Un’indagine condotta dall’organizzazione Essere Animali rivela un dato allarmante: oltre il 90% dei petti di pollo venduti a marchio Conad, Coop ed Esselunga presenta i segni di una miopatia muscolare nota come “white striping”. Questo fenomeno, visibile sotto forma di striature bianche di grasso e tessuto fibroso che solcano la carne, è la diretta conseguenza dell’utilizzo di razze selezionate geneticamente per una crescita iper-accelerata. L’analisi, svolta su 619 confezioni acquistate in 48 punti vendita di dieci città italiane, dipinge un quadro preoccupante sia per il benessere animale che per la qualità del prodotto finale che finisce nel piatto dei consumatori. Non si tratta peraltro di una sorpresa: già lo scorso anno, un’importante indagine di Essere Animali aveva denunciato la presenza di “white striping” nel 90% dei petti di pollo di 38 negozi del circuito Lidl.

Il «white striping» descritto nel report non è un semplice difetto estetico, ma il segno evidente di uno squilibrio fisiologico che colpisce i polli, soprattutto quelli delle razze a rapido accrescimento come le Ross, oggi predominanti negli allevamenti intensivi. I loro muscoli pettorali, spinti a svilupparsi in tempi brevissimi, superano infatti la capacità dell’apparato circolatorio di irrorarli di sangue e ossigeno. La conseguenza è il danneggiamento delle fibre muscolari, le quali vengono sostituite da grasso e collagene. Questa alterazione ha un impatto nutrizionale significativo: «il contenuto lipidico può aumentare fino al 224%, quello del collagene crescere del 10%, mentre il contenuto proteico può risultare ridotto del 9%», si legge all’interno del rapporto.

I dati raccolti da Essere Animali – Fondazione da sempre impegnata nella battaglia contro la pratica degli allevamenti intensivi – sono inequivocabili. Il fenomeno è stato riscontrato nel 92,04% dei prodotti a marchio CONAD, nel 90,64% di quelli Coop e addirittura nel 96,40% dei campioni Esselunga. Non si tratta di casi lievi: più della metà delle confezioni analizzate di Conad (52,43%) ed Esselunga (50,93%) presentava livelli «gravi» della malattia (punteggi 2 e 3 su una scala di 3). I prodotti Coop, che a prima vista sembrerebbero avere un’incidenza e una gravità minori, nascondono in realtà una criticità ulteriore. Oltre la metà delle loro confezioni, infatti, ha una superficie traslucida o etichette voluminose che ostacolano l’ispezione visiva. Limitando l’analisi alle sole confezioni non traslucide, la percentuale di «white striping» schizza al 96,10%, con la più alta incidenza di forme gravi (55,41%) tra tutte le insegne esaminate. Una scelta di confezionamento che, secondo l’associazione, «solleva interrogativi sulla trasparenza nei confronti dei consumatori».

Questo scenario, spiega Essere Animali, è la diretta conseguenza di un sistema produttivo che privilegia l’efficienza e il basso costo. In Italia, oltre 500 milioni di polli, più del 90% del totale, sono allevati in sistemi intensivi. Rispetto a cinquant’anni fa, essi raggiungono il peso di macellazione a un ritmo quattro volte più veloce (appena 35-42 giorni). La risposta a questa «emergenza qualità» esiste e si chiama European Chicken Commitment (ECC), un insieme di criteri che, tra le altre cose, impone il passaggio a razze a crescita più lenta. Oltre 300 aziende in Europa, tra cui Carrefour Italia, Cortilia ed Eataly, lo hanno già sottoscritto. Tuttavia, nonostante le dichiarazioni pubbliche sulla sostenibilità e sul benessere animale, Conad, Coop ed Esselunga continuano a non adottare impegni concreti in questa direzione.

Lo scorso anno, aveva destato scalpore l’indagine effettuata da Essere Animali sui petti di pollo venduti sugli scaffali dei supermercati Lidl, risultati per il 90% affetti da «white striping». In totale, erano stati esaminati oltre 600 campioni di confezioni di petti di pollo in decine di punti vendita Lidl in 11 città dello Stivale, da Nord a Sud. Nonostante tutti i contenitori analizzati riportassero sull’etichetta indicazioni come “prodotto certificato”, “filiera controllata”, “uso di luce naturale”, “arricchimenti ambientali per favorire comportamenti naturali”, i risultati hanno fatto emergere come 9 prodotti su 10 presentassero le striature bianche tipiche del white striping, che corrono parallele alle fibre muscolari della carne. Oltre la metà dei campioni analizzati, peraltro, hanno mostrato livelli alti di gravità della malattia.

Aggiornamento delle 17.20 di martedì 11 novembre – In seguito alla pubblicazione dell’inchiesta di Essere Animali, di cui abbiamo pubblicato i risultati, ci è pervenuta la replica di Coop, che riportiamo di seguito integralmente:

Il fenomeno del “white striping” è da tempo conosciuto e non comporta rischi di sicurezza del prodotto, come dimostrato da autorevoli studi scientifici. Si tratta di una caratteristica visiva della carne di pollo per la quale Coop chiede una particolare attenzione nei contratti di fornitura per quanto concerne i propri prodotti a marchio. Coop definisce, infatti, rigorosi standard di sicurezza e qualità per tutti i prodotti a proprio marchio e chiede ai propri fornitori un controllo puntuale durante la lavorazione, oltre ad effettuare altri controlli direttamente nelle diverse fasi di produzione e vendita.

Relativamente al caso segnalato, i nostri controlli sistematici, effettuati con metodologie che prevedono l’apertura delle confezioni e la verifica di tutti i tagli presenti all’interno, non confermano le percentuali riportate nell’articolo: nel 2024 (ultimo dato annuale), sono state analizzate da personale esperto oltre 1500 confezioni rilevando la presenza del fenomeno ad una percentuale inferiore al 5%.

Esprimiamo inoltre dubbi sul metodo di verifica utilizzato e sul campionamento effettuato: una delle foto presenti nel Report non è un prodotto a marchio Coop, per questo non è possibile stabilire con certezza se i dati dichiarati sono effettivamente riconducibili al nostro prodotto a marchio.

Non è inoltre chiaro nell’articolo a cosa faccia riferimento la dicitura “confezione traslucida”: se è riferita alla confezione trasparente in RPET, ancora una volta Coop, a tutela della qualità e sicurezza dei propri prodotti, ha scelto un sistema di confezionamento per garantire una maggiore protezione del prodotto attraverso l’uso della tecnologia ATP (atmosfera protettiva).

Per quanto riguarda le etichette, da sempre la scelta di Coop è quella della trasparenza. Infatti, le etichette hanno le dimensioni necessarie per consentire di veicolare al consumatore tutte le informazioni necessarie per una scelta consapevole.

I capitolati siglati da Coop con i suoi fornitori di prodotto relativamente all’approvvigionamento dell’intera filiera di pollo a marchio, contemplano una serie di vincoli che includono una presenza minima accettabile del white striping. I disciplinari di filiera redatti da Coop, infatti, stabiliscono regole sulle condizioni di benessere in più rispetto a quelle previste dalla legge come, in primo luogo, il maggiore spazio richiesto negli allevamenti, condizione che migliora la vita degli animali, ne favorisce la mobilità e diminuisce quell’eccesso di stazionamento sulle lettiere. Oltre allo spazio maggiore, i capitolati richiedono la presenza di luce naturale, l’uso di balle di paglia/fieno o altri materiali becchettabili ed il non utilizzo di antibiotici durante le fasi di allevamento.

Nel chiedere simili garanzie, Coop riconosce ai produttori di pollo a marchio Coop un premio economico aggiuntivo.

Avatar photoStefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.