La vita del tennista turco è cambiata per sempre durante un match. La corsa in ospedale e il risveglio dopo 13 giorni: «Non riuscivo a stare in piedi». Ora sogna di tornare in campo

Prima di tutto, come sta?
«Piano piano sto cercando di recuperare. Ma la mia storia è piuttosto noiosa».

In che senso noiosa?
«
Perché di quello che è successo ricordo poco nulla. So quello che è avvenuto grazie ai racconti delle persone a me vicine».



















































La storia di Altug Celikbilek, tennista turco di 28 anni, è in realtà tutt’altro che noiosa. Era stato numero 154 al mondo, poi lo scorso 1° dicembre, stesso giorno del malore di Edoardo Bove, durante la semifinale del torneo M15 Monastir A60 un’emorragia cerebrale gli sconvolge vita e carriera. La corsa in ospedale e tre interventi: passano 13 giorni prima della sua operazione. Ha rischiato di morire, ora vuole tornare a giocare e diventerà presto papà.

Il 1° dicembre 2024 era in Tunisia su un campo di tennis a giocare una semifinale. All’improvviso la sua vita è cambiata.
«Durante la partita ho iniziato ad avvertire un forte mal di testa e ad avere le vertigini. Mi sono dovuto ritirare dal match, il dolore era insopportabile. E continuava ad aumentare. Pensavo fosse dovuto al freddo. Mi ha raggiunto il fisioterapista di Ons Jabeur, che era lì ad allenarsi. Da quel momento non ricordo nulla: mi era partita un’emorragia cerebrale. Durante il viaggio in navetta continuavo a vomitare. Mi hanno portato in ospedale. Mi sono risvegliato 13 giorni dopo a Istanbul».

A cosa era dovuta l’emorragia?
«A un tumore. E sono stato fortunato che sia accaduto ora. Fosse successo a cinquant’anni avrei avuto conseguenze ben più gravi: danni permanenti o anche la morte».

Cos’è successo in quei 13 giorni?
«Sono stato sottoposto a tre interventi. Il primo in Tunisia, subito dopo la partita. Appena finita l’emorragia mi hanno portato con un jet privato in Turchia. Lì nei giorni successivi le due altre operazioni per ripulire il tumore e il sangue. Infine, il 25 febbraio c’è stato un ulteriore intervento per riportare del liquido cerebrale nel cervello. Ero nel reparto di terapia intensiva, dovevo essere operato alla testa e sentivo la gente urlare per il dolore, non è stato piacevole».

Come ha vissuto le settimane successive?
«Al mio risveglio ero molto stanco, avevo perso 12kg. Non avevo più tono muscolare. E non ero in grado di fare nulla da solo. Non mi sono nemmeno alzato dal letto. I primi giorni non riuscivo a mangiare o ad andare in bagno da solo. Quando sono tornato a casa è iniziata la riabilitazione. E poi c’è stato il problema agli occhi».

Che tipo di problema?
«La diplopia, iniziata dopo l’operazione. I nervi vanno a intaccare i muscoli degli occhi. Vedo tutto doppio. Ci vorrà un anno perché si sistemi questa situazione».

Dal punto di vista mentale come ha affrontato questo periodo?
«Ho pensato qualche volta di rivolgermi a degli psicologi, ma la vicinanza della famiglia è stata sufficiente. Certo, ci sono state giornate più pesanti, in cui la frustrazione era maggiore e mi chiedevo cosa potessi fare. Il problema più grande è stato il non avere nulla da fare. Ero sempre stanco, senza obiettivi, spesso in casa. Ora, però, le mie giornate sono più impegnate e sto meglio».

Quanto è stata importante la sua famiglia?
«Molto. In quei 13 giorni è stata più dura per loro. Per me è stato come svegliarsi dopo una lunga dormita. La mia ragazza, i miei genitori e i miei amici hanno sofferto molto. C’era la possibilità che non sopravvivessi. Sono sempre stati al mio fianco. Loro, la Federazione turca, il mio club. Devo ringraziarli».

Ha ricevuto molti messaggi di supporto?

«Sì, dal mondo del tennis e non solo. Jabeur scriveva tutti i giorni a Eliessa, la mia ragazza. A diversi non sono riuscito a rispondere. Dopo l’operazione non ne avevo le forze».

Pensa di poter tornare a giocare a tennis?
«Certo, il mio obiettivo è quello. Prima devo risolvere il problema agli occhi».

Riesce a fare attività fisica?
«Sto facendo la riabilitazione, ma riposo anche molto. Dormo 12 ore tutte le notti. Il corpo è in un processo di recupero. E poi mi alleno. Cammino, corro, vado in bici. Devo essere paziente».

Dopo le operazioni ha avuto paura che fosse tutto finito?
«L’ho pensato e ogni tanto lo penso tuttora. Tutti mi dicono che ce la farò, ma io non ne sono così sicuro. Quando si vede tutto doppio è più difficile credere di poterci riuscire».

E se non dovesse farcela?
«La vivrei bene, nei mesi scorsi sarei stato più triste. Ora il tennis non è più la mia unica priorità. Mi sposerò e a dicembre diventerò papà. Ho scoperto che ci sono cose più importanti nella vita di una persona. È un viaggio emozionante».

Quando ha deciso di sposarsi?
«Avevo già preso l’anello prima dell’emorragia. Dopo gli interventi mi sono sentito pronto. Ho fatto la proposta a Eliessa durante una delle nostre passeggiate mentre sparavo bolle di sapone. Però non mi sono inginocchiato, la mia situazione non me lo permetteva».

Se a distanza di mesi ripensa a quel 1° dicembre cosa prova?
«Forse è strano, ma mi sento fortunato. È vero, dopo diverso tempo stavo tornando in forma, mi sentivo bene e pronto per nuovi traguardi nella mia carriera. Ma questa è la vita. Tutto accade per una ragione. Mi è successo ora, salvando il mio futuro».

Ha mai più ripreso in mano la sua racchetta?
«Solo una volta. La mia fidanzata, anche lei tennista, stava per partire per un torneo. Prima di andare mi ha dato la mia racchetta, voleva essere la prima persona a giocare con me dopo quanto successo. Ma per il mio problema agli occhi non riuscivo a colpire la palla. Mi sono fermato subito. Non l’ho più usata».

Cosa le hanno lasciato questi mesi?
«La vita è breve, può succedere di tutto. Dovremmo apprezzarne le piccole cose e goderci il viaggio anche nei momenti più duri. Cercare di andare avanti, fare meglio, essere persone migliori».

22 luglio 2025 ( modifica il 22 luglio 2025 | 16:09)