«Contrastare l’occupazione, porre fine allo sfollamento forzato della popolazione palestinese e mantenere viva la soluzione dei due stati». È con queste motivazioni che ieri Pedro Sánchez ha annunciato l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di un pacchetto di sanzioni nei confronti di Israele. Il premier socialista si è detto conscio del fatto che le misure adottate «non basteranno a fermare l’invasione e i crimini di guerra, ma speriamo che servano ad aumentare la pressione su Netanyahu, ad alleviare le sofferenze della popolazione palestinese e a far sì che l’opinione pubblica spagnola sappia che il suo paese, di fronte a questo episodio infame, è dalla parte giusta della storia».
Il decreto legge per «fermare il genocidio» contiene nove provvedimenti, il principale dei quali è lo stop alla compravendita di armi con Israele. E poi: divieto di transito per le navi che trasportano carburante verso Tel Aviv e per gli aerei con equipaggiamento militare israeliano a bordo, divieto di accesso nel paese alle persone con un ruolo diretto nel genocidio e massima limitazione dei servizi consolari forniti ai cittadini spagnoli che vivono nelle colonie illegali, aumento del sostegno all’Autorità nazionale palestinese ai fondi destinati a Unrwa (l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi), stop alle importazioni di prodotti israeliani realizzati nei Territori occupati e incremento degli aiuti umanitari. Pur ricordando le immani sofferenze patite dal popolo ebraico e che la Spagna sostiene il diritto di Israele alla difesa e alla sicurezza, «il governo ritiene che proteggere il proprio paese sia una cosa e bombardare ospedali e uccidere bambini innocenti un’altra».
La reazione del governo Netanyahu è stato immediata, a partire dalla scontata accusa di antisemitismo. Il ministro degli esteri israeliano Gideon Sa’ar ha affermato che le sanzioni sono «un evidente tentativo del governo corrotto di Sánchez di distogliere l’attenzione dai gravi scandali di corruzione», annunciando il divieto d’ingresso in Israele per la vicepremier Yolanda Díaz e la ministra Sira Rego. Da parte sua il ministro degli esteri spagnolo, José Manuel Albares, ha richiamato in patria la sua ambasciatrice in Israele, Ana María Solomon, per consultazioni.
Mentre le due destre – PP e Vox – condannano la decisione, ricalcando le argomentazioni di Sa’ar, i soci di sinistra del governo giudicano positivamente le sanzioni, invitando il premier a proseguire e chiedendo – in particolare Sumar – la rottura delle relazioni con Israele. Podemos giudica invece tardive e insufficienti le misure. «Sánchez annuncia un embargo alla vendita di armi che il governo afferma di portare avanti già da mesi. Riconosce così che ha mentito», ha detto la segretaria del partito viola Ione Belarra.