di
Gian Luca Bauzano
Nel 1985 viene scattata una foto a Milano con i 12 colossi della moda italiana. Diviene un caso mediatico nel mondo. Tra i protagonisti di allora anche Paola Fendi che racconta quel magico momento
Senza esitazioni Paola Fendi risponde: «Ci sarò». Non si stupisce di quella telefonata. Del resto come rifiutare un invito come quello. Avrebbe fatto parte, con altri 11 colleghi stilisti, di una foto di gruppo pensata per celebrare il trionfo del Made in Italy nei fantastici anni Ottanta. Era il 1985 e Adriana Mulassano, storica critica di moda del Corriere della Sera, e più tardi al fianco di Giorgio Armani nella gestione del team di comunicazione, ha un’intuizione geniale: riunire a Milano sotto l’Arco della Pace i colossi della creatività italiana per dichiarare al mondo (sotto un arco di trionfo), il loro successo internazionale. «Mi è sembrato naturale ritrovarsi tutti assieme a Milano. Ci accomunava la passione per il nostro lavoro. Quella che ci aveva fatto intraprendere la professione. Del resto, poi, un invito di Adriana, benché inaspettato e forse un po’ folle, era irrifiutabile», dice la stilista, la maggiore delle cinque sorelle che, con Franca, Carla, Anna e Alda portavano avanti l’heritage del marchio di famiglia, oggi parte del gruppo Lvmh e che nel 2025 compie un secolo di storia.
La storia dell’immagine simbolo
La foto ricordo con gli stilisti e al centro la critica di moda del Corriere Adriana Mulassano, che nel 1985 li riunì all’Arco della Pace per celebrare la creatività italiana. I media americani rielaborarono uno degli scatti di quel giorno, usando come sfondo il monumento più famoso di Milano: la foto con il Duomo sullo sfondo divenne il simbolo del Made in Italy
«Assieme a Laura Biagiotti rappresentavamo la romanità, entrambe però eravamo ben consapevoli che Milano era la porta attraverso la quale affacciarsi al mondo. Farsi conoscere». Oltre a loro c’erano: Versace, Valentino, Krizia, Ferré, Moschino, Mila Schön, Mario Valentino, Missoni, Soprani e Armani. Erano passati solo 3 anni da quando lo stilista era stato immortalato sulla cover di Time come «Gorgeous George». Proprio i media americani erano stati anche quelli che avevano voluto rielaborare la foto realizzata da Mulassano e cambiare lo sfondo utilizzando il Duomo, all’estero simbolo indiscusso, ancor prima del Quadrilatero, della capitale della moda: la nuova versione apparve sulla cover di Capital Usa e fece il giro del mondo. «Rimpianti per quel periodo? Nessuno. Ho vissuto una vita piena di soddisfazioni. In quel momento eravamo quasi stupiti dell’enorme successo. Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Solo questo contava per tutti noi. Quel giorno presi un aereo all’alba per fare la foto e tornai subito a Roma. La sfilata era alle porte. Solo questo contava. Dare il meglio».
L’omaggio al collega
Giorgio Armani è stato bravissimo anche a costruire una struttura imprenditoriale forte, necessaria per affrontare il passaggio di testimone
Paola Fendi, oggi 94 anni, non fa trasparire commozione nella voce mentre parla, lei con Valentino oggi sono gli unici testimoni che possono ancora raccontarci e farci provare le emozioni di quel momento. «Rivalità tra noi? C’era un forte individualismo, certo. Ma questo è scontato. Non esisteva però una competizione agguerrita come oggi, dove alla fine contano solo i numeri piuttosto che la capacità di far sognare». Armani quest’anno avrebbe festeggiato mezzo secolo di attività. «Un traguardo. Le identità forti capaci di lasciare segni si costruiscono nel tempo e se hai qualcosa da dire. Armani è stato bravissimo anche a costruire una struttura economica e imprenditoriale forte, necessaria per affrontare il passaggio di testimone come ora è accaduto. Noi cinque sorelle la nostra identità come marchio l’abbiamo costruita lavorando in gruppo e al fianco di Karl Lagerfeld: 54 anni consecutivi di collaborazione». Della Milano di allora Fendi ricorda «energia ed eleganza. In quella fotografia i nostri sorrisi e il modo con cui ci guardiamo fa capire lo spirito di allora. Noi italiani siamo eccezionali, troppo protagonisti però. Questo non consente di fare squadra. Oggi più che mai la formula vincente. Se non si trova un modo per convergere tutti verso un unico traguardo, il rischio che vada tutto in frantumi purtroppo è in agguato».
6 settembre 2025 ( modifica il 6 settembre 2025 | 00:22)
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