Leone XIV con il presidente israeliano Isaac Herzog – Vatican Media
Il Papa lo ribadisce al presidente israeliano Isaac Herzog: l’«unica via d’uscita dalla guerra in corso» è la «soluzione dei due Stati», come ha sempre chiesto la Santa Sede. Così la Sala Stampa vaticana sintetizza l’udienza di Leone XIV al capo dello Stato ebraico e poi l’incontro con il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin. «Cordiali colloqui», fa sapere il resoconto vaticano che, caso insolito, fa riferimento non solo al faccia a faccia con la segreteria di Stato, ma anche con lo stesso Papa. Quasi tre ore di dialogo durante le quali, chiarisce la Sala Stampa, è stata auspicata «una pronta ripresa dei negoziati» perché «si possa ottenere la liberazione di tutti gli ostaggi, raggiungere con urgenza un cessate-il-fuoco permanente, facilitare l’ingresso sicuro degli aiuti umanitari nelle zone più colpite» a Gaza e «garantire il pieno rispetto del diritto umanitario, come pure le legittime aspirazioni dei due popoli». La Santa Sede parla di «tragica situazione» nella Striscia, invita a «garantire un futuro al popolo palestinese» e rimarca la necessità «della pace» e della «stabilità» del Medio Oriente.
Il presidente israeliano Isaac Herzog in Vaticano con monsignor Leonardo Sapienza – Ansa
Nei colloqui entra anche «quanto accade in Cisgiordania»: ciò significa guardare alle tensioni e agli scontri di Israele con la popolazione palestinese, ma anche ai nuovi insediamenti dei coloni israeliani. E poi l’«importante questione della città di Gerusalemme», come viene definita dalla Santa Sede. Tema controverso: lo Stato ebraico la considera capitale; la posizione vaticana va dalla tutela dello “status quo” al progetto di uno “speciale status internazionale” per la città santa. C’è un «valore storico» nei «rapporti tra la Santa Sede e Israele», spiega la Santa Sede al termine della visita di Herzog. E, dopo anche l’attacco alla parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza, si fa il punto anche ai «rapporti tra le autorità statali e la Chiesa locale, con particolare attenzione all’importanza delle comunità cristiane e al loro impegno in loco e in tutto il Medio Oriente, a favore dello sviluppo umano e sociale, specialmente nei settori dell’istruzione, della promozione della coesione sociale e della stabilità della regione».
Lo sottolinea lo stesso Herzog in una lunga sintesi su X. Il capo dello Stato spiega che Israele «si impegna a garantire la sicurezza e il benessere delle comunità cristiane in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente, nonché a preservare il loro posto unico». E risponde a chi accusa il suo Paese di una involuzione religiosa, frutto anche dell’oltranzismo della destra messianica. Lo «Stato di Israele», avverte, è «impegnato a garantire la libertà religiosa a tutti i credenti e determinato a continuare a lavorare per la pace, la tranquillità e la stabilità in tutta la regione».
La bandiera d’Israele nel cortile di San Damaso in Vaticano – Ansa
«Ringrazio dal profondo del cuore papa Leone XIV per la calorosa accoglienza ricevuta in Vaticano. Soprattutto, Israele si sta impegnando in ogni modo possibile per restituire tutti gli ostaggi tenuti in crudele prigionia dagli assassini di Hamas», sottolinea il leader ebraico. Tema tornato più volte anche negli appelli del Pontefice. «Supplico che siano liberati tutti gli ostaggi», aveva detto Leone una settimana fa. Ma aveva anche aggiunto: «Chiedo che si raggiunga un cessate il fuoco permanente, si faciliti l’ingresso sicuro degli aiuti umanitari e venga integralmente rispettato il diritto umanitario».
Il tono distensivo del resoconto di Herzog indica che cosa segna il barometro dei rapporti fra il Papa e Israele, nonostante le forti parole di Leone XIV contro i bombardamenti a Gaza, la denuncia della situazione tragica della popolazione, la carestia imposta. «Israele – continua il presidente nel suo lungo post dopo gli incontri vaticani – anela al giorno in cui i popoli del Medio Oriente – i figli di Abramo – vivranno insieme in pace, collaborazione e speranza. I leader religiosi e coloro che scelgono percorsi pacifici devono unirsi nel chiedere l’immediato rilascio dei rapiti, come primo e fondamentale passo verso un futuro migliore per l’intera regione». Nella sua sintesi il capo dello Stato ebraico non fa riferimento al dramma di Gaza, né agli spostamenti forzati della popolazione palestinese imposti nella Striscia da Tel Aviv, né al blocco dell’ingresso dei generi di prima necessità, più volte citati pubblicamente dal Papa. Ma richiama l’impegno del Papa «nella lotta contro l’odio e la violenza e nella promozione della pace nel mondo» che è molto «apprezzato» e «importante per tutti noi».
Il presidente israeliano Isaac Herzog in udienza da papa Leone XIV – Vatican Media
La Città del Vaticano è blindata fin dalle prime ore del mattino. Lo impongono le misure di sicurezza per la presenza del presidente israeliano Herzog fra le mura leonine. Con un’appendice finale: la visita all’Archivio e alla Biblioteca Vaticana prima di tornare in Israele nel pomeriggio. È il giorno del dialogo aperto fra Israele e la Santa Sede. Dialogo per la pace e il bene della famiglia umana che Leone XIV sta tessendo fin dall’inizio del pontificato. Con quelli che la geopolitica definisce «nemici» l’uno con l’altro, come lo stesso Pontefice li ha chiamati. E con gli attori internazionali che possono avere un ruolo di peso negli angoli del mondo segnati dalle guerre e dalle tensioni. Se si considera la Terra Santa, significa il dialogo targato Leone è sia con le autorità israeliane, sia con quelle palestinesi, come testimoniano questi mesi. Herzog arriva nel cortile di San Damaso poco prima delle dieci, l’orario del faccia a faccia con il Papa. Per agevolare il transito del corteo presidenziale tutta l’area di via della Conciliazione e del colonnato di Bernini viene transennata e interdetta all’accesso. I varchi della piazza restano chiusi per tutto il tempo del passaggio del leader israeliano. Con il dispositivo di sicurezza rafforzato.
È la seconda volta di Herzog Oltretevere da quando Leone è sulla cattedra di Pietro. La prima era stata per la Messa di inizio pontificato, con la stretta di mano fra i due. Nei quattro mesi da Papa, Leone XIV ha sentito al telefono il premier israeliano Benjamin Netanyahu che lo aveva chiamato dopo il raid alla chiesa della Sacra Famiglia. A distanza di pochi giorni, il colloquio telefonico con Mahmoud Abbas (Abu Mazen), «presidente dello Stato di Palestina», come era stato definito nel comunicato della Sala Stampa vaticana. Fra i temi della conversazione il rinnovato «appello» del Papa «al pieno rispetto del diritto internazionale umanitario»; l’«obbligo di proteggere i civili e i luoghi sacri»; l’«urgenza di prestare soccorso a chi è maggiormente esposto alle conseguenze del conflitto e di permettere l’ingresso adeguato di aiuti» di fronte alla «drammatica situazione umanitaria».