Nuovi casi di cucine da incubo in Appennino, dove i Nuclei antisofisticazione e sanità (Nas) hanno scoperto oltre 700 chili tra carne, pesce, salumi e latticini scaduti da oltre vent’anni pronti a finire sulla tavola di trattorie e locande. Controlli che hanno fatto scattare il sequestro di tutto il cibo avariato (35mila euro di merce), la sospensione di quattro attività di ristorazione e sanzioni pari a 27mila euro, oltre alla segnalazione all’Ausl.
Sedici tra rifugi, punti ristoro, locande di montagna sono gli esercizi finiti nel mirino dei carabinieri di Bologna durante l’ultimo mese. In almeno dodici casi i militari dei Nas si sono trovati davanti a irregolarità gravi e scene quasi raccapriccianti sul piano igienico e sanitario. Come magazzini alimentari e cucine in cui cani e gatti domestici erano lasciati liberi di scorrazzare. Oppure angoli cottura totalmente anneriti dal fumo e soffitti da cui gli intonaci si staccavano, rischiando di finire nel piatto del cliente.
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Una delle situazioni più gravi è stata riscontrata in una locanda di montagna, dove è stata accertata la presenza di un magazzino di alimenti e bevande e di un laboratorio di pasta all’uovo ricavati abusivamente in un garage in pessime condizioni, con il pavimento costellato dalle deiezioni dei roditori. In un altro caso, la dispensa era stata allestita in una legnaia aperta e un congelatore contenente carni di cervo e funghi installato nel bagno privato.
Sono poi state trovate, nel corso dei controlli, affettatrici con residui rancidi di salumi, non sanificate da tempo, e impastatrici mai pulite. E ancora: alimenti scaduti da anni, confettura e verdure preparate senza la procedura di pastorizzazione (necessaria per evitare pericoli per la salute), carni conservate per troppo tempo senza usare l’abbattitore di temperatura (e comunque servite ai clienti) e cacciagione dall’origine sconosciuta.
Infine, in un rifugio sono stati trovati oltre cinque chili di tartufo nero estivo senza indicazioni sui fornitori, e in un’altra struttura sei chili di porcini essiccati dai gestori che non sono stati in grado di esibire documenti che ne attestassero l’avvenuta verifica sulla commestibilità e salubrità eseguita dall’ispettorato micologico dell’Ausl.
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