani. Ci sono due festival a lui dedicati, non so quante tribute band, premi e mostre che lo omaggiano. Le sue canzoni vengono ancora coverizzate, come di recente hanno fatto Zucchero e Marracash. Tutto questo è testimonianza diretta di come il suo retaggio artistico abbia travalicato le decadi per attestarsi, appunto, come solido, attuale e contemporaneo. Non solo un chitarrista talentuoso ma anche un artista capace di scrivere liriche impegnate, profonde e argute. Ha parlato dei tanti volti che animavano la società del tempo, e lo ha fatto senza ergersi a censore o giudice. E questo è stato un merito enorme. Ivan è stato musicista e disegnatore, è sceso in politica, ha recitato per il cinema, ha sposato cause sociali e non si è mai negato di fronte alla possibilità di fare musica che guardasse al futuro anziché al passato. È stato un puro, un genuino, uno che aveva tante cose da dire e le ha dette. Ivan Graziani non solo è attuale ma è ancora una grande fonte di ispirazione per tantissimi artisti e musicisti che approcciano alla chitarra ed al cantautorato, indipendentemente che sia “rock” (lato sensu) o più tradizionale. Ritengo che la sua forza risieda nella sua trasversalità: da ballate come “Lugano Addio” o “Firenze” e “Agnese” passando per le schitarrate di “Dr.Jekyll Mr. Hyde”, “Monna Lisa”, ” Pigro” non si è mai agiato su sé stesso ma ha comunque puntato a fare ciò che lo soddisfaceva fino in fondo.
Qual è stato l’aspetto che ti ha più catturato di Ivan Graziani e per il quale hai deciso di elaborare un lavoro così complesso?
Ivan Graziani era un outsider, un artista che ha scelto di percorrere la propria strada in un tempo in cui aveva a portata di mano la formula per il successo facile: dalla collaborazione con Mogol al sodalizio con la Numero Uno, passando per le collaborazioni con Battisti, Venditti e i “no” importanti a band con la PFM, il lupo abruzzese aveva davanti a sé l’opportunità di entrare nella scia tracciata da autentici fenomeni della musica leggera italiana ma non lo ha fatto. Non che egli non lo fosse, un fenomeno, anzi, ma all’inizio della sua carriera ha saputo elargire diversi rifiuti che avrebbero stroncato le gambe a chiunque. E invece, ne è uscito rafforzato, ha costruito la propria identità e trovato il proprio stile grazie al quale, soprattutto negli anni Settanta, ha scritto autentici capolavori della musica leggera e pop rock tricolore. E poi era uno testardo, caparbio, con tante cose da dire e il modo giusto per dirle. Senza contare che aveva una creatività straordinaria che, credo, è stato capace di esprimere a fondo. Era anche un abile disegnatore dotato di una penna pungente e ironica. Insomma, un artista versatile e sempre in cerca di nuovi stimoli. Proprio come piace a me.
Hai realizzato un lavoro editoriale che non è soltanto un racconto autobiografico ma emergono importanti aspetti storici che riguardano la città di Teramo. Una narrazione in cui la musica diventa specchio dei cambiamenti sociali e culturali dell’Italia del dopoguerra.
La musica, in tutte le sue declinazioni, è strettamente connessa alla società civile ed alle tante sfumature che in essa sono presenti e convivono. Per comprendere al meglio un artista e il suo lirismo non si può prescindere dal conoscere il contesto storico nel quale si muove o si è mosso. Gli artisti cosiddetti impegnati, poi, hanno sempre attinto a piene mani dagli sviluppi sociali e/o storici, indispensabili fonti di ispirazione e motore a pieni giri per il processo di songwriting. Graziani ha parlato della vita di provincia e del fascino che essa rappresenta con i suoi ritmi lenti e i suoi personaggi strambi, ma ha cantato anche di storie “nere”, di casi di cronaca, di violenze, di ingiustizie, di sofferenze, di ultimi e di reietti, di luoghi e di donne. Ognuno di questi brani ha rappresentato uno spaccato dell’Italia dagli anni Sessanta all’inizio dei Novanta. Era un attento osservatore della società, e la sua discografia è qui a ricordarcelo anche tutti questi anni dalla sua prematura scomparsa.
Federico, per chiudere ti chiedo una riflessione personale naturalmente al netto delle doverose distinzioni relative ai contesti musicali e sociali: da profondo conoscitore del panorama rock nazionale ed internazionale, oggi qual è lo stato di salute di questo genere musicale in Italia? e soprattutto, quanto manca un cantautore come Ivan Graziani?
Credo che occorra partire da una determinata presa di coscienza: stiamo vivendo un periodo storico estremamente controverso poiché, se da un lato vi sono innumerevoli canali per consentire a un artista di promuovere la propria arte, dall’altro lato l’iperproduzione che intasa il mercato discografico non ne garantisce qualità né originalità, sempre ammettendo che l’ascoltatore tenga in considerazione anche questi due fattori, aspetto tutt’altro che marginale. C’è poi il fatto che omologazione e citazionismo spinto producono il classico usato garantito oltre il quale non si riesce ad andare. Il bello effimero, fine a se stesso, non in grado di sopravvivere all’inesorabile trascorrere del tempo. Il tutto è condizionato dall’obbligo del successo immediato: se arriva, bene, altrimenti si finisce nel dimenticatoio. Agli artisti non si concede il tempo di crescere, di sbagliare, di trovare la propria strada. E così, più andiamo avanti più ci guardiamo indietro e riprendiamo i grandi interpreti e quegli artisti che ci hanno regalato emozioni fortissime. In circolazione ci sono moltissime band di valore e alcune di esse provano realmente a comporre musica con una propria anima e una propria visione d’insieme, che tentano addirittura formule diverse senza preoccuparsi di piacere ad ogni costo. Ma, proprio per questi motivi, per loro la strada è in salita. In Italia hanno chiuso i battenti molti grandi festival, altri affannano e intere aree geografiche sono lontane dai circuiti che contano. È evidente che qualcosa non abbia funzionato negli ultimi anni. Quanto manca uno come Graziani? Moltissimo. Mancano il suo estro e la sua ironia, la sua classe e la sua capacità di spaziare tra le varie forme del rock. Ma non disperiamo, ci sono molti musicisti e compositori talentuosi in circolazione, diamogli il tempo di crescere, non bruciamoli con paragoni e non affibbiamo loro etichette di comodo solo perché aiutano a vendere ed a farli entrare nel mainstream discografico. È un problema anche e soprattutto di mercato. Si vuole tutto e subito e così non può funzionare. Lo stesso Graziani, prima di arrivare ad affermarsi, ha impiegato molto tempo e commesso anche passi falsi. Se non avesse avuto il tempo per crescere, ora non staremmo parlando di lui in questi termini.
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