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Alessandro Sala

La parlamentare: «Oggi con questo provvedimento i cittadini denunciano sempre più casi»

Il cane-eroe Bruno ucciso a Taranto da un boccone di carne imbottito di chiodi; Diego, lasciato a morire di stenti chiuso in un garage a Reggio Emilia mentre il suo proprietario era in vacanza; Merlino, sgozzato per la strada a Naro, nell’Agrigentino, da un uomo già segnalato alle forze dell’ordine, che probabilmente voleva cibarsene. L’ultimo episodio è quello di Tequila, una pitbull docile sparita da casa e ritrovata morta due giorni dopo a Gravina di Puglia con orecchie strappate, coda amputata e diverse ferite su tutto il corpo. Sono i casi più eclatanti di animali uccisi o maltrattati che negli ultimi due mesi sono stati raccontati dai mezzi di informazione. E sono solo alcuni tra i tanti denunciati alle forze dell’ordine e gestiti in base alla legge Brambilla, entrata in vigore a inizio luglio, che inasprisce le condanne per tutti i casi di violenze e uccisioni cruente, con pene fino a 4 anni e sanzioni pecuniarie fino a 60 mila euro per i casi più gravi.

«Non abbiamo ancora i numeri precisi – commenta Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e promotrice delle nuove norme -, ma la realtà che emerge è drammatica. Solo alla mia associazione, la Leidaa, le segnalazioni arrivate in questo periodo estivo sono state più di un centinaio. Non è che all’improvviso siano aumentati i reati contro gli esseri più indifesi. Quello che è cambiato è che oggi i cittadini denunciano di più, sapendo che i responsabili avranno meno possibilità di farla franca. Le forze dell’ordine e la magistratura hanno invece a disposizione uno strumento che consente davvero di reprimere azioni che spesso restavano impunite. L’aumento delle pene apre realmente le porte del carcere a chi commette i reati più gravi. E le sanzioni economiche accessorie previste per tutte le fattispecie di reato sono un deterrente per certi versi ancora più forte».



















































Il caso della persona sanzionata a Chieti con una multa di mille euro per la detenzione del proprio cane alla catena è emblematico. Questa pratica, vero e proprio maltrattamento, è stata a lungo tollerata, quando non considerata «normale». Oggi gli agenti della polizia locale, ma anche le guardie zoofile, possono intervenire su segnalazione di cittadini oppure in autonomia e sanzionare l’illecito con multe fino a 5 mila euro. «La legge funziona e per l’Italia è una grande vittoria di civiltà – ribadisce Brambilla -. La sua sola esistenza ha richiamato l’attenzione su reati che prima erano considerati minori. Il vero salto culturale è stato il passaggio alla tutela diretta degli animali, mentre prima il codice penale puniva i delitti contro di loro solo per l’effetto che avevano sui nostri sentimenti e sulla nostra compassione. Ora qualunque animale, non solo cani o gatti, è tutelato in quanto essere senziente e soggetto del diritto. È questa la svolta epocale».

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6 settembre 2025