di
Alessio Di Sauro

In migliaia radunatisi per il Tik-toker da 1,5 milioni di follower che sfida il pubblico 1 vs 1: quando venne il campione Nba non si fermò nessuno, ora si sono arrampicati anche sugli alberi. «Aspettiamo da una giornata pur di strappare un selfie»

A un certo punto una domanda spezza la mistica. Quella della litania di bro, frà, zio, raga e bella lì, ma soprattutto dei ruggiti della folla, cadenzati, regolari. «Scusate, ma cosa sta succedendo?». A farsi coraggio è una signora anziana, ha il nipote sottobraccio e più che stupita sembra quasi turbata. La perplessità ha una sua logica. Sono le cinque del pomeriggio e il campetto di basket di viale Lazio è affollato da migliaia di giovanissimi in cerchio attorno a qualcosa che da fuori non si riesce a vedere. E infatti per guadagnare una visuale migliore c’è chi è si è issato in piedi sui sellini delle e-bike parcheggiate lungo la via, chi sulle reti di recinzioni, chi si è addirittura arrampicato sugli alberi e penzola ora dai rami come un frutto maturo. Tutti in preda a un’eccitazione che trascende l’isteria collettiva. Tutto, pur di vedere lui. «Ma lui chi?», incalza la pensionata. Ecco, lui chi. «Emmecappa». La signora non afferra. Mosso a compassione, un ragazzo sovrasta il boato e scandisce: «Mk, Matt Kiatipis!». La signora ci rinuncia e se ne va.

Premessa. Quando venne a giocarci Danilo Gallinari, che più volte si è palesato per una partitella e qualche tiro nel campetto di Porta Romana che lo avrebbe lanciato verso i lidi delle arene Nba, solo in pochi curiosi si fermarono per una foto ricordo («Gallinari chi?», si stranisce ora una ragazza a cui si chiede conto dell’analogia), al pari di un Michael Jordan («Ne ho sentito parlare», il controcanto di un’amica) che quando fece la sua apparizione in piazza Duomo venne riconosciuto solamente dal titolare di un negozio di sigari in Galleria, e nemmeno subito. Ora la faccenda è diversa. 



















































L’appuntamento lanciato via social dall’influencer-youtuber-tiktoker e a tempo perso cestista Kiatipis, anni 25 da Newmarket, Canada – trafila nelle giovanili dei college statunitensi e sporadiche apparizioni nelle serie inferiori del campionato greco – ha fatto più che breccia nel milione e mezzo di follower su Tik Tok, contenitore d’elezione per pubblicare i video in cui sfida, irride e puntualmente batte avversari scelti tra il pubblico in partite uno contro uno, reels che lo hanno fatto assurgere a idolo della sottocultura Gen Z grazie a virtuosismi da freestyler di un Remy Gallard della palla a spicchi e trash talking da trapper delle banilieue
Una prima accoglienza da rockstar si era già registrata nel primo dei suoi tre giorni di soggiorno milanese, quando aveva trasformato Parco Sempione in una succursale della Woodstock che fu. Ora per il congedo dal Duomo e dall’Italia si sono precipitati da ben al di  fuori dei confini comunali. «Siamo arrivati apposta da Napoli, lui è la nostra religione – spiegano tre ragazzi in maglia Lakers – aspettiamo qui da stamattina pur di fare un selfie. Un giorno potremo dire “Quella volta c’ero anch’io”». Per dire.

La folla è oceanica ma di polizia e carabinieri non c’è ombra, il servizio d’ordine è improvvisato dalla scorta personale dell’influencer. In quattro, non s’intende a quale titolo, fanno arretrare a piacimento la platea e sgombrare l’area sotto canestro già dalle quattro del pomeriggio, appena di là dall’area giochi dei bambini con gli scivoli. Di aggressività non se ne respira – volasse una sola spinta sarebbe un disastro – complice la cappa di hashish che intorpidisce le membra del pubblico. La sfida nella sfida è quella di riuscire a farsi notare dall’idolo, chi riesce a guadagnare il centro del campo per affrontarlo viene salutato come i gladiatori nella Roma imperiale. Si cerca anche solo di sfiorare la canottiera dell’influencer. 

A un certo punto un nugolo di ragazzini inizia a sganasciarsi dalle risate e parte il messaggio Whatsapp nella chat di gruppo: «MARCOLINI SFIDA MATT KIATIPIS», carattere maiuscolo a sottolineare l’improbabilità di una sfida che parrebbe somigliare a quella cinematografica di Fracchia contro Dracula. Il confronto in effetti è impietoso, sempre. L’influencer sa il fatto suo e dribbla a piacimento la cavia di turno, schiaccia – partita alla meglio dei cinque punti, il canestro da fuori vale due, la linea del tiro da tre improvvisata a sentimento come la traversa delle partite calcio in spiaggia – si appende a canestro al contrario accompagnato dall’ovazione della folla in delirio. 

A meno di essere tra i fortunati in prima fila è impossibile assistere direttamente allo show. Alla visuale ristretta si rimedia radunandosi a osservare gli schermi di chi sta riprendendo la scena dall’alto con un treppiede, come una volta ci si riuniva in casa dei pochi eletti che possedevano un televisore per guardare Sanremo e Carosello. L’alternativa è chiedere lumi a quanti si sono inerpicati sugli alberi, con l’oralità del racconto che ammanta le gesta di Kiapitis della stessa aura di leggenda che aleggiava al cineforum aziendale di Fantozzi durante la partita dell’Italia.
La «sirena» suona alle sette e rotte, la star saluta il pubblico e se ne va lungo viale Lazio. Cammina al centro, le guardie ai fianchi e il codazzo alle spalle come in una tela di Pellizza da Volpedo, versione 2.0. Il quinto stato.


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3 settembre 2025 ( modifica il 3 settembre 2025 | 14:21)