Tra le meno note e frequentate realtà museali fiorentine, Casa Siviero (oggi appartenente alla Regione Toscana) sarà oggetto di una significativa riqualificazione. L’obiettivo è adeguarne le sale ai moderni standard museali, recuperare spazi per esporre opere attualmente non visibili al pubblico, abbattere le barriere architettoniche e definire una nuova area che consenta di ospitare eventi e convegni. A questo scopo la Regione ha stanziato circa 3 milioni di euro, finalizzati non solo a inserire con maggior rilievo e un adeguato profilo storico artistico il villino in stile neorinascimentale di Lungarno Serristori nel circuito museale fiorentino, ma anche a mantenere alte memoria e attenzione nei confronti di Rodolfo Siviero, morto nel 1983, la cui intensa e preziosa attività post-bellica nel recupero e nella salvaguardia delle opere trafugate dai nazisti gli valse il soprannome di «007 dell’arte». L’intervento si dovrebbe concludere nella primavera del 2026

Le opere presenti nel villino non sono quelle recuperate da Siviero nel corso del suo lavoro, ma quelle acquistate privatamente con intenti amatoriali e collezionistici. L’eterogenea raccolta comprende infatti reperti archeologici etruschi e romani, dipinti e sculture medievali e rinascimentali, mobili, ceramiche, arredi domestici ed ecclesiastici dal tardo medioevo all’Ottocento e un importante nucleo di opere novecentesche che Siviero acquistò da artisti suoi amici come de Chirico, Soffici, Manzù e Annigoni.

«Dai recenti sopralluoghi, afferma il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, inizia un percorso che intende restituire un edificio di alto valore museale, consentendo a tutti di beneficiare delle collezioni che, lasciate da Siviero nel 1983 alla Regione Toscana, la Regione gestisce come casa museo. Casa Siviero si colloca peraltro in un settore urbano della zona dell’Oltrarno in cui sta nascendo un nuovo percorso turistico e culturale che sarà inaugurato con la riapertura di piazza Poggi nel settembre di quest’anno e comprenderà la torre San Niccolò, il camminamento verso piazzale Michelangelo e il Museo dell’Acqua in piazza Poggi». Giani si riferisce alla riapertura degli spazi superstiti legati alla Fabbrica dell’Acqua, appartenente all’acquedotto ottocentesco fiorentino, che venne abbattuta tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60 per lasciare posto agli attuali giardini di piazza Poggi. Accessibili dall’area della torre (che è in realtà una delle porte della cerchia muraria trecentesca della città) gli ambienti sottostanti rimasero integri anche se non più utilizzati e presentano le vasche di decantazione, le prese degli antichi mulini che vertevano sull’area con le relative saracinesche e le condotte. Sono invece tuttora attivi i grandi serbatoi, poco distanti, che alimentano Arcetri e il Pian dei Giullari.