L’attrice ricorda il grande stilista: «A Milano alloggiavo sempre nel suo hotel e lui mi faceva trovare una valanga di rose bianche. Non dimenticava un compleanno»
Elena Sofia Ricci ha saputo della morte di Giorgio Armani da una collaboratrice del grande stilista: «Avevo chiamato il suo hotel, dove alloggio sempre quando sono a Milano, ma ho sentito la voce rotta della persona a cui faccio riferimento per le prenotazioni. Era sinceramente addolorata, come quando scompare una persona cara: quella era davvero una famiglia di cui lui era a capo e non ho mai sentito nessuno, che lavorasse per Armani, parlarne male, in tutti questi anni»
Per lei come è stato ricevere quella notizia?
«Un colpo. Sapevo che non stava molto bene, ma Giorgio Armani era tra quelle poche persone che pensi non moriranno mai, che saranno immortali. Lui, però, lo sarà veramente: continuerà a vivere per sempre perché era un artista, come Picasso, Bernini, Caravaggio. Sarà sempre tra noi attraverso i suoi abiti, che sono vere opere arte».
Come vi eravate conosciuti?
«Per me lui era un mito da sempre. L’ho conosciuto, però, tanti anni fa, a Firenze, dove entrambi ricevevamo un premio: lui come grande stilista, io come attrice emergente. In quella occasione dissi che amavo Firenze, dove sono nata, e i fiorentini, ma che ero più legata a Roma, città dove sono cresciuta. Bene, lui quella ingenua sfacciataggine se la ricordò per sempre, tanto che da allora, ogni volta che ci siamo incontrati, in tutti questi anni, me lo ripeteva: “Ma ti ricordi cosa hai detto quel giorno a Firenze?”».
Da lì è nato il vostro rapporto.
«Era generoso e molto, molto attento. Ogni volta che venivo a Milano alloggiavo nel suo hotel e lui mi faceva trovare valanghe di rose bianche. Lo invitavo a tutte le prime dei miei spettacoli e non mancava un’occasione, un compleanno, in cui non ricevessi un suo pensiero accompagnato da un biglietto: li ho conservati. E poi questo gigante, questo re indiscusso era anche terribilmente umile, semplice e disponibile».
Perché lo aveva scelto come stilista?
«C’è una ragione profonda, indipendente dalla simpatia reciproca. Io ho sempre pensato che lui avesse compreso molto il femminile. Un femminile che stava diventando altro da quello di una volta. Nei suoi abiti, che si riconoscevano lontano mille chilometri, mi sentivo a mio agio, giusta e pulita . Questo era il suo cruccio, essere rispettoso delle nostre anime: ci ha fatto essere libere, facendo emergere la nostra parte maschile ma conservando un rispetto del femminile altissimo».
Era anche molto preciso?
«Rigoroso. Lui voleva vedere tutto degli abiti che tutte noi indossavamo, era estremamente attento. A volte gli abiti ti intrappolano in qualcosa che travalica te, ma Armani non lo faceva mai: lui voleva che noi fossimo perfettamente a nostro agio nel suo abito. Credo che anche per questo fosse amato da tutti, perfino dagli altri stilisti».
Lo ha definito un artista.
«E un intellettuale. La sua mente era sempre molti passi avanti. Ricordo un episodio: la tradizionale cena che si fa la sera prima di una sfilata, nel 2020. C’eravamo io, Valeria Golino e molte altre persone quella sera e Roberta (Armani, ndr.) era molto agitata. A un certo punto, verso mezzanotte, disse: zio Giorgio ha deciso di annullare la sfilata di domani. A molti sembrò strano, qualcuno aveva anche avuto da ridire, invece lui che per primo fece quella scelta, con quel gesto chissà quante vite salvò»
7 settembre 2025 ( modifica il 7 settembre 2025 | 07:54)
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