Diviso in tre capitoli (scritto in tre settimane), come un romanzo ad episodi, la pellicola ci conduce gradualmente attraverso il rapporta tra genitori e figli. Si parte dagli Stati Uniti, nel New Jersey, in cui un padre (Tom Waits, grande amico e collaboratore di Jarmusch) e i due figli (uno è interpretato da Adam Driver), si ritrovano brevemente a casa del primo per una visita. Ne nasce una conversazione surreale, fatta di brindisi col tè, silenzi e pause, in cui nessuno sembra davvero capirsi. Si passa poi a Dublino. Altro piglio, ma pur con la dovuta eleganza e umorismo di circostanza. In una bellissima casa, una madre (Charlotte Rampling) attende le due figlie: Lilith, un’alternativa scapestrata “influencer” dai capelli rosato punk (Vicky Krieps), disordinata e brillante, e Timothea (Cate Blanchett), più meticolosa e inappuntabile.

Sorelle e identità a confronto, in un (anche qui) rituale del tè, infarcito di pasticcini e dolci ricercati, presi per l’occasione, ma che di fatto si trasforma in un ritratto (ulteriormente) fatto non detti, confessioni, rituali da rispettare. Il finale è a Parigi, in quello che è l’incontro tra due un fratello e una sorella, la cui madre è scomparsa da poco. L’ultimo momento per visitare l’appartamento in cui hanno abitato tutti insieme, diventa l’istantanea da conservare e rivedere vecchie fotografie, ricordarla, cercando di farsi forza l’un l’altra, cementando la complicità di gemelli. Ne esce alla fine un trittico sottile, ironico e toccante sulle relazioni tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle.

carole bethuel