Un aulico inno alla luce è l’incipit del terzo capitolo del manuale Come il sole dipinge. Fotografia per i dilettanti di Giovanni Muffone, notissimo libriccino tascabile Hoepli pubblicato nel 1887. Anche nella IX edizione (datata 1925), l’autore decanta «questa mirabile e divina creatura che con le mani porporine schiude all’aurora il varco al primo raggio di sole». Per lui, tuttavia, le due figure di fotografo e poeta sono decisamente inconciliabili. «Coloro che maggiormente avrebbero diritto a divenir poeti della luce, ne sono i più prosaici sfruttatori, e questo grande inno, che dovrebbe aver per cantori più fervidi i fotografi, sale dal resto dell’umanità, perché i detti signori hanno altro da fare: non ho mai visto un fotografo poeta! Eppure, egli è il vero sacerdote della luce – egli fra tutti, la ferma, la chiude, le mani gentili obbliga a disegnare misteriosamente in guisa che nessun artista può osare di far opera uguale – egli la spia al mattino, e quando scintilla piena, egoista non grato, la spinge là, nella camera oscura e come una donna d’alto lignaggio la pone al contatto col nobile argento, e la tratta poi col nobilissimo oro». «I fotografi non sono poeti:» – insiste Muffone – «dubito che lo saranno mai».
Ma quanto si sbagliava questo categorico signore! Basti pensare a tutte quelle figure di artiste e artisti che con estrema flessibilità hanno interpretato, in un ampio spazio temporale che arriva ad oggi, il senso mutabile del verbo e della luce in una prospettiva che negozia il sentimento, la percezione dell’altro, il rapporto complesso tra mondo interiore ed esteriorità: Dora Maar, Allen Ginsberg, Mario Giacomelli, Giuseppe Loy, Giovanni Chiaramonte e anche Giovanni Gastel, solo per citarne alcuni. «Ho guardato me stesso nel vetro della foto/ la mia lontananza da quel ragazzo immobile/ era così palese da ferirmi nel profondo./ Mancava ancora tutto il peso del vivere.», scriveva Gastel a Milano nel 2020, appena un anno prima che il covid-19 lo portasse via. È anche alla lezione di questo grande interprete della fotografia italiana, noto per la sua strenua ricerca del senso della bellezza, soprattutto nella moda e nella ritrattistica ma anche attraverso i versi che non ha mai smesso di scrivere sin dalla giovinezza, che si deve la nascita di Festival Ubiqua, in programma dall’11 al 14 settembre al Museo Nazionale di Fotografia MUNAF (già MuFoCo–Museo di Fotografia Contemporanea) di Cinisello Balsamo-Milano con l’organizzazione dell’associazione Quindici19.
Un progetto ideato dal poeta, scrittore e drammaturgo Davide Rondoni, presidente del MUNAF, legato da un profondo rapporto di amicizia e collaborazione con lo stesso Gastel (è autore anche della prefazione del suo volume postumo Presenza e Assenza. Tutte le poesie). Tra gli eventi in programma proprio la proiezione del documentario Il mondo fuori: la vita e i luoghi di Giovanni Gastel di Camilla Morino, in cui viene ripercorso il processo creativo e la carriera del fotografo-poeta nipote di Luchino Visconti. Negli spazi interni e nel parco storico della seicentesca Villa Ghirlanda, sede dell’unico museo pubblico in Italia dedicato alla fotografia – recentemente il MUNAF ha adottato il nuovo statuto con l’ingresso del Ministero della Cultura tra i suoi Enti Fondatori e Promotori – ma anche attraverso un’azione artistica collettiva di happening urbano diffuso nel centro di Cinisello Balsamo, il Festival Ubiqua porta la «Poesia in piazza». «Viviamo oggi un paradosso artistico: mentre la tecnologia rende la fotografia apparentemente accessibile a tutti, rischia di privarla della sua magia, facendola diventare dipendente dal suo stesso progresso.
A differenza della poesia, i cui gesti creativi restano immutati nel tempo, la fotografia se si pone solo il problema dello sviluppo tecnologico è destinata a svanire in sé stessa e nei suoi incubi.» – afferma Rondoni – «Se invece si pone il ’problema dell’autore’ – come accade inevitabilmente in poesia – può diventare sempre più sé stessa: cioè scrivere con la luce, arte dell’immagine. Può tornare verso la magia». Nelle quattro giornate dell’inedito festival il calendario degli appuntamenti è quanto mai fitto. Oltre all’incontro con diverse figure professionali del settore – tra loro Ilaria Bonacossa, Iole Carollo e Anna Positano, Simona Antonacci con la fotografa Valentina Vannicola, Michele Smargiassi con il suo intervento su Mulas, Montale e la sfida della poesia visuale, mentre Silvia Mazzucchelli si focalizza sul doppio sguardo di Giulia Niccolai e Katiuscia Biondi racconta il «poeta della luce», suo nonno Mario Giacomelli – si alternano i workshop di Martha Micali e Klim Kutsevskyy (DITO Publishing) e Arianna Arcara con Maria Elisa Ferraris del collettivo CESURA. Alle tecnologie digitali più innovative sono, invece, affidate l’esperienza immersiva e multisensoriale di Carlotta Cicci e Stefano Massari, la performance interattiva The Eye for Ubiqua di Dino Esposito e Gennaro Bosone e quella di musica elettronica di Lowtopic A/V e Hiroko Hacci (a cura di Le Cannibale). Di questo stimolante intreccio tra fotografia e poesia fanno parte anche le due mostre collettive prodotte per l’occasione, Scrittura Obliqua e Cantami qualcosa pari alla vita.
Alla faccia dei poeti. Ritratti dalle collezioni del Museo (aperte fino al 18 gennaio 2026), la prima nata da un progetto collettivo del comitato scientifico composto da Davide Rondoni, Matteo Balduzzi, Corrado Benigni, Gabriella Guerci, Michele Nastasi e Mauro Zanchi (vincitore della Open Call Scrittura Obliqua del MIBACT_DGCC 2025) con le opere fotografiche di Luca Campigotto, Federico Clavarino, Sabrina D’Alessandro, Linda Fregni Nagler, Alessandro Sambini, Alessandra Spranzi e Paolo Ventura. Quanto alla seconda, presenta i ritratti di poete e poeti che hanno attraversato il Novecento, realizzati da importanti autrici e autori, tra cui Giovanna Borgese, Marcella Campagnano, Attilio Del Comune, Mario Dondero, Paola Mattioli. Fotografie intense come quella di Umberto Saba, parte del corpus firmato da Federico Patellani nel 1946; Pier Paolo Pasolini e Laura Betti fotografati da Elisabetta Catalano all’EUR nel ’69 o Amelia Rosselli nel suo appartamento in via del Corallo a Roma, nella foto di Dino Ignani del 1982 della serie Intimi ritratti che annovera, tra le altre, le immagini di Patrizia Cavalli, Margherita Guidacci, Valentino Zeichen, Giorgio Caproni, Elio Pagliarini, Gino Scartaghiande, Dario Bellezza. Ecco, allora, che «Lo sguardo chiama/ L’infinito ci ascolta/ Si fa trovare», come scrive Giovanni Chiaramonte nella poesia in forma di haiku Trovare, inclusa nella raccolta Salvare l’ora.
Dall’11 al 14 settembre 2025
Festival Ubiqua. Fotografia e poesia. Da un’idea di Davide Rondoni,Villa Ghirlanda, sede del MUNAF-Museo Nazionale di Fotografia, Cinisello Balsamo – Milano
Live, performance, mostre, approfondimenti, workshop + evento speciale Le Cannibale
Ingresso gratuito con registrazione
Info https://mufoco.org/ubiqua