di
Viviana Mazza

La strategia del presidente americano per prendere tempo. Spesso senza che ci sia alcuna conseguenza

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK – Il 18 agosto, dopo il summit con i leader europei alla Casa Bianca, il cancelliere tedesco Merz disse ai giornalisti che, al telefono con Trump, Putin aveva accettato di incontrare Zelensky entro due settimane (che sono scadute ieri). 

Venerdì scorso il presidente francese Macron, affiancato da Merz, ha dichiarato che se il bilaterale Putin-Zelensky non fosse avvenuto (come non è avvenuto) «entro lunedì (ieri, ndr), alla scadenza stabilita dal presidente Trump, significa che ancora una volta il presidente Putin si è preso gioco di lui». Anche Zelensky ha sottolineato la stessa data: «Due settimane scadranno lunedì. E dobbiamo ricordarlo a tutti».



















































Ma Trump ha usato spesso la sua unità temporale preferita — due settimane — per fissare quelle che nessuno a Washington considera più necessariamente come scadenze in senso letterale. A Ferragosto il presidente ha detto a Fox News che, dopo l’incontro in Alaska con Putin, poteva prendersi «due o tre settimane o qualcosa del genere» prima di dover pensare se imporre nuove sanzioni contro la Russia. Poi, il 22 agosto ha affermato che «nell’arco di due settimane» avrebbe preso «una decisione importantissima» sul da farsi: «Riguarderà se imporre massicce sanzioni o massicci dazi o entrambe le cose. Oppure non faremo nulla e diremo: è la vostra battaglia».

Da mesi Trump parla di «due settimane». Il 27 aprile alla domanda se si fidasse di Putin, rispose: «Ve lo farò sapere in circa due settimane». Passarono più di due settimane e sull’Air Force One qualcuno gli domandò se avesse deciso. Trump replicò: «Ve lo farò sapere in una settimana». Il 19 maggio, quando un reporter chiese se l’Ucraina stesse facendo abbastanza nei negoziati, il presidente rispose: «Preferirei dirlo in circa due settimane, perché non posso dire sì o no». E il 28 maggio tornò su Putin: «Capiremo se ci prende in giro o no. E se lo fa, risponderemo un po’ diversamente, ma ci vorrà una settimana e mezzo o due settimane». Invece il 14 luglio usò un’unità di misura diversa per minacciare la Russia: «Imporremmo dazi molto duri se non avremo un accordo in 50 giorni». Ma il 28 luglio accorciò la scadenza, portandola a 10-12 giorni (cioè circa due settimane). Così si è arrivati all’incontro in Alaska.

Dire «due settimane» sembra il suo modo preferito per prendere tempo ed evitare di rispondere sì o no. Ci sono delle ragioni dietro l’esitazione di Trump a imporre sanzioni secondarie sul petrolio russo, incluso il fatto che desidera arrivare alla pace e, come ha spiegato il suo segretario di Stato Marco Rubio, le sanzioni sospenderebbero il «processo di pace» (l’annuncio del Premio Nobel è atteso all’inizio di ottobre). Molti a Washington inoltre temono il fatto che la Russia sia sempre più nell’orbita della Cina. E Putin gioca abilmente le sue carte: se Trump lo aveva fatto salire sulla sua limousine in Alaska, il leader russo al summit dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai ha ospitato nella propria auto il premier dell’India (sanzionata dagli Usa perché compra petrolio russo); poi ha elogiato Trump, dicendo che la «comprensione reciproca raggiunta al summit Russia-Usa in Alaska… apre la strada alla pace in Ucraina, spero».

Le «due settimane» non si applicano solo all’Ucraina. Secondo la tv israeliana Channel 12, ora Trump sembra convinto che Hamas possa essere sconfitto da Israele in maniera decisiva «forse anche entro due settimane». Due settimane può non significare niente o qualcosa, di volta in volta. A giugno Trump aveva detto che avrebbe deciso se bombardare o meno i siti nucleari dell’Iran «nell’arco delle prossime due settimane». Li ha bombardati due giorni dopo.

Questa tendenza si ritrova anche nel suo primo mandato. Il 9 febbraio 2017, per esempio, Trump disse che il piano per le tasse sarebbe stato annunciato «entro le prossime due o tre settimane»; fu svelato oltre due mesi dopo e diventò legge a fine dicembre. Dalle tasse all’assistenza sanitaria, dalle guerra contro l’Isis all’apertura di miniere di carbone, ha promesso di risolvere molti problemi in circa due settimane. «Non è un’unità oggettiva di tempo, è un’unità soggettiva, completamente staccata da ogni senso cronologico — nota il New York Times —. Significa semplicemente “dopo”. Ma dopo può anche significare “mai”. A volte». Ormai tutti a Washington sanno che quando Trump dice «due settimane», significa in effetti che non sappiamo cosa farà. Non sappiamo neanche se lo sapremo dopo due settimane. 

1 settembre 2025 ( modifica il 1 settembre 2025 | 22:34)