[@einaudieditore su Instagram, 24 giugno 2025]
Leggilooooooooooooooooooo.
“Strani disegni” è in libreria.
Lo ha scritto Uketsu (@uketsu_ ) e Stefano Lo Cigno (@steflcgn) lo ha tradotto.

Sfondo nero. Lo struzzo di Einaudi in bianco, con una maschera senza lineamenti. Maschere, struzzi, maschere. “Strani disegni” in verde acido.

[Roberto Saviano Official su YouTube, 27 giugno 2025]
E così mi sono imbattuto in questo performer, youtuber, scrittore giapponese. Uketsu. Senza volto, o meglio: indossa questa maschera. […] Mi ha incuriosito subito perché ho pensato a Miyazaki, all’uomo senza volto di Miyazaki. […]
L’horror di Uketsu si trasforma in atto artistico, che non vuole soltanto intrattenere, ma inquietare, muovere un pensiero.
[…] Il Teatro Nō, il Kuroko, sembra essere il riferimento evidente di Uketsu. […] Visto che conoscevo il personaggio, youtuber, ho diffidenza sui [sic] libri di chi fa video. […] Qui mi è sembrato talmente geniale il personaggio […] capace di descrivere l’incubo senza dover avere quella cifra tipica statunitense: l’incubo che mi deve far alzare i peli. […] Qui no, qui è far pensare.
[Libreria Feltrinelli di Pavia, 29 giugno 2025]
Prendo in mano il libro. Diciotto euro e cinquanta. Lo sfoglio, poi lo poso di nuovo sullo scaffale.
[Quarto piano di Casa Feltrinelli, 30 giugno 2025]
“Il problema della comunicazione editoriale è che si cerca di piegare il mezzo al contenuto. Se si vuole arrivare al grande pubblico, raggiungendo i giovani, bisogna saper parlare la loro lingua e quella del medium che li ospita. Sono pochi i casi in cui succede. Mi sembra che ci stia riuscendo Strani disegni, il romanzo uscito la scorsa settimana per Einaudi.”
“Lo hai comprato?”
“No.”
“E allora forse non funziona.”
“Però l’ho preso in mano.”
[Amazon, 8 luglio 2025]
Strani disegni è stato aggiunto al carrello. Grazie per il tuo ordine. Ti invieremo un’e-mail quando il tuo articolo sarà spedito.
[Whatsapp, 11 luglio 2025]
Immagine allegata: foto della copertina.
“Ne ho parlato ieri con le altre, volevamo comprarlo anche noi! Poi dimmi com’è.”
“Stasera te lo dico.”
[Aula del Master in Editoria, 14 luglio 2025]
“Nei prossimi giorni mi metto a scrivere qualcosa su Strani disegni.”
“Lo hai letto? Com’è?”
“… Mediocre.”
Ecco il succo. Il libro che “ha ridefinito i confini dell’inquietudine” è un testo mediocre. Non l’urlo di disgusto per il brutto, né il tremito della lingua che ammutolisce dinanzi al bello: la medietà ha pochi aggettivi, perché genera poco trasporto. In copertina c’è tuttavia uno struzzo, a cui si deve in fondo qualche parola, fosse anche per il fatto di non aver “mai nascosto la testa sotto la sabbia”.
Gli elementi fondamentali di un “thriller psicologico” sono due, senza che questa affermazione abbia un sapore definitorio: l’atmosfera e la verosimiglianza della trama. Si può forse dir meglio: atmosfera e verosimiglianza della trama sono ciò che distingue un libro mediocre da un buon libro, almeno per chi ai testi chiede qualcosa. Sull’atmosfera serve spendere qualche parola. Essa è ciò che accade sulla superficie delle parole, è la patina che vi si posa, il metallo delle concatenazioni sintattiche che si ossida e acquisisce riflessi cangianti. In breve, è l’idea gestaltica della maggior ricchezza del tutto rispetto all’insieme delle parti: si leggono parole neutre, quotidiane, e in virtù della loro collocazione queste ci appaiono come impregnate di un senso più ricco, che trascende il significato letterale.
Ma è sopra e tra le parole che si crea l’atmosfera, non al loro interno: ancora, è qui che si apre la faglia tra la buona narrativa e quella mediocre. Gli americani dicono show, don’t tell, come se fosse un precetto di Dio: io ritengo si debba dire “fa’ ciò che vuoi”, purché non mi si prescriva cosa percepire, soprattutto se non lo percepisco. Delle venticinque pagine che seguono l’introduzione di Strani disegni (pp. VII-X), circa quattordici sono occupate dalla trascrizione dei post del blog che fa da cornice alla trama. I personaggi discutono e riflettono dunque per una decina di pagine, immagini incluse. “Strano” ricorre sei volte; “sinistro” tre, di cui due tra pagina cinque e sette, nello spazio di due cartelle di testo; “paura” compare tre volte, una volta “pauroso”, una volta “inquietante”. Il risultato è un po’ grottesco, come spesso sono grottesche le reazioni dei creatori di contenuti sul web: chiunque sia cresciuto con YouTube e abbia imparato sulla propria pelle cosa valga la pena vedere, conosce il fenomeno dell’overreacting. Qui se ne ha una testimonianza scritta, deprecabile quand’anche si trattasse di uno stilema giapponese.
Messa da canto l’atmosfera, per verosimiglianza della trama intendo la sensazione suscitata nel lettore che l’articolarsi dei fatti sia coerente con il mondo finzionale in cui sono ambientati. In una Terra senza gravità (dunque fantastica, lontana dal reale), gli oggetti non cadono, e se lo fanno deve esserci una ragione che lo spieghi. Così, nella Tokyo dall’aspetto canonico che fa da sfondo al romanzo di Uketsu, le persone si incontrano, le vite si incrociano per caso: in sintesi, le coincidenze esistono. Ma la prerogativa di una coincidenza è la sorpresa, la sua rarità nel trascolorare senza volto degli eventi.
Chi scrive gialli è un tessitore. Seduto al telaio, tira i fili sapendo che si dovranno intrecciare: la narrazione si deve risolvere, deve emergere un disegno dalla trama. È un compito ingrato, perché il lettore vuole essere stupito nonostante se lo aspetti, ha comprato il libro per quello: una ventina di euro in media, non briciole, per qualche nodo ben ordito. Solo qualche nodo ben ordito, perché non tutto torna, né deve farlo. In gioco c’è la verosimiglianza della trama, la sensazione che non sia tutto perfetto a tal punto da sembrare irreale persino nella finzione.
Si può fare un esempio. Supponiamo di camminare in una città straniera e di incontrare un vecchio compagno di scuola. Lo salutiamo con entusiasmo, sorridendo del destino che ci ha condotti lì (“come è piccolo il mondo!”). Poniamo ora che quell’amico ci appaia durante il nostro viaggio successivo, e in quello dopo, e in quello dopo ancora, infinite volte: l’entusiasmo dei primi incontri si esaurirà presto, lasciando posto al fastidio, a una forma di straniamento. Se alla roulette esce sempre lo stesso colore è truccata, e giocare a un gioco truccato non è così divertente. Bene, nella finzione letteraria mi sembra accada lo stesso. Ogni volta che il meccanismo della verosimiglianza si inceppa, il lettore fa un passo indietro e aggrotta le sopracciglia: la realtà, anche quella più distante da noi, non funziona così.
Chiunque abbia letto il libro di Uketsu si renderà conto di averlo chiuso con in bocca il sapore implausibile delle scene finali, dove tutti i pezzi si appaiano e nulla va sprecato. Strani disegni si dà insomma in questo modo: tondo, artificioso e pertanto inverosimile.
Per fare un passo oltre si deve però dire qualcosa in più, perché un suono non è solo il contatto della corda con il martelletto: è anche la vibrazione che si diffonde nell’aria, che rimbalza sulle pareti, che prefigura la nota successiva e ritiene il silenzio che l’ha preceduta. E così il terremoto non è mero contatto tra due placche tettoniche, ma è il sismografo che oscilla, il lampadario che trema, i passi svelti della gente che si riversa in strada. In altre parole, un fenomeno è l’insieme di relazioni che si dipana da un nucleo, non un punto nello spazio. Più che la recensione del suo contenuto, allora, faremmo meglio a dire che è l’analisi del “fenomeno Strani disegni” a meritare un po’ di attenzione.
Uketsu è probabilmente un giovane sulla trentina. Aspirante mangaka senza successo, ripiega sulla scrittura, perché non disegna abbastanza bene. Apre un canale YouTube mentre è dipendente in un supermercato: la maschera, il costume e la voce alterata gli servono per non farsi riconoscere dai colleghi, verso i quali proverebbe vergogna. Forse per l’atteggiamento clownesco e weird, forse perché il travestimento sottrae dal pregiudizio, il giovane pubblico a cui si rivolge risponde subito con interesse.

In breve tempo accumula milioni di visualizzazioni e in Giappone, dove le persone sotto i quarant’anni non leggono più romanzi, Strani disegni vende oltre un milione e mezzo di copie.
Uketsu non è tuttavia scrittore più di quanto sia attore o regista: si limita a giocare con la forma-libro, allo stesso modo in cui gioca con la produzione video. Il medium è davvero un mezzo: egli crea a partire dal sostrato culturale che lo ha plasmato, con un linguaggio in cui immagini, testo e voce possono avere la stessa rilevanza, lo stesso valore. Poco importa che la gabbia di testo che riempie la pagina, con la purezza della sua linea e i rapporti definiti tra bianco e nero, diventi una cella “tutta lacera e rovinosa” in cui si innestano i disegni: se i giovani giapponesi non leggono, è perché non hanno affezione per l’oggetto-libro con i suoi abiti secolari. Cercano un intrattenimento che non somigli alla mano paterna delle generazioni passate che si allunga minacciosa su di loro. E Strani disegni non lo è: si fa romanzo, ma non è un romanzo in senso stretto. È un video su YouTube, una creepypasta su carta usomano. Proprio per questa ragione funziona, perché è un contenuto puro che s’intreccia a un mezzo.
Più o meno consapevolmente, Einaudi tutto ciò l’ha intuito. Lo si intende dalle scelte comunicative: i post con cui il libro è stato lanciato e promosso sono nello stile dell’autore, non nel canone degli editori. L’equazione è piuttosto immediata: se Uketsu sa rivolgersi ai giovani e ai giovani ci si vuole rivolgere, bisogna trovare i loro luoghi ed esprimersi con il loro stesso linguaggio. Facile a dirsi, bofonchieranno gli addetti ai lavori. Eppure, si consideri questo caso: degli ultimi venti video postati dal profilo TikTok della casa editrice, pochi superano le duemila visualizzazioni, e quelli che lo fanno, raramente arrivano alle cinquemila. Il video per il lancio di Strani disegni (quello menzionato in apertura) ne ha invece totalizzate quattro milioni e seicento mila, circa dieci volte in più rispetto al secondo video più visto sul profilo. Anche supponendo che una parte non sia organica, ma ottenuta tramite campagne a pagamento, è difficile immaginare un risultato più esplicativo.
Un’ultima osservazione. Poche righe più in alto si è usato “intuito”, e “intuito” non è “compreso”.
Oltre a essere il logo di una casa editrice generalista, lo struzzo Einaudi è ancora un simbolo, almeno per i discendenti di quei lettori che gli storici dell’editoria definiscono “pubblico Einaudi”. Se è dunque vero quanto si è detto, l’“aristocrazia intellettuale” einaudiana (con le parole di Gian Carlo Ferretti) non si lascia convincere da maschere e jingle interpretati dall’AI: ha bisogno di spessore, di profondità. Per questo la comunicazione di Strani disegni ha due facce. Da un lato la maschera di cartapesta di Uketsu, che con il suo linguaggio transmediale riesce a parlare ai giovani; dall’altro il volto noto e affidabile di Roberto Saviano, la cui autorevolezza deve convincere gli estimatori delle copertine bianche, deve persuaderli dell’idea che l’autore giapponese sia il nuovo non-volto della letteratura noir psicologica.
L’esito paradossale è che la cartapesta si mostra solida, l’intellettualismo piuttosto fragile. Su Strani disegni Saviano realizza un video (i cui punti salienti sono trascritti in apertura) e un’intervista per il “Corriere della Sera”. L’obiettivo è nobilitare Uketsu, incuriosendo il pubblico. Gli si pone allora sullo sfondo il teatro Nō, il valore culturale della maschera: lo si rende un critico acuto della modernità, con radici ben salde nella tradizione nipponica. Ma la sensazione è che non ci sia in Uketsu più teatro Nō di quanta critica crociana ci sia in questa analisi: se c’è, è mediato infinite volte, fluttuante in sospensione, di certo non “evidente”. Ancora, nessun immaginario consapevole in cui la maschera funge da tramite “tra il mondo dei vivi e il mondo degli spiriti che non trovano pace” (vestire i panni di un senza volto aiuta il processo creativo? Risposta: “Per quel che riguarda la mia professione di scrittore, no. Non l’ho mai percepita come un valore aggiunto.”). Tanto nel video quanto nell’intervista per il Corriere c’è più Saviano che Uketsu, più sovrainterpretazione che intenzione genuina, e la debolezza dell’approccio culturale alla comunicazione di prodotti come questo si mostra senza indugi.
Non serve neppure che lo si smascheri. L’anti-intellettualismo dell’autore giapponese è lì, manifesto:
“Molte persone vengono cresciute sentendosi dire che si deve leggere molto per diventare intelligenti.
[…] Io vorrei semplicemente dire loro che la lettura non è altro che un passatempo, qualcosa a cui dedicarsi in tutta tranquillità, senza pensare ad altro.” Chi ha letto Strani disegni convinto di sentirsi sferzato da un vento d’avanguardia storcerà il naso e svilupperà presto una forma di diffidenza verso i giudizi dei “volti noti”. In un panorama di influenze a pagamento, dei recensori ci si fida sempre meno e scelte come queste esacerbano la malattia.
Strani disegni non è un capolavoro, né fa “pensare” poi molto. Però, mentre gli scaffali s’affollano di libri-simulacri, di volti scintillanti di webstar che si spera vendano qualche migliaio di copie, Einaudi dà spazio a un personaggio per cui il libro non è merchandising, ma l’esito di un conatus produttivo. Uketsu è mediocre, ma scrive. Lunga vita a Uketsu.

Niccolò Vittorio Pasetti (1998) è laureato in Scienze Filosofiche all’Università di Milano e ha frequentato il Master in Editoria dell’Università Cattolica. Ha tradotto il saggio Rivoluzione ed evoluzione di L.I. Mečnikov (Massari Editore, 2025) e collabora con riviste accademiche e culturali.


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