La scoperta di un sito dove era possibile acquistare l’accesso a videocamere private è l’ennesima riprova che il concetto di privacy sta scomparendo dal nostro orizzonte culturale.

Nel 1890 sulla Harvard Law Review esce l’articolo «The Right to Privacy» dove si definisce per la prima volta la privacy come «il diritto a essere lasciati in pace» da sguardi indiscreti. Nel 1955, lo scrittore William Faulkner, per difendere la sua vita privata dalla stampa scandalistica, scrive un micidiale pamphlet, «Privacy», contro il consumo vorace e ossessivo della vita degli altri. Invano. Oggi la privacy è un privilegio coltivato da pochi.



















































Lo sviluppo delle nuove tecnologie, dal web agli algoritmi, all’AI, ignora volutamente la nozione di «sfera personale», la trascende come fosse un residuo del secolo scorso, uno scampolo morale che annega in una trasparenza totale e voyeuristica, come stesse elaborando un nuovo «stato d’animo» che non prevede più la tutela dell’individuo.

Per la generazione che sta crescendo in un mondo globalmente interconnesso, ansiosa di condividere con tutti ogni momento della propria vita attraverso i social, la privacy non sembra più essere una posta in gioco. L’architettura sociale prevede solo case di vetro dove il soggetto che guarda sa di essere guardato, dietro fragili ripari.

7 settembre 2025