Dopo “Coffee and sigarettes”, la divina Cate Blanchett torna alla corte del regista Jim Jarmoush. Stavolta presenta alla Mostra del cinema di VeneziaFather mother sister brother”, una saga familiare che vanta un cast d’eccezione, da Charlotte Rampling a Vicky Krieps (e Adam Driver, assente al Lido).




Il Premio Oscar ammette: «Quando chiedevo a Jim quale fosse il significato di qualcosa mi rispondeva sempre: “Non lo so”. È come un flusso di coscienza in cui ti senti lasciato libero di trovare il senso delle scene in un universo che solo lui può creare in modo così poetico».

Le fa eco il cineasta: «Per anni mi frullava in testa l’idea del trittico, ho sempre amato la narrazione in capitoli e qui ne scelgo tre. Ho buttato giù la sceneggiatura in tre settimane ma nessuna parte sacrifica l’altra. E sono stato fortunato perché il risultato finale è vicino a quello che avevo immaginato. È come se durante la creazione della storia avessi sentito le voci dei protagonisti nella mia fantasia e sia stato un semplice trascrittore delle loro vicende».


Non sono uno sfondo, ma una cornice preziosa le tre città scelte come ambientazioni: «A Dublino vive il personaggio di Charlotte Rampling che fa la scrittrice.

In Irlanda chi si dedica a questo mestiere non paga le tasse, quindi mi sembrava adatto come luogo. Parigi, invece, è la mia seconda casa: la amo al punto da chiedere il visto francese per gli artisti. E infine il New Jersey per motivi di budget: non potevo allontanarmi molto da New York senza fare schizzare i costi alle stelle. Per me questi posti sono veri e propri protagonisti delle vicende».

India Moore (nota al grande pubblico per la serie “Pose” di Ryan Murphy) aggiunge: «I personaggi sono solo persone, non si possono categorizzare come positivi o negativi. Al punto che Jim non vuole manipolare il pensiero del pubblico. Lui ama l’umanità e mostra diverse prospettive di questo sentimento. Si vede la gioia, ma anche la perdita. È un inno alle persone comuni, a tutti noi, sottolineandone la magnificenza».


Cate Blanchett ricorda la meticolosa cura con cui la notte prima di una scena si ritrovava a cena con il filmmaker per discutere i dettagli tecnici di quel ciak, ma poi la preparazione ha sempre lasciato il posto alla libertà creativa del cast. L’attrice, che aveva già lavorato in passato con Vicky Krieps, la descrive come dotata di «un’energia unica che rende deliziosa la collaborazione». Alla fine il regista fa un appunto sulla natura della sua arte: «Essere indipendente – dice – significa avere il totale controllo del progetto, per questo scelgo i collaboratori con cui ho già lavorato, dal direttore della fotografia al montatore. Si tratta di una collaborazione totale».




Ultimo aggiornamento: domenica 31 agosto 2025, 19:49





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