Il pilota monegasco è ammirato da tutti, ma è costretto a guardare gli altri che gli arrivano davanti senza poterci fare granché. Gli anni passano e la Rossa di Maranello non sembra in grado di avverare il suo sogno di diventare campione del mondo. Lui ha giurato fedeltà, ma a 28 anni inizia a dubitare. E in questa stagione da incubo si sta instristendo progressivamente. La pista italiana, la più veloce del mondiale, può rappresentare il riscatto. E intanto Hamilton, penalizzato di cinque posizioni, dovrà rincorrere fin dall’inizio

Aggrappati a Leclerc. Ci sono posti peggiori dove aspettare il Gran premio di Monza. Charles è come la macchina che guida: bello, fascinoso, con l’aria seducente di chi è condannato a soffrire. Come la Ferrari è amato e ammirato da tutti, ma il più delle volte è costretto a guardare gli altri che gli arrivano davanti senza poterci fare granché. Gli anni passano e la Rossa di Maranello non sembra in grado di avverare il suo progetto, quello di diventare campione del mondo di Formula 1. Ha giurato fedeltà alla scuderia, sogno di chiunque ami le corse in macchina, ma è normale che cominci a dubitare: alla soglia dei 28 anni, il pilota monegasco sta condividendo la stagione da incubo della Ferrari cercando di mantenere la barra dritta, ma intristendosi progressivamente.

Uno con il suo talento avrebbe meritato almeno un anno su una monoposto da titolo, invece è costretto ad arrabattarsi. Lo abbiamo visto tutti a Zandvoort, seduto su una collinetta a meditare su un destino di mediocrità che non merita: a Maranello è diventato adulto, anche come pilota, e ha imparato a tirare fuori il meglio anche quando di buono sembra esserci davvero poco. 

Una stagione da comparsa

Nei quindici Gran premi disputati in questa stagione, le Ferrari sono state poco più che comparse: Lewis Hamilton ha vinto la Sprint Race in Cina, ma adesso sappiamo che fu soltanto un fuoco di paglia; il resto lo ha dovuto portare a casa Leclerc, cinque volte sul podio e una pole. Nient’altro. Dopo il doppio ritiro e il «weekend infernale» (sono parole dello stesso Charles) in Olanda, ecco però l’orizzonte di Monza. Lo ha detto anche il team principal delle Rosse, Fred Vasseur: «Dovremo essere impeccabili per ripagare i tifosi». Saranno più di trecentomila in tutto il weekend, e tutti aspettano un lampo che possa rischiarare il buio di tutta la stagione.

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Le McLaren sembrano imprendibili, e adesso anche le Mercedes fanno ombra, minacciano il secondo posto della Ferrari nella classifica costruttori. In teoria Monza, che è la pista più veloce del mondiale, è tra quelle più adatte alle Rosse, almeno a dare retta ai dati forniti dal simulatore. E in pratica? In pratica Lewis Hamilton dovrà scontare una penalità di cinque posizioni in griglia di partenza, e dunque dovrà per forza rincorrere. In pratica siamo aggrappati a Leclerc.

Un rapporto speciale

La prima volta che vinse a Monza era il luglio del 2014, Leclerc aveva 16 anni. Era passato quell’anno dai kart alle monoposto. Correva nella Formula Renault 2.0 Alps per la squadra britannica Fortec Motorsports. A Monza aveva fatto la pole, ma in partenza aveva perso terreno dal russo Matevos Isaakyan. Si era ripreso la posizione poco più tardi con una staccata alla prima variante e aveva guidato indisturbato fino al traguardo. Charles conosceva la pista, era cresciuto in Italia con i kart, il nostro paese è sempre stato la sua seconda casa.

Tre anni dopo Leclerc era in Formula 2 con la scuderia Prema Racing, di Grisignano di Zocco, in provincia di Vicenza. E con lui c’era un altro pilota della Ferrari Driver Academy, Antonio Fuoco: in testa sempre quell’idea fissa, diventare un giorno un pilota della Rossa in Formula 1. Charles coronò il suo primo sogno (il secondo è diventare campione del mondo) nel 2019. Al debutto in Formula 1 con la Ferrari ottenne la prima vittoria a Spa, uno dei tracciati più difficili del circuito. E si presentò a Monza, a 21 anni, con la voglia di strafare.

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Tutti quei tifosi lo gasavano, lui non cercava altro. Negli anni alla Premac aveva imparato anche l’inno italiano, e non vedeva l’ora di cantarlo sul gradino più alto del podio, sulla pista di casa. Detto, fatto. Aveva lottato da solo contro le due Mercedes, aveva duellato tutto il tempo con Hamilton, e aveva avuto la meglio: nessun errore, una gestione perfetta della gara, una malizia da veterano. Fu allora che cominciarono a chiamarlo il Predestinato. Hamilton, che oggi è il suo compagno in Ferrari, gli fece i complimenti. «Congratulazioni a Leclerc, ha avuto tantissima pressione da me e Bottas ma era troppo veloce nel rettilineo, non siamo riusciti a superarlo». Leclerc era distrutto e felice allo stesso tempo. «Non sono mai stato così stanco, è stata una gara difficilissima. Ma vincere qua è dieci volte di più rispetto a Spa».

Erano nove anni che le Rosse non trionfavano a Monza e l’ad della Ferrari Louis Camilleri trovò una citazione di Pablo Neruda per descrivere una fioritura così dirompente: «È stato come quello che la primavera fa ai ciliegi». Di certo la faccia di Leclerc non era ancora così conosciuta. La sera, per farsi riportare a Milano, prese un taxi dall’autodromo e l’autista conversò amabilmente con lui del Gran premio senza avere la minima idea di chi fosse. «Il giovane è veramente forte eh». Soltanto prima di scendere Leclerc confessò che era lui quel giovane, e risero insieme. Il giorno dopo Charles era già nazional-popolare: due poliziotti lo fermarono per eccesso di velocità («andavo due o tre chilometri sopra il limite») e finì con una foto, un cappellino e una pacca sulla spalla.

Risollevare il morale

La seconda vittoria a Monza in F1 (la terza per Leclerc dopo quella a 16 anni) è arrivata un anno fa. Anche allora le McLaren sembravano imbattibili, ancora di più dopo le qualifiche. E invece arrivò un successo da sogno, un impeccabile incastro di abilità del pilota e strategia di squadra: Charles beffò le McLaren di Piastri e di Norris fermandosi a un solo pit stop e sfruttando la lunga vita delle gomme dure. Una specie di miracolo di perfezione, esattamente quello che servirebbe anche in questa stagione così tormentata.

«Monza è folle, è la settimana che stanca di più, però la motivazione che ci danno i tifosi non ha paragoni. Le McLaren rimangono le favorite, ma non è impossibile infastidirle», ha detto Charles nel corso di uno dei tanti eventi che hanno scaldato la vigilia in questa settimana di passione. Per provare a vincere dovrà rischiare (come aveva fatto a Zandvoort prima dello scontro con Kimi Antonelli), ma a questo punto Leclerc non ha niente da perdere.

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Lo ha promesso ai tifosi che lo hanno braccato tutta la settimana a Milano, aspettandolo fuori dall’hotel e scortandolo ovunque. «In francese si dice: jamais deux sans trois. Ho scoperto che anche in italiano c’è un modo di dire simile: non c’è due senza tre. Daremo il 2000% per cercare di ripagare questa passione incredibile che ogni anno questo splendido pubblico ci regala».

Basterebbe un altro successo di Charles sulla pista che ama di più (insieme a Monaco, casa sua) a cambiare la storia di questa stagione ingrugnita? Basterebbe a interrompere un digiuno che dura da 19 gran premi di fila, com’era successo tra la fine degli anni Settanta e il principio degli Ottanta, in un altro mondo. Basterebbe a regalare un pomeriggio da sogno ai tifosi. Basterebbe a risollevare il morale e a guardare al 2026 con altri occhi. Occhi innamorati, quelli che ha da sempre Leclerc quando guarda la sua monoposto. Bella, seducente, rossa.

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