Dopo il commissariamento di Washington, la Guardia Nazionale in marcia verso Chicago e Portland, il controllo del centro culturale più democratico della capitale americana, Donald Trump punta ad assumere la gestione del memoriale dell’11 settembre a New York.

Donald Trump in un'immagine d'archivio.

Donald Trump in un’immagine d’archivio.

KEYSTONE/EPA/YURI GRIPAS / POOL

Il sito, uno dei più iconici della Grande Mela, sorge nel luogo sul quale si ergevano le due Torri Gemelli, abbattute da Al Qaida nel 2001, e ricorda i nomi delle oltre 3.000 vittime del peggior attentato nella storia americana.

È aperto dal 2014 ed è gestito da un ente benefico ora presieduto dall’ex sindaco di New York Michael Bloomberg, uno dei più forti critici del presidente Usa. La Casa Bianca ha confermato le intenzioni del tycoon e ha parlato di «colloqui preliminari» ricordando che in campagna elettorale il repubblicano aveva espresso il desiderio di fare del memoriale un monumento nazionale.

Le leggi impediscono l’appropriazione?

Ma secondo la direttrice del September 11 Memorial & Museum il governo federale, in base alle leggi vigenti, non può appropriarsi unilateralmente del sito, che si trova su un terreno di proprietà dell’Autorità Portuale di New York e New Jersey.

Oltretutto, ha sottolineato Beth Hillman, «non ha senso» che gli Stati Uniti si facciano carico dei costi e della gestione del monumento, visti gli sforzi di Trump per ridurre drasticamente la burocrazia federale.

«Siamo orgogliosi che le nostre mostre raccontino storie di coraggio e patriottismo e siamo fiduciosi che il nostro attuale modello operativo abbia servito il pubblico in modo onorevole ed efficace», ha affermato, sottolineando che l’organizzazione ha raccolto 750 milioni di dollari in fondi privati e ha accolto circa 90 milioni di visitatori dalla sua apertura.

L’anno scorso, il museo ha generato oltre 93 milioni di dollari di entrate e ha speso circa 84 milioni di dollari in costi operativi, lasciando un surplus di quasi 9 milioni di dollari considerando l’ammortamento, secondo i funzionari del museo e le sue dichiarazioni dei redditi più recenti disponibili.

Trump ora guarda a Portland

Nel frattempo Trump continua la sua crociata contro la criminalità nelle città blu e dopo aver minacciato Chicago punta su Portland. Nella città dell’Oregon, il presidente intende intervenire per le recenti manifestazioni contro le azioni anti-immigrati dell’Immigration and Customs Enforcement.

«Ci penserò, perché non sapevo che fossero ancora in corso», ha risposto l’inquilino della Casa Bianca, aggiungendo che finora Portland «non era nella lista delle città» in cui dislocare la Guardia Nazionale. Immediata la replica del sindaco dem, Keith Wilson: «Come altri sindaci in tutto il Paese, non ho chiesto e non ho bisogno di un intervento federale.

Siamo orgogliosi che la polizia di Portland sia riuscita a proteggere la libertà di espressione, affrontando al contempo episodi di violenza e distruzione di proprietà che si verificano occasionalmente durante le proteste presso la struttura dell’Ice di Portland». In tutto questo, per la prima volta The Donald ha bacchettato uno stato conservatore, la ‘sua’ Florida prendendo le distanze dalla decisione di abolire l’obbligo dei vaccini.

«Dobbiamo stare molto attenti», ha ammonito il presidente sottolineando che «alcuni vaccini sono incredibili come quelli contro la poliomielite e il Covid». «Bisogna stare attenti quando si dice che le persone non hanno bisogno di essere vaccinate. Ci sono alcuni vaccini che funzionano e basta. Le persone dovrebbero farli», ha avvertito Trump. Un apparente, netto, cambio di passo rispetto alle politiche adottate di recente dal segretario alla Salute Robert Kennedy jr.