ANCONA – La sanità è da sempre il primo capitolo di spesa per la Regione Marche. Normale quindi che al confronto sul tema, organizzato oggi, venerdì 5 settembre dall’Anaao Assomed e dal Nursind alla Figc di via Schiavoni, abbiano partecipato tutti e 6 i candidati alla carica di governatore. Di seguito i loro interventi, riportati nell’ordine in cui sono stati effettuati, in una sorta di differita.
Lidia Mangani
Lidia Mangani (Partito Comunista Italiano): «Occorre riconquistare una sanità libera per tutti, come previsto dal nostro programma. Perché nonostante l’impegno di medici e infermieri sono venute alla luce debolezze e disfunzioni di un sistema che ha subito numerosi tagli al punto da favorire i servizi privati. In linea con tutto questo la Regione Marche ha provveduto a tagli lineari di personale e servizi sanitari, chiusura di reparti o di interi ospedali da parte delle giunte regionali alternatesi da 15 anni a questa parte. Chi va in pensione non viene rimpiazzato, mancano anche medici di base e pediatri. Manca il diritto universale alla salute previsto in Costituzione. Serve una mobilitazione fortissima della società e dell’opinione pubblica affinché il sistema sanitario nazionale venga potenziato. Contemporaneamente devono essere eliminati sprechi, spese improprie e cattiva gestione. Perché da oltre 20 anni lo Stato non finanzia adeguatamente. Adesso si spenderanno anche risorse ingentissime in campo militare, per noi occorre mettere tutte quelle risorse in sanità. Sulla carenza dei medici non vi è stata una programmazione seria dei corsi di medicina che ci ha portato nelle difficoltà che stiamo vivendo, assieme a bassi stipendi e carichi di lavoro insostenibili, con il risultato che chi può fugge dal privato. E poi ci ritroviamo i gettonisti. E poi il corso di laurea in medicina resta a numero chiuso finendo in una graduatoria di merito nazionale. Poi sono stati tagliati i fondi alle università pubbliche. Dal prossimo anno accademico verranno istituiti alcuni corsi di medicina da parte di un’università privata qui nelle Marche. Acquaroli si è assunto una grossa responsabilità perché c’è anche un grande problema di qualità. Penso che la formazione sia una cosa seria che ha finalità pubblica. Non deve servire a fare business. Serve quindi un percorso di ripublicizzazione di alcuni servizi, ricostituendo un’adeguata rete ospedaliera, compresi i pronto soccorso. Per tutti questi motivi riteniamo che occorra investire nella sanità almeno l’8% del Pil».
Beatrice Marinelli
Beatrice Marinelli (Evoluzione Della Rivoluzione): «La sanità marchigiana sta affrontando una situazione di crisi a causa di un’impostazione nazionale e sovranazionale che si sono voluti imporre. Un’impostazione liberista e privatistica che centrosinistra e centrodestra hanno sposato da un 20 anni a oggi. La sanità privata è diventata predatoria sia delle risorse che del personale. Ci si deve interrogare su questo. Politiche che hanno portato a svilire le stesse figure dei medici e degli infermieri, da cui riceviamo continue lamentele su come viene gestito il rapporto interno alle aziende ospedaliere. Aziende ospedaliere… che termine aberrante. Le cose sono precipitate nel 1992 quando si è passati da Usl e Asl e sono entrate figure come il direttore generale. Poi gli atti aziendali dovrebbero essere frutto di partecipazione rappresentativa, compresa la comunità dei cittadini, comitati e associazioni varie. Credo sia poi ora di fare una riflessione sulla Lorenzin-Renzi, diretta discendente della Monti-Balduzzi. Possiamo noi nel 2025 andare dietro a una legge del 2012 varata in un momento storico completamente differente da quello attuale. Venivamo dalla crisi della Grecia, dalla trojika, da politiche di austerity calate dall’alto tradotte a livello nazionale come “legge Balduzzi” ma anche come “Lacrime e sangue”. C’è stato il covid, i flussi migratori. Riceviamo profughi di guerra dal medio oriente e dall’Ucraina che usufruiscono grazie a Dio del nostro sistema sanitario. Farlo con i sistemi del governo Monti e anacronistico e inaccettabile. E da allora ritengo vergognoso che nessun governo abbia pensato di mettere mano su quel provvedimento e cambiare le cose. Servono poi competenze diverse. La riabilitazione è quasi tutta appannaggio delle strutture private. Le nuove palazzine realizzate o in fase di realizzazione non risolvono il problema perché restano carenze interne. Inoltre abbiamo medici a gettone che lavorano gomito a gomito con medici assunti. Poi ci chiediamo come mai fuggono dalla sanità pubblica. Stiamo perdendo anche la guardia medica, con gente che questa estate ha dovuto fare oltre 50 chilometri per trovarne una. Noi proponiamo la riapertura dei 13 ospedali chiusi dalla giunta Ceriscioli. Le coperture ci sono e ci sono anche i medici.
Beatrice Marinelli
Matteo Ricci (centrosinistra): «I problemi della sanità marchigiana non nascono oggi. E se cinque anni fa i cittadini marchigiani hanno deciso di cambiare colore politico qualcosa che non andava c’era. Ma la domanda che ci dobbiamo fare è: “Stiamo meglio oggi di cinque anni fa?” La risposta è no. Sono aumentate le liste d’attesa così come la mobilità passiva. Un marchigiano su dieci ha smesso di curarsi. Siamo i terzultimi d’Italia. Noi no accettiamo una sanità in cui si cura solo chi ha la carta di credito. Siamo in questa situazione anche per le errate scelte politiche nazionali. Dopo il covid è cambiato tutto. Negli anni del covid abbiamo retto anche perché sono state messe tante risorse sulla sanità pubblica. Eravamo convinti che il covid avrebbe cambiato tutto. E invece non è cambiato nulla. Siamo tornati a spendere poco rispetto al Pil. Basta di andare a Roma a dire sempre signorsì. Occorre battere i pugni sul tavolo affinché venga investito almeno il 7% del Pil, senza mettere gli interessi di partito davanti a quelli della comunità. Fino a che non verrà rivisto il tetto di spesa non riusciremo a diminuire i gettonisti che tra l’altro costano molto. A cosa serve la Link University in questo scenario formativo? Ci serve gente che diventa medico solo perché hanno i soldi? Siamo sicuri che da quelle università nascano le professionalità che servono nella nostra regione? Sul pronto soccorso io credo dobbiamo anche guardarci intorno. Non si può dire che il problema è l’aumento della domanda, cioè i cittadini. D’estate non abbiamo neanche le guardie mediche, chiaro che poi gli accessi al pronto soccorso aumentano del 30%. Abbiamo anche un problema di posti letto, con gente che resta lì nelle barelle perché non vi sono posti nei reparti. Ci sono molte cose da rivedere e per questo serve un nuovo patto per la salute da fare tutti insieme. Non è possibile che tutto ruoti attorno a Cingoli e Pergola in questa regione no? Con tutto il rispetto. Non può essere tutto per il politico di turno. Per fare una buona sanità ci vogliono persone capaci, a cominciare dall’assessorato. L’attuale assessore è stato sempre considerato debole. Quando uno è debole si cambia. Invece gli abbiamo messo due tutor. Servono nomine in base a competenza e capacità. Pensiamo anche ai problemi della società attuale, come la salute mentale. Siamo ultimi in Italia come investimenti in questo campo. Eppure sono migliaia le famiglie che hanno questo problema. Dobbiamo puntare a diventare la regione europea con la migliore qualità della vita».
Francesco Acquaroli
Francesco Acquaroli (Centrodestra): «Abbiamo ereditato una sanità depotenziata da decenni di mancata programmazione e devastata da continui tagli. Quando si parla di sanità bisogna analizzare il contesto, bisogna farlo seriamente. E se il governo Meloni è il primo che dopo anni aumenta il fondo sanitario con livelli mai visti in precedenza, chi governava prima della pandemia, tornando indietro fino al 2013, al 2012, cosa ha fatto? Tagli di miliardi e mancata programmazione che hanno contribuito alla degenerazione del sistema e ci hanno consegnato una sanità depauperata. Riforme che si facevano con gli algoritmi, con la calcolatrice, con presidi chiusi e folli disegni accentratori, progetti di ospedali unici che stavano man mano togliendo risorse ai territori e soprattutto una grave carenza di medici. Per formare un medico ci vogliono dieci anni. E proprio dieci anni fa qualcuno avrebbe dovuto rendersi conto che c’era un grande fetta di personale che sarebbe andata in pensione di lì a poco e avrebbe dovuto pensare a formare una nuova generazione di professionisti. La programmazione è centrale: quando abbiamo parlato in questi anni dell’ascesa del privato sul pubblico, dei medici gettonisti, un fenomeno inaccettabile su cui per primo il governo Meloni è intervenuto, ebbene queste sono le conseguenze della mancata programmazione. E la responsabilità è di chi non ha gestito questa situazione quando doveva. C’è stata poi una grande discontinuità dal 2020 ad oggi. Affrontata la fase più critica della pandemia, abbiamo riprogrammato la nostra sanità. Abbiamo adeguato le aziende a un modello più aderente, con un livello di governance provinciale e più vicino alle reali esigenze, abbiamo scritto un piano sanitario studiando il fabbisogno reale. Stiamo ricostruendo la sanità su tutto il territorio, divenendo un modello nazionale, perché non vogliamo cittadini di serie A e di serie B. Stiamo lavorando per affermare il principio per il quale è la sanità pubblica che decide la committenza privata. Abbiamo potenziato le borse di studio per i giovani medici e abbiamo riadeguato l’accordo con i medici di medicina generale che era fermo dal 2007. Abbiamo portato chiarezza nel sistema, abbiamo potenziato le erogazioni delle prestazioni e la qualità. E crediamo in una sanità pubblica che sappia evolvere insieme alle esigenze dei cittadini, che sappia rispondere nei luoghi giusti, creando reti più capillari sui territori e lasciando agli ospedali la loro vocazione primaria, quella per gli acuti. Abbiamo investito nei punti salute, delle aggregazioni funzionali territoriali, nelle farmacie dei servizi, abbiamo avviato la costruzione di nuovi ospedali e l’adeguamento degli attuali. E abbiamo pronta anche la riorganizzazione del sistema di emergenza urgenza. È la prima riforma che faremo e il principio che la guida è uno: l’equità. Perché non è concepibile che la vita delle persone, soprattutto per quelle persone che hanno patologie cosiddette tempo-dipendenti, sia appesa a dove abiti o se è tempo buono o tempo cattivo. Vogliamo quindi continuare così perché i risultati ci danno ragione. L’ultimo proprio ieri, con il Gimbe che conferma che nelle Marche aumentano i punteggi per i Livelli essenziali di assistenza, i Lea, offerti ai cittadini. Dati che confermano la qualità del nostro sistema sanitario che vanta da tre anni il migliore ospedale pubblico d’Italia e che è stato certificato anche con il G7 Salute svolto nelle Marche. E tutto questo senza aumentare di un euro le tasse dei cittadini, come stanno facendo altre regioni a noi confinanti, per coprire i buchi nei bilanci della sanità. Risultati che soprattutto portano il nome dei nostri professionisti sanitari, che ogni giorno sono in corsia, nei reparti, nel territorio, vicini a chi ha bisogno».
Claudio Bolletta
Claudio Bolletta: (Democrazia Sovrana Popolare): «La mia analisi parte dai tagli lineari alla sanità. La peggiore espressione. Testimonianza di chi non sa né governare né amministrare, senza vedere i capitoli di spesa. I tagli negli ultimi 10-15 anni sono pari ai soldi buttati dalla finestra. Ospedali sistemati e poi abbandonati e altri soldi spesi male. Vi accorgerete che nel contesto i tagli sono minimali rispetto ai soldi spesi male. Quindi noi di Dsp proponiamo di nazionalizzare la sanità. Quando si è deciso di dare peso alle Regioni è di fatto iniziato un processo di consegna della sanità ai privati. Ne sono consapevoli in tanti, soprattutto i cittadini che vivono il problema delle liste d’attesa. Siamo arrivati addirittura al payback. Vale a dire se io, manager della sanità pubblica addetto agli acquisti, sbaglio i miei conti perché ho acquistato troppo rispetto all’esigenza, ho la possibilità di rivalermi sui fornitori. L’azienda convenzionata si tiene il suo margine operativo. Poi è ovvio che la formazione e l’università debbono essere potenziate e finanziate dal pubblico, ma questa questione non può essere affidata a manager amici di centrodestra o centrosinistra. La sanità pubblica deve essere gestita da chi ci capisce qualcosa. Un tempo i pazienti erano chiamati pazienti. Ora sono utenti o clienti. Questo la dice tutta. Serve quindi ricondurre la sanità al livello nazionale, ma con un controllo legittimo sulla spesa. Ricci poi è abilissimo a parlare ma alla fine non vuole cambiare assolutamente nulla. Basta sentire come la pensa sul privato e basta vedere quanto ha fatto per il privato Ceriscioli. Chi lavora in ambito sanitario è chiaro che deve essere adeguatamente remunerato e i medici a gettone sono uno scandalo. Se i compensi sono irrisori e non si porta a casa la “pagnotta” è naturale che poi questi se ne vanno. Per i pronto soccorso occorre ristrutturare tutto il sistema periferico. I medici di famiglia sono purtroppo ridotti a essere qualcosa di simile a dei passacarte al momento. Non sono nemmeno favorevole alle cinque Ast perché ha aumentato costi per i dirigenti, la cartellonistica, i software e poi per tutta la burocrazia».
Francesco Gerardi
Francesco Gerardi (Forza Del Popolo): «A ogni campagna elettorale assistiamo a questo rito dove il presidente uscente deve rendicontare l’operato di un’amministrazione e non lascia contenta la gente, mentre il suo principale contendente magnifica cosa cambierà. Io non credo che il cambiamento possa venire da chi in una finta alternanza è eterodiretto dalle stesse forze e non fa altro che seguire da un ventennio il mantra del “ce lo chiede l’Europa” e di chi è schiavo del dogma del vincolo esterno. Forza Del Popolo è un partito nazionale giovane nato nel 2021. E si, siamo un partito. Non abbiamo paura di questa parola. L’antipolitica non fa per noi. Va solo ribaltata la cattiva politica. Vogliamo superare quella falsa distinzione tra destra e sinistra. Ormai è solo marketing, mentre noi siamo un partito post ideologico. Ora sulla sanità, la madre di tutti i problemi è la famosa aziendalizzazione nata nel 1992. Però non è stata un’aziendalizzazione vera alla fine. Il problema è che è stata una burocratizzazione. Però ci sono servizi essenziali che debbono ricadere nella sfera pubblica per essere a disposizione di tutti i cittadini. E la sanità è una di queste. Non è vero che non vi sono risorse. Ci sono eccome. Però vanno tagliate tutte le spese inutili. I medici a gettone sono un paradosso perché guadagnano più di un medico strutturato. La funzione del medico pubblico va invece bilanciato per rendere la professione più attrattiva. Come? Alzando gli stipendi dato che siamo sotto la media europea. Le liste d’attesa si ridimensionano con investimenti pubblici e il coinvolgimento delle equipe territoriali. La figura del medico di base deve rientrare nel sistema sanitario nazionale. Al momento sono ridotti al ruolo di vigili urbani, hanno il proprio ruolo svilito. La sanità però deve essere rivista su base nazionale. Ad esempio si potrebbe mettere in rete gli specializzandi aumentando la loro circolarità. In generale quello che serve è una razionalizzazione della sanità. La sanità va considerata come un presidio essenziale di qualità le cui risorse vanno destinate a funzioni e tecnologie che servono davvero. E il problema è che l’Europa rischia di distruggere la vita dei cittadini marchigiani. L’iniziativa privata è assolutamente benemerita ma non deve essere la stampella del pubblico. Perché il pubblico deve funzionare. Occorre quindi cambiare di 180 gradi la prospettiva dentro al palazzo. Occorre stare attenti che le università private non diventino dei diplomifici e servono controlli di qualità. Per noi la sanità territoriale è fondamentale. Siamo per la riapertura dei presidi territoriali. Prima o poi però dovrà esserci un cambiamento a livello nazionale, svincolata dalle logiche di spesa inaccettabili».