ANEMONE. Nelle sale

Diciamo la vera-verità: l’interesse per Anemone è legato soprattutto al curriculum vitae del suo debuttante regista, Ronan Cal Day-Lewis, 27 anni, figlio di Daniel Day-Lewis, da molti considerato il più grande attore vivente, al rientro dopo una pausa di otto anni, cioè dal bellissimo Il filo nascosto, e della regista e scrittrice Rebecca Miller. Ronan è dunque nipote del drammaturgo Arthur Miller, che fu il marito intellettuale di Marilyn Monroe, ma è anche il fratello di Cashel e il fratellastro di Gabriel, la cui madre è Isabelle Adjani. Colossi del cinema e della letteratura che devono pesare non poco sulle sue tenere spalle di deb. Ronan, tuttavia, ha un duplice merito: di aver convinto papà Daniel a rientrare nell’arena e di aver portato in scena un suo script trasformandolo in un’esperienza drammatico-sensoriale, in cui dialoghi, sensazioni, sentimenti vengono coniugati con i cinque sensi, parlando di colpa e responsabilità, del rapporto spesso impervio tra fratelli, di solitudine, dolore, violenza, dell’incapacità di perdonarsi e di come invece sia possibile sentirsi parte del cosmo, nonostante tutto. 

Un film chic, capace di sorprendere, talvolta indugiante, forte di una evidente vena autobiografica che non esce solo dai disegni sui titoli di testa, funzionali al movimento di fantasmi e incubi che accompagna il racconto. Il protagonista si chiama Stoker, come l’autore di Dracula. Quel Ray Stoker vive da vent’anni in una baita nei boschi del Nord Irlanda, come un animale selvatico, lontano dalla civiltà e dalla famiglia, ossia il figlio adolescente Brian (Samuel Bottomley), piuttosto tormentato nonostante l’amore nascente di Hattie (Safia Oakley-Green), e l’ex fidanzata Nessa (Samantha Morton) che si è rifatta una vita con il fratello di Ray, Jem (Sean Bean). Il disagio di Brian cresce e Jem decide di spingersi fino all’eremo di Ray per convincerlo a lasciare la natura, gli adorati anemoni, la pittura e tornare a casa. La ragione della fuga di Ray, soffocata in un passato remoto e prossimo, non va rivelata perché è l’essenza del racconto.

Vent’anni non sono bastati a sedare la coscienza di Ray. Non è stato sufficiente l’isolamento, e nessun conforto è venuto dal dialogo francescano con sé stesso, in un’esistenza di sottrazione. L’uomo è orgoglioso e ritiene di aver subito un’ingiustizia. Per questo rifiuta il rapporto con Dio e si rifugia in una straziante, lunghissima espiazione. Motivato dalla lunga assenza dal set e dal piacere di lavorare per il figlio, Daniel Day-Lewis regge lo psicodramma sulle sue spalle per 120-minuti-120 (che potevano anche essere venti di meno) e spolvera lo schermo con la solita prova da fuoriclasse o, se preferite, da Oscar. Tutti gli altri non possono che risultare comprimari, benché a livelli altissimi. 

ANEMONE di Ronan Day-Lewis 
(Usa-Regno Unito, 2025, durata 121’, Universal Pictures) 

con Daniel Day-Lewis, Sean Bean, Samantha Morton, Samuel Bottomley, Safia Oakley-Green 
Giudizio: 4 su 5 
Nelle sale