di
Greta Privitera
La giornalista ex direttrice di Vanity Fair America e del New Yorker: «Vorrei intervistare la premier Meloni, mi incuriosisce la sua storia, mentre non provo curiosità per Netanyahu, so esattamente che cosa mi risponderebbe»
D0mande a raffica: «Mi spieghi com’è Giorgia Meloni»; «Ma si può ancora definire di estrema destra?»; «Che rapporto aveva con Silvio Berlusconi?». Dovremmo essere noi a intervistare lei, ma Tina Brown, la giornalista dal curriculum stellare — ex direttrice di Vanity Fair America e del New Yorker, fondatrici del Daily Beast, editorialista, conduttrice e scrittrice — non può fare a meno di chiedere, informarsi, capire. Nel giardino di un elegante hotel di Venezia, a margine dei DVF Awards, i premi di Diane von Furstenberg dedicati alla donne, Brown parla con passione di autoritarismi, giornalismo e di come si sopravvive «se sei l’unica donna nella stanza». E ci costringe a partire da quella che pensavamo sarebbe stata la nostra ultima domanda.
Se dirigesse un giornale, chi vorrebbe in copertina?
«Giorgia Meloni. Mi incuriosisce, vorrei sapere tutto di lei. Le sue origini, la sua gestione del potere. Invece non ho interesse per Benjamin Netanyahu, saprei esattamente cosa risponderebbe, idem per Volodymyr Zelensky, che ammiro. Certo, sogno di conoscere i segreti di Vladimir Putin, ma anche Melania Trump non sarebbe male. Il rischio è che non direbbe nulla di avvincente perché ha fatto un patto con il diavolo. Chiederei a una delle mie penne preferite di seguirla per un mese e scrivere il miglior ritratto possibile».
Il diavolo è il marito Donald Trump?
«Ho sempre pensato che lui la tema. Hanno un tratto in comune: la crudeltà. Donald la esercita sul mondo, lei su di lui. È gente che vuole tutto a ogni costo. In questo suo ultimo mandato, sta mostrando la sua avidità. È mosso solo dal denaro, vuole arricchirsi tramite la presidenza americana: è un truffatore».
Come giudica questi primi otto mesi?
«Devastanti e inattesi. Trump non ha mai digerito la sconfitta con Biden, che ha portato al 6 gennaio. Nei quattro anni di attesa ha pianificato il ritorno. La sua rabbia e la sua voglia di vendetta sono così forti che ormai è diventato un fascista a tutto tondo. Siamo sull’orlo della legge marziale. Sta mandando l’esercito nelle città a maggioranza democratica dicendo che la criminalità è un’emergenza: tutto falso. Licenzia chi non la pensa come lui, ha quasi il controllo totale della Fed e della Corte Suprema. E tutti si piegano al suo volere. Anche le università stanno cedendo, devastate dai suoi ricatti. Erano gli ultimi avamposti di un’opposizione democratica».
Qual è la scelta di Trump che più l’ha scioccata?
«Chiudere Usaid (l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale), ma anche le deportazioni e il trattamento riservato ai media: ricatta per silenziare».
Lo ha mai incontrato?
«Negli anni ’90, su Vanity Fair, la nostra Marie Brenner scrisse che Trump sulla scrivania aveva discorsi tipo Hitler: andò fuori di testa. Era così arrabbiato che a una cena di beneficenza dove c’ero anche io le versò un bicchiere di vino addosso. Ha un complesso di inferiorità, è ossessionato di non aver mai ricevuto il rispetto che pensa di meritare. Il suo rapporto con Putin è un esempio: vuole essere lo zar».
Ma riesce a convincere almeno il 50% degli americani.
«Ha un’energia incredibile, ha carisma. Chiude i confini, licenzia, dice parolacce, accende guerre, le lascia lì, fa cose ed è quello che una parte della gente vuole vedere. Nessuno riesce a stargli dietro: si è sopraffatti. Mette in pratica ciò che si dice nei bar. E poi è anti-woke, ed è il vero motivo per cui ha vinto».
Quale errore potrebbe farlo cadere?
«Nemmeno il file Jeffrey Epstein. Credo che sarà qualcosa legato agli enormi tagli che ha fatto, quando causeranno una catastrofe. Penso a un disastro naturale che non saremo più in grado di affrontare».
Le manca dirigere i giornali?
«Mi mancano i giornali. Seguo newsletter molto belle, ascolto podcast, ma il giornalismo per me rimane quello investigativo, che trova cose nuove, che fa luce. Ora tutti hanno un podcast e io anche ho una newsletter che si chiama Fresh Hell. E ammetto di non comprare più tutti i giornali che compravo una volta, leggo molti siti, ma penso che niente dia senso alle giornata come una prima pagina, che per me ha questo rumore: “Sbang”».
Qual è l’esperienza lavorativa che più le è rimasta nel cuore?
«Il periodo al New Yorker è stato motivo di grande orgoglio. Ma a Vanity Fair mi sono divertita come non mai. Ero giovane, avevo 32 anni, arrivavo dal Regno Unito. Avevo persone fantastiche intorno, una tra tutte la fotografa Annie Leibovitz (ha fatto storia la copertina di Demi Moore nuda, incinta)».
Ai tempi, tutta la dirigenza Condé Nast era maschile.
«Ero l’unica ai piani alti. Dopo quattro anni a Vanity Fair, quando già avevo rivoluzionato la rivista e raccoglievo un sacco di pubblicità, ho scoperto che il direttore di GQ veniva pagato molto più di me. Vorrei poter dire che sono andata dal presidente a rivendicare i miei diritti, ma ho assunto un agente che lo ha fatto per me: stipendio raddoppiato».
E il suo essere anche madre?
«Per le donne della mia età è stato difficile. Al New Yorker eravamo in tante, amavano il mestiere ma volevamo stare anche con la famiglia. Ho due figli, uno dei quali affetto da autismo. Lui voleva che ogni sera alle 17 fossi a casa. Correvo per esserci, e le mie colleghe mi coprivano. Lo mettevo a letto e poi poteva capitare che tornassi al giornale. Avevamo creato una struttura che funzionava».
Perché ha lasciato Condé Nast?
«Me ne sono andata dopo 17 anni perché non sono riuscita a convincere il presidente, Si Newhouse, che il New Yorker doveva essere molto di più di un giornale: un programma tv, un festival. Mi disse “Stick to your knitting”, che letteralmente vuol dire “Stai ai tuoi ferri da maglia” ma che significa “fai il tuo, non impicciarti”. Per loro, il business era cosa da uomini, quindi non mio. Da quel giorno per me è finita. Avevo portato quei giornali al massimo del successo ed era l’ora di andarmene».
7 settembre 2025 ( modifica il 7 settembre 2025 | 08:47)
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