di
Simone Golia
Campionessa del mondo nel 2014 e bronzo olimpico a Rio, l’ex flanker delle Red Roses racconta la battaglia contro la perdita improvvisa dei capelli «Come donna non mi sono mai sentita a mio agio»
Nel 2014 c’era anche lei nell’Inghilterra che vinse i Mondiali di rugby femminile. Heather Fisher, ex flanker delle Red Roses con cui si è messa al collo anche il bronzo olimpico a Rio, si è ritirata quattro anni fa e oggi ha intrapreso una carriera da oratrice motivazionale, opinionista e consulente di leadership. Ha le spalle larghe, anche se non sono mancate le volte in cui ha vacillato. Dal doloroso divorzio dei genitori all’anoressia, dall’ansia all’improvvisa caduta dei capelli: «Per cinque anni non mi sono guardata allo specchio — ha raccontato in un’intervista alla Bbc — mi sentivo disgustata, le persone mi guardavano come se fossi qualcosa e non qualcuno».
«Come donna non mi sono mai sentita a mio agio»
Un passo indietro: durante il conto alla rovescia per la coppa del mondo di rugby del 2010, Fisher assiste inerme alla perdita di una ciocca dopo l’altra. In un primo momento si ritiene che la causa sia un grave infortunio alla schiena ma, poco più di un mese dopo, le viene diagnosticata l’alopecia, malattia autoimmune che distrugge i follicoli piliferi: «Tutti i miei capelli sono caduti in circa cinque settimane. Ne erano rimasti pochissimi — ricorda — quando sono andata in ritiro con le mie compagne di squadra, mi sono fatta radere a zero dagli allenatori». Un cambiamento fisico imprevisto e netto, duro da affrontare: «Come donna non mi sono mai sentita a mio agio». Neanche nel tentativo di indossare delle parrucche: «Mi sentivo come se mi stessi nascondendo e non volevo farlo. Al contrario, sentivo di dover essere coraggiosa ma non era facile. In un sistema come quello inglese non sentivo di poter essere me stesso».
«Mi spingevano fuori dai bagni con le scope»
Non sono mancati gli episodi di discriminazione, dentro e fuori dal campo: «Mi hanno lanciato delle parrucche mentre andavo a giocare. Mi è stato chiesto perché stessi giocando con le donne quando in realtà ero un uomo. Mi hanno fisicamente spinto fuori dai bagni, delle volte con delle scope». Esperienze traumatiche che a Fisher hanno lasciato cicatrici profonde, non ancora rimarginate: «Quando sei un atleta, devi essere un modello per molte persone e dovresti incassare i colpi. Ma perché mi hanno buttato fuori dal bagno? Perché la polizia ha dovuto controllare se fossi veramente una donna oppure un uomo? Ancora non me lo spiego».
Heather Fisher ha trovato nel rugby un porto sicuro. Dura in campo, fragile lontana dalla palla ovale: «Non so come far entrare gli altri nella mia vita perché ho dovuto fare tutto da sola per molto tempo», raccontò post ritiro al Times. L’orgoglio però non l’ha perso, anzi: «Immaginarmi con una ciocca di capelli mi farebbe venire i brividi e mi causerebbe prurito, quindi non cambierei. Ciò che ho vissuto mi ha reso quella che sono oggi. Mi ha reso resiliente e credo, davvero, di essere nata per distinguermi».
2 settembre 2025 ( modifica il 2 settembre 2025 | 07:09)
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