di
Anna Fregonara
L’allenamento con i pesi in palestra contrasta la perdita di massa muscolare e riduce alcuni marker infiammatori. Ma anche semplici attività alla portata di tutti hanno effetti positivi
Attività fisica e salute dei reni? È un binomio a cui non viene spontaneo pensare. Quando si parla di esercizio, infatti, la mente corre subito ai benefici più noti: mantenere un peso sano, tenere sotto controllo la pressione arteriosa e il colesterolo, aumentare la forza muscolare, ridurre lo stress e migliorare l’umore. Eppure, la lista dei vantaggi sembra essere ancora più lunga. Un contributo per riflettere in questa direzione arriva da un lavoro premiato dal British Journal of Sports Medicine, in cui si racconta un progetto di dottorato che ha coinvolto oltre mille pazienti con malattia renale cronica. L’attività fisica, in particolare l’allenamento contro resistenza, lo stesso principio su cui si basa l’allenamento con i pesi in palestra, potrebbe avere un ruolo nel migliorare la performance fisica, la massa muscolare e alcuni parametri infiammatori in chi soffre di questa patologia. Colpisce oltre il 10% della popolazione mondiale e, non solo compromette a poco a poco la funzione renale, ma si associa anche a fragilità fisica, infiammazione cronica e un aumento del rischio cardiovascolare.
I risultati
Dall’analisi di un ampio insieme di ricerche già pubblicate, comprese metanalisi e studi clinici condotti dallo stesso gruppo, emerge che l’allenamento contro resistenza, se personalizzato in base allo stadio della malattia e al livello di fragilità del paziente, può contribuire a contrastare la perdita di massa muscolare, migliorare la qualità della vita e ridurre alcuni marker infiammatori. Non ci sono invece al momento evidenze consolidate che dimostrino un impatto significativo sul rallentamento del declino della funzione renale. Una parte importante degli effetti osservati sembra ricondursi ai meccanismi biologici e molecolari attivati dal movimento. In particolare, l’allenamento contro resistenza sembra essere associato alla modulazione di specifici microRNA, piccole molecole regolatorie coinvolte in processi come l’infiammazione, la riparazione muscolare e la salute vascolare. Un’altra scoperta riguarda la proteina Klotho, già nota per il suo ruolo nella regolazione del metabolismo fosfocalcico, dell’invecchiamento e della funzione renale. Klotho potrebbe agire come una «exerkina», ovvero una molecola rilasciata in risposta all’esercizio fisico, capace di generare effetti benefici a livello sistemico. Il suo aumento è stato associato a un profilo infiammatorio più equilibrato, a un miglior funzionamento del metabolismo e a una maggiore protezione del sistema vascolare.
Per chi è in dialisi
È stato messo in luce anche il potenziale dell’esercizio fisico nei pazienti sottoposti a emodialisi, una fase avanzata e delicata della malattia renale cronica. In questo contesto, l’allenamento sembra portare a miglioramenti nei marker della sarcopenia, cioè la perdita di massa e forza muscolare, e a una riduzione del rischio di mortalità. Inoltre, è stato osservato un impatto positivo sulla salute endoteliale, importante nella prevenzione delle complicanze cardiovascolari. Un risultato interessante riguarda l’uso dell’allenamento con restrizione del flusso sanguigno: questa tecnica, che prevede una leggera compressione controllata durante l’esercizio, sembra essere altrettanto efficace rispetto all’allenamento contro resistenza convenzionale, ma con carichi di lavoro inferiori e maggiore tollerabilità, risultando così adatta anche ai pazienti più fragili.
I benefici
Si è iniziato a parlare di attività fisica e reni già a metà degli anni Ottanta. Nonostante la ricerca sia a poco a poco andata avanti, il movimento resta sottoutilizzato nella pratica clinica nefrologica, forse si fatica a superare le reticenze, spesso legate alla fragilità percepita dei pazienti, e di includere protocolli di esercizio fisico nei programmi terapeutici sin dalle fasi precoci della malattia, personalizzandoli in base alle condizioni cliniche individuali. «In effetti gli effetti positivi dell’attività fisica su una serie di parametri clinici in pazienti con ridotta funzione renale sono noti da tempo e questi benefici si estendono a tutto lo spettro della malattia renale, dalle forme iniziali fino a coloro che sono in dialisi, ovvero quelli con il quadro più severo di danno renale» commenta Pietro Manuel Ferraro, professore ordinario e direttore della Scuola di Specializzazione in Nefrologia all’Università di Verona. «Indubbiamente l’evidenza disponibile, unitamente al progressivo invecchiamento della popolazione compresa quella delle persone con nefropatia, deve indurre a una maggiore proattività da parte del nefrologo verso questo approccio non farmacologico».
Idee da copiare
La National Kidney Foundation (Nkf) condivide sul suo sito alcuni esercizi per sfruttare la stagione e mettersi in moto.
- Camminata: è un esercizio sottovalutato che non riceve abbastanza credito. Per renderlo più divertente, crea un gruppo di camminata con gli amici o muoviti al ritmo della tua musica preferita.
- Escursionismo: imbocca i sentieri per un allenamento rilassante nella serenità della natura.
- Bicicletta: rispolverala e inizia a pedalare. È un ottimo modo a basso impatto per allenare i principali gruppi muscolari allo stesso tempo.
- Attività di gruppo: molti centri offrono programmi gratuiti o a basso costo come yoga, tennis, nuoto.
- Pulizie: le faccende domestiche sono un ottimo modo per far muovere il cuore, quindi apri le finestre e pulisci a fondo.
«Le raccomandazioni della Nkf sono un utilissimo punto di partenza per iniziare a trasmettere alle persone affette da malattia renale l’importanza dell’esercizio fisico giornaliero» conclude il professor Ferraro. «Ovviamente le modalità migliori di esecuzione del programma di attività fisica andranno ritagliate sulla singola persona, sulle sue esigenze e sulle condizioni generali».
27 luglio 2025
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