di
Renato Franco
Sabato a Milano il comico sarà protagonista a Fuoricinema. «Il politicamente corretto? Già finito, io dico il c.. che mi pare. Censure? Mai fatto la vittima: mi hanno sempre regalato il pieno al botteghino»
«Mi sono sempre trovato molto a disagio sui set, finché Stefania Sandrelli mi ha fatto capire un paio di trucchi fondamentali per divertirmi».
E quali sono?
«Io non sono dell’idea di aiutare i giovani, i trucchi non li svelo. Devono essere loro bravi a rubarmeli. Io non regalo un cazzo».
Paolo Rossi galleggia sempre tra paradosso e ironia, sarcasmo e leggerezza. Sabato sarà a Milano sul palco di Fuoricinema per celebrare i 40 anni di Comedians, la pièce messa in scena da Salvatores e diventata un cult all’Elfo Puccini.
Cosa rappresenta per lei?
«Sono stati i cinque anni teatralmente più divertenti, giocosi e creativi della mia carriera, a tal punto che vivo ancora di quella benzina, di quello spirito. Anche se lo spettacolo non fu ben accolto dall’ambiente dei teatranti».
Invidia? Diffidenza?
«Stavamo facendo una cosa che gli altri non sapevano fare. Credo che se ci fossero stati i Festival come al tempo dei Greci, dove concorrevano Aristofane, Sofocle, Euripide, avremmo dato sei-zero a chiunque».
Arrogante.
«Con il tempo ho imparato a fare lo spaccone: da sempre ho fatto fatica a essere accettato, mi sono esibito spesso in luoghi che non sono “veri” teatri: l’arroganza è la mia rivincita».
Oltre a lei e Salvatores, c’erano Gigio Alberti, Claudio Bisio, Antonio Catania, Renato Sarti: era complicato stare insieme?
«Abbiamo tutti individualità grosse, impegnative. Non era facile mettere d’accordo un così gran numero di galli nello stesso pollaio. Però ce l’abbiamo fatta e nel tempo siamo diventati anche amici… pur sempre animati da una sana, sanissima competizione».
Eravate un club per soli uomini.
«Qualcuno mi deve spiegare perché le migliori comiche americane sono molto maschili nella loro comicità: sono aggressivissime. Non è una questione di genere, bisogna solo dire una volta per tutte che la comicità è un simbolico atto di violenza. E se uno guarda i clown che sono al grado zero della comicità ne ha la conferma: le risate più grosse arrivano quando il clown più forte picchia il più debole, mentre il personaggio dei film horror che incute più terrore è il pagliaccio».
Dostoevskij diceva che la bellezza salverà il mondo. Quanta bellezza vede in giro?
«Vedo quello che mi basta per dire che sarà il teatro a salvare il mondo. Anche se non succederà in un vero teatro, perché i teatranti sono un gruppo chiuso, per niente aperto».
La satira politica è scomparsa: fa paura farla?
«Viviamo in tempi in cui più di uno statista ha fatto il comico. Non è questione di crisi, è il mondo alla rovescia. Il comico è portato alla distruzione, a creare caos, a mettere disordine: oggi ce ne è abbastanza».
Il politicamente corretto sta uccidendo la comicità?
«È già finito. Almeno per me. Io dico il cazzo che mi pare».
L’errore più grande della sua carriera?
«Ho fatto molti più errori nella vita privata, che poi si sono riversati su quella artistica, perché — preso da altro — hanno comportato uno svuotamento di energia creativa».
Ha subito diverse censure. A partire da quella del 2003 quando in Rai non le fecero recitare il discorso di Pericle sulla democrazia ad Atene.
«No, non ho mai fatto la vittima. Anzi. Mi hanno sempre fatto un favore regalandomi il botteghino esaurito».
Inferno o Paradiso?
«Credo che resterò a volteggiare nell’aria finché una forza particolare di gravità mi riporterà qui. Penso di tornare su questo pianeta quando meno se l’aspettano».
4 settembre 2025 ( modifica il 4 settembre 2025 | 18:46)
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