Yoga. O magari Pilates. Ma non solo per tenersi in forma. Queste attività, aiutando a ridare la consapevolezza del proprio corpo e degli sforzi fisici che si stanno facendo, potrebbero diventare strumenti fondamentali per combattere quella stanchezza che fa sentire già a pezzi di prima mattina.
A far ipotizzare (siamo solo a questo punto) questi originali trattamenti per la stanchezza che non passa mai, non migliora con il riposo e magari si accentua quando si entra nell’autunno, quando i cambiamenti nella temperatura, nelle ore di luce e nella routine quotidiana aumentano in molti la sensazione di fatica, è una ricerca condotta da esperti dell’università di Verona nell’ambito del programma MNESYS sulle neuroscienze, il più ampio mai realizzato in Italia e in Europa con circa 800 scienziati a lavoro in oltre 90 centri in tutto il Paese.
Un cortocircuito cerebrale
La stanchezza invincibile potrebbe dipendere da un “cortocircuito” nel cervello, meno capace del dovuto di valutare realisticamente quanto sforzo serva per compiere un’azione.
Mirta Fiorio e Angela Marotta, del Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona, lo hanno dimostrato in persone con patologie neurologiche in cui la stanchezza è molto comune, come la malattia di Parkinson, e in persone sane che si sentono più affaticate del normale nella vita di tutti i giorni.
“La fatica è utile, serve a proteggerci da uno stress eccessivo che potrebbe essere dannoso per il benessere fisico e mentale – spiega Mirta Fiorio, professore ordinario di neuropsicologia dell’Università di Verona. Può però diventare un problema, se è così pervasiva da non risolversi neanche con il riposo o se è un tratto di personalità, una tendenza a sentirci stanchi ancora prima di agire. I nostri dati mostrano che esiste una stretta relazione fra la stanchezza e un ‘difetto’ nel processo che integra le informazioni sensoriali e motorie che arrivano al cervello e che è fondamentale per il controllo volontario delle azioni. Quando vogliamo compiere un gesto, infatti, il cervello ‘prevede’ sulla base dell’esperienza le sensazioni che proverà affrontandolo e ne regola l’intensità percepita”.
Studiate persone con Parkinson e non solo
“Studiando 77 persone con Parkinson o disturbi neurologici funzionali in cui la fatica è un sintomo frequente e invalidante, utilizzando un test di forza target (cioè la pressione esercitata su un dito da un braccio robotizzato) si è visto che nei pazienti con stanchezza patologica, e non in quelli senza, le sensazioni motorie vengono percepite più intense del dovuto. Così il cervello diventa meno preciso ed attribuisce un livello di sforzo maggiore alle proprie azioni e ritenerle perciò più faticose di quanto siano in realtà.
“La fatica patologica sembra derivare dal ripetersi di queste previsioni errate associate al movimento– interviene Angela Marotta, ricercatrice del Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona”.
I ricercatori Mnesys hanno quindi studiato lo stesso fenomeno nella popolazione generale, analizzando 50 persone in cui la fatica non è un sintomo di malattia ma una compagna assidua di tutte le giornate. “Le prime osservazioni rivelano che anche in chi ha la tendenza più marcata a sentirsi affaticato nella vita di tutti i giorni il cervello ha una minore capacità di ridurre l’intensità delle sensazioni che provengono dai propri movimenti – riprende Fiorio.
Questo fa ritenere le azioni più faticose del dovuto, amplificando la stanchezza, e porta anche ad avere una percezione di minor controllo sulle proprie azioni. Ciò spiega perché sentirsi affaticati spesso si accompagna alla sensazione di non essere pienamente in grado di portare a termine i compiti che ci prefiggiamo, come se qualcosa ci impedisse appunto di avere il pieno controllo delle nostre azioni. Sulla base di questi primi risultati potremmo perciò ipotizzare nuove strategie di intervento, preventive e di trattamento per migliorare la qualità di vita di chi convive con la fatica patologica e anche di chi ha una predisposizione a sentirsi privo di energie”.
In questo senso, una strada da esplorare in studi futuri potrebbe essere, per esempio, quella di sfruttare tipi di attività fisica, come lo yoga e il pilates, che aiutano a rafforzare la consapevolezza del proprio corpo. “Potrebbero rappresentare un utile allenamento per il nostro cervello a prevedere in modo corretto le sensazioni legate al movimento, prevenendo così il senso di stanchezza – conclude l’esperta”.
Contromisure generali
Detto che se ci si sente sempre stanchi occorre farsi indicare la via da seguire dal medico, in questo periodo il consiglio è di prestare attenzione al sonno. Quando è insufficiente (per qualità o quantità) la carenza di riposo porta ovviamente a stanchezza sia per l’alterazione di un normale ritmo corporeo, che influisce sulla normale regolazione ormonale del cervello (ad esempio sulla secrezione di melatonina), che per la mancanza del necessario “rilassamento” muscolare.
Infatti per riposare i muscoli occorre che questi si rilassino, cosa che avviene in una determinata fase del sonno chiamata REM. Se il riposo non è sufficiente e non c’è questo “periodo” la stanchezza non si risolve.
Non va poi sottovalutata la possibilità che ci si sente giù. Ricordate che chi ha l’umore un po’ cupo può sentirsi più facilmente stanco anche perché la possibile carenza di neurotrasmettitori che facilitano il passaggio degli stimoli nervosi tra i neuroni può avere effetto in questo senso. Ed il cervello recepisce questa rallentata trasmissione con la difficoltà a mantenere i normali ritmi.
Sul fronte dell’alimentazione, ricordate che una dieta eccessivamente squilibrata dopo un certo periodo porta a sentirsi più stanchi. I motivi? Innanzitutto non si produce energia da cibi per carenza di glucidi lipidi e proteine, e quindi non è disponibile in quantità sufficiente Adenosin-tri-fosfato (ATP), la principale fonte energetica per le reazioni cellulari. Ma non basta.
Soprattutto per le donne, ma non solo, si può sviluppare una carenza di ferro, e quindi di emoglobina (la sostanza che trasporta l’ossigeno nei globuli rossi). Quindi i muscoli hanno meno “carburante” gli sforzi sono più difficili da sopportare. Infine fate attenzione allo stress e alle infezioni. Tecnicamente infatti ci si sente stanchi quando i muscoli non sono in grado di sostenere la normale prestazione. E questo può derivare da un eccessivo sforzo, dalla carenza di energia al muscolo o dalla presenza di una serie di alterazioni legate ad esempio a un’infezione, che interessano l’intero organismo e riducono la produzione di energia da parte delle cellule.
Se è in corso un’infezione, che magari non provoca particolari sintomi come un banale mal di gola da streptococco, nel corpo si possono diffondere tossine che “danneggiano” i citocromi, particolari unità operative dei mitocondri, le centrali di produzione di energia delle cellule. E quindi la spossatezza rimane padrona
Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.