di
Monica Zicchiero

Lo 007 ingaggiato per verificare cosa facesse il dipendente durante le due ore di permesso previste dalla 104: «Nessuna prova concreta»

Dipendente disabile pedinato e licenziato. Ma fu un provvedimento illegittimo e discriminatorio, ha sentenziato la giudice del lavoro Chiara Coppetta Calzavara. La quale ha ordinato il reintegro, il risarcimento, il pagamento di contributi arretrati, condannando la società a pagare le spese legali.

La ricostruzione della vicenda

La vicenda si svolge a Chioggia, in un minimarket del centro il cui direttore aveva deciso di mettere alle costole del lavoratore un investigatore per controllare cosa faceva nelle due ore di permesso che gli spettano in base alla legge 104. Il dipendente ha una disabilità certificata in base alla quale dovrebbe svolgere mansioni non faticose eppure, hanno testimoniato i colleghi, scaricava e movimentava intere casse di cibo. In virtù della condizione di svantaggio, i lavoratori disabili usufruiscono di un particolare beneficio della legge 104, che permette loro di avere una riduzione di due ore dell’orario di lavoro o tre giorni liberi al mese. Come ricorda la giudice, in quelle ore libere il dipendente non è tenuto a fare visite mediche o terapie: mentre i familiari che hanno la 104 devono usare i permessi per aiutare il congiunto. Insomma le persone con disabilità non hanno vincoli su quei permessi perché sono finalizzati colmare le aggravate difficoltà quotidiane e aiutarle ad avere una vita sociale e familiare migliore.



















































«Nessuna prova»

Il direttore aveva fatto seguire l’uomo da un investigatore privato che il 4 e il 6 marzo 2024 lo aveva fotografato mentre entrava in una agenzia assicurativa, parlava con persone e con il titolare portava all’ecocentro materiale elettronico. Il direttore del minimarket aveva dedotto che avesse un altro lavoro e l’aveva licenziato. L’uomo, difeso dagli avvocati Laura Possiedi, Alberto Impellizzeri, Roberta Marseguerra e Gianluca Ghezzo, ha impugnato. E la giudice gli ha dato ragione, chiarendo che il pedinamento fu illegittimo. «Il datore di lavoro non può disporre attraverso investigatori un accertamento esplorativo e indiscriminato volto a verificare se il lavoratore ponga in essere comportamenti illeciti o violativi degli obblighi contrattuali. La società datrice di lavoro non ha né allegato né provato circostanze oggettive tali da configurare la sussistenza di un fondato o ragionevole sospetto di illecito». 

Il brutto periodo

Non vi erano motivi per giustificare il ricorso ad un detective privato. Inoltre l’investigatore aveva osservato ma non indagato. Il titolare dell’agenzia ha raccontato che il dipendente licenziato è suo amico, che passava un brutto periodo di liti accese con la compagna e tornava malvolentieri a casa. Così gli aveva dato le chiavi dell’agenzia per trascorrere lì un po’ di tempo in pace.


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3 settembre 2025