Domus si spinge poi oltre, interrogando il ruolo della scienza e della tecnologia. Julia Watson, con il suo concetto di “Urbanistica TEKnologica”, ci ricorda che il vero sapere è già insito nelle pratiche ancestrali, in quelle soluzioni indigene che da sempre si muovono con la natura e non contro di essa. E mentre Ben Lamm in “C’è spazio per l’ottimismo” evoca una scienza capace di riparare gli errori umani, riportando in vita specie estinte e degradando la plastica, Mitchell Joachim in “Biologia tecnologica” spinge questo concetto al limite, immaginando un futuro in cui gli edifici sono veri e propri esseri viventi.

Le recensioni di Loredana Mascheroni su Massimo Rigaglia e di Elena Sommariva su Issey Miyake e Atelier Oï presentano design che utilizzano materiali organici e riciclati, mentre Silvana Annicchiarico celebra la sedia di Aida Rasmussen come manifesto di un design etico e sostenibile. Antonio Armano, nel suo testo su FerreroLegno, sottolinea l’importanza di un’azienda che unisce tradizione, innovazione e rispetto per l’ambiente. In questo contesto, anche l’umile maniglia, come spiega Valeria Casali nel suo testo, può diventare un’opera architettonica, un punto di contatto tra l’uomo e lo spazio.