Più 11% del costo del pane nella grande distribuzione organizzata e più 32% per la pasta nelle farmacie dal 2016, data in cui sono stati aggiornati l’ultima volta i tetti massimi di spesa dei buoni per i celiaci per l’acquisto della loro dietoterapia. Sono i numeri che l’Associazione italiana celiachia mette sul tavolo per chiedere l’eliminazione dell’Iva sui prodotti senza glutine.

«Se è vero che il caro vita colpisce tutte le famiglie e gli aumenti sono in linea con l’inflazione che interessa la popolazione generale, è altrettanto vero che per i consumatori celiaci l’aumento incide su dati già rilevanti», si legge in una nota stampa: «il costo del pane e della pasta senza glutine resta di circa tre volte superiore a quello dei prodotti analoghi con glutine, mentre il mix di farine senza glutine arriva a essere quasi cinque volte più caro rispetto alla farina tradizionale (fonte dati Nielsen)».

Queste differenze dipendono dai costi di produzione aggiuntivi, come l’approvvigionamento di ingredienti specifici, che devono essere garantiti senza glutine, da processi produttivi più complessi e dai rigorosi controlli di qualità per prevenire la contaminazione da glutine. Ma il fattore più significativo nella definizione dei prezzi è legato al mercato del senza glutine considerato di nicchia in Italia: «Anche se in costante crescita, riguarda soltanto l’1-2% della popolazione».

L’Aic, che dal 1979 è impegnata nella tutela della popolazione celiaca, ha presentato alle istituzioni italiane una proposta per eliminare l’Iva sui prodotti senza glutine. «In Italia i prodotti alimentari considerati di prima necessità (ad esempio pane, pasta, latticini, ortofrutta) sono tassati con Iva al 4%, mentre molti dei prodotti specifici per celiaci hanno l’Iva al 10%». La proposta di Aic prende spunto da iniziative analoghe realizzate in Spagna e in Portogallo, Paesi che hanno azzerato o ridotto l’Iva sui prodotti destinati ai celiaci.

La situazione attuale

In Italia le persone celiache hanno diritto all’erogazione gratuita degli alimenti sostitutivi senza glutine tramite buoni acquisto emessi dal Servizio sanitario nazionale: i tetti di spesa sono definiti dal Ministero della Salute in base ai “Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia” che sono suddivisi per fasce d’età e per sesso. I tetti di spesa vengono calcolati partendo dal prezzo medio di alcuni prodotti sostitutivi di base (pane, pasta, mix di farine) e dal fabbisogno calorico giornaliero di questi prodotti che si stima rappresentino in media il 35% dell’alimentazione di una persona. Il valore mensile del buono viene poi maggiorato del 30% per includere particolari esigenze nutrizionali. L’aumento dei prezzi incide in modo significativo sul potere di acquisto dei buoni spesa mensili (per approfondimenti sui tetti di spesa e analoga legislazione clicca qui).

Se i prezzi crescono e il buono resta invariato, il potere d’acquisto diminuisce creando sempre più difficoltà a chi è celiaco

Rossella Valmarana, presidente di Aic

«La dieta senza glutine è l’unica terapia disponibile per la celiachia e va seguita con rigore per tutta la vita: se i prezzi crescono e il buono resta invariato, il potere d’acquisto diminuisce creando sempre più difficoltà a chi è celiaco. Garantire la copertura dei fabbisogni nutrizionali dei celiaci permette inoltre di evitare i costi sociali e sanitari causati da una celiachia non trattata correttamente», dichiara la presidente di Aic Rossella Valmarana. «Abbiamo calcolato che se tutti i prodotti sostitutivi fossero tassati allo 0% seguendo l’esempio della Spagna, il risparmio medio settimanale per un celiaco sarebbe di circa due euro, che, moltiplicato per 52 settimane, porta a circa 100 euro annui, migliorando il potere di acquisto degli oltre 260mila celiaci diagnosticati».

Il Sistema Celiachia Italia

L’Italia è un Paese all’avanguardia nella tutela delle persone con celiachia e quello che viene definito il “Sistema Celiachia Italia” è un modello a cui si ispirano molti Paesi europei e nel resto del mondo. Quest’anno ricorre il ventennale della legge 123/2005, norma quadro a tutela dei soggetti con celiachia fortemente voluta da Aic che per la prima volta ha definito la celiachia “malattia sociale” e istituito una serie di norme e tutele per garantire il pieno inserimento dei celiaci in società: ha introdotto il diritto al pasto senza glutine nelle mense delle strutture scolastiche e ospedaliere e in quelle delle strutture pubbliche e all’erogazione gratuita dei prodotti che oggi la norma europea definisce “specificamente formulati per celiaci – senza glutine”, con limiti massimi di spesa fissati dal Ministro della Salute; ha stabilito l’importanza di formazione e aggiornamento professionali della classe medica ma anche di ristoratori e albergatori. Infine, ha istituito la Relazione al Parlamento, il documento di riferimento sulla celiachia in Italia pubblicata ogni anno dal Ministero della Salute.

Il modello di assistenza italiano è di interesse anche del Parlamento europeo: Aic aderisce alla petizione promossa da Smap (Associazione Celiachia Catalana) per chiedere al Parlamento europeo una direttiva quadro europea sulla celiachia che si ispira al modello italiano. Questo il link alla petizione.

Fotografia di Spencer Davis su Unsplash

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