Il nuovo Piano sociosanitario della Regione Piemonte rischia di restare sulla carta se non verranno messi al centro gli infermieri. A dirlo con chiarezza è Ivan Bufalo, presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Torino, che sottolinea come l’attuazione del documento regionale sia strettamente legata alla disponibilità di personale qualificato. Secondo Bufalo, il sistema è già in affanno e senza un’inversione di rotta concreta si andrà incontro alla chiusura di reparti e al blocco delle attività assistenziali. Una preoccupazione condivisa da chi, da anni, denuncia il sottofinanziamento e la mancata valorizzazione delle professioni infermieristiche all’interno del Servizio sanitario nazionale.
Il nodo strutturale, il personale che manca
Per mettere al centro il territorio è necessario sanare la carenza di infermieri.
Il problema non è solo quantitativo, ma riguarda anche la capacità di pianificare e valorizzare le competenze.
Il nuovo Piano sociosanitario del Piemonte si propone di sviluppare un modello di assistenza che metta al centro il territorio, i bisogni dei cittadini e la prossimità delle cure. Tuttavia, come sottolinea Opi Torino, mancano i professionisti per dare concretezza a questa visione.
Bufalo ha dichiarato che oggi si è già costretti a chiudere o ridurre alcuni reparti per mancanza di personale. Questo scenario rischia di aggravarsi con la piena attuazione del DM77, il decreto che ha definito gli standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale in Italia.
Il piano prevede la creazione di Case della Comunità, Ospedali di Comunità e l’introduzione su larga scala dell’Infermiere di Famiglia e Comunità. Ma senza gli infermieri, le strutture restano inutilizzabili o sottoutilizzate.
La legge assegna all’infermiere un ruolo da protagonista, afferma Bufalo, ma il rischio reale è che questo ruolo venga depotenziato, con una fuga inarrestabile dei professionisti e una conseguente riduzione dei servizi assistenziali.
DM77 e attuazione disomogenea
Il DM77/2022, ha segnato una svolta normativa per l’assistenza territoriale, fissando standard precisi di presenza e funzionamento.
Il modello prevede una Casa della Comunità ogni 40.000 abitanti e un Infermiere di Famiglia e Comunità ogni 3.000 cittadini. L’obiettivo è garantire una rete sanitaria capillare, integrata e in grado di ridurre l’accesso improprio agli ospedali.
Tuttavia, a tre anni dall’approvazione, la realizzazione sul campo procede a velocità diverse. In molte regioni, comprese quelle con una buona organizzazione territoriale, la carenza di infermieri frena l’attivazione dei nuovi servizi. I dati raccolti confermano che il divario tra strutture realizzate e personale disponibile è uno dei principali ostacoli alla piena implementazione del modello.
La proposta di Opi Torino è chiara: aprire un tavolo regionale permanente con la partecipazione delle professioni sanitarie, delle aziende sanitarie locali, delle rappresentanze sindacali e della direzione regionale alla Sanità, con l’obiettivo di individuare soluzioni immediate e durature per il reclutamento, la valorizzazione e la stabilizzazione del personale infermieristico.
Non esiste alcun piano sociosanitario senza infermieri, ribadisce Bufalo. Senza infermieri, semplicemente non c’è salute.
Dall’assistenza ospedaliera a quella territoriale: una transizione incompiuta
La pandemia ha reso evidente la necessità di rafforzare la sanità di prossimità. Il DM77 nasce proprio da questa consapevolezza, traducendo in norme ciò che la crisi ha insegnato: il territorio deve diventare il primo presidio di salute pubblica. In questa prospettiva, l’infermiere rappresenta una figura chiave per garantire continuità, accessibilità e tempestività delle cure.
Tuttavia, se la trasformazione resta priva di investimenti strutturali sul capitale umano, le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità rischiano di restare contenitori vuoti. I fondi del PNRR sono stati stanziati per creare le infrastrutture, ma la componente professionale necessita di un piano parallelo e urgente, centrato sulle assunzioni e la formazione specialistica.
Il Piemonte, come altre regioni, si trova di fronte a un bivio. Da un lato, il disegno del nuovo sistema sociosanitario con standard elevati e obiettivi ambiziosi. Dall’altro, la realtà di una forza lavoro sanitaria che fatica a reggere il peso di quanto è stato pianificato. L’appello di Opi Torino non riguarda solo il presente, ma soprattutto la sostenibilità futura del sistema.
Non si tratta semplicemente di avere più personale. Si tratta di riconoscere che senza infermieri non si può parlare seriamente di sanità territoriale, continuità assistenziale e presa in carico integrata. È il momento, come ribadisce Bufalo, di passare dalla teoria alla pratica.
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