Di allergia alla carne di mammifero, ovvero di sindrome da alfa gal, si può morire. È stato segnalato infatti il primo decesso causato da una malattia sconosciuta fino a non molto tempo fa, ma la cui incidenza è in crescita soprattutto negli USA, ma anche in Europa, a causa degli squilibri associati al cambiamento climatico.

A raccontare la storia della prima vittima è Thomas Platts-Mills, allergologo dell’università della Virginia di Charlottesville, sul Journal of Allergy and Clinical Immunology: in practice, considerato tra i massimi esperti mondiali dell’allergia alla carne, che ha identificato la reazione mortale inizialmente non riconosciuta in un uomo di 47 anni.

Un campeggio finito male

Ricostruendo le tappe che hanno portato all’esito fatale, gli allergologi hanno individuato una prima probabile reazione nel 2024, quando l’uomo, in campeggio con moglie e figli, verso le 22 aveva mangiato una bistecca. Poche ore dopo, verso le due del mattino, si era sentito male, accusando soprattutto vomito, mal di pancia, nausea e sintomi gastrointestinali. Il mattino dopo stava meglio, ma aveva confidato al figlio di aver temuto per la propria vita.

Due settimane dopo aveva mangiato un hamburger di manzo verso le 19. Alle 19,37 il figlio lo aveva trovato in bagno, incosciente. I soccorsi avevano provato a rianimarlo per due ore, ma l’uomo è morto in ospedale alle 22.22. Erano bastate quindi meno di quattro ore per passare da una condizione di buona salute al decesso, e per questo il corpo era stato sottoposto a un’autopsia che, però, non aveva rivelato nulla di specifico.

Fette di carne bovina cruda su un tagliere di ardesia, con rucola e scaglie di grana; concept: carpaccio allergia alla carneI casi di allergia alla carne, in Italia, al momento sono poche decine ma in aumento

La moglie, non soddisfatta del verdetto di “morte improvvisa inspiegabile”, si era rivolta all’équipe di Platts-Mills che, dopo aver visionato il referto e analizzato alcuni campioni, aveva confermato i sospetti della donna: il marito aveva avuto una reazione violentissima all’alfa gal, nome sintetico per galattosio-alfa-1,3-galattosio, lo zucchero all’origine dello shock anafilattico. Interrogata sulla possibilità che il marito avesse riportato punture di zecca, la donna aveva affermato «Sì, in passato, ma quest’anno no». Dopo ulteriori domande, disse che all’inizio dell’estate l’uomo presentava intorno alle caviglie delle punture da «chigger» (cioè “acari”, in realtà solitamente si tratta larve di Amblyomma americanum, cioè zecche Lone Star, e spesso non riconosciute come zecche).

Che cosa succede

La sindrome da alfa gal o allergia alla carne inizia appunto con la puntura di una zecca, che negli USA è la Lone Star, ma che in Europa (dove la Lone Star è poco presente) può essere quella dei boschi (Ixodes ricinus), in Australia la Ixodes holocyclus e in Asia la Ixodes nipponensis. Tutte queste zecche si nutrono del sangue dei mammiferi e, succhiandolo, assumono anche uno zucchero tipico delle loro carni, assente nei primati, il galattosio 1,3 alfa- galattosio o alfa gal.

Quando morsicano un essere umano, attraverso la saliva possono trasmettere l’alfa gal che, però, il sistema immunitario riconosce come estraneo (perché gli uomini, come i primati, non esprimono l’enzima che lo produce), e induce una reazione allergica. L’assunzione successiva da parte della persona morsa di carne di mammifero, che contiene l’allergene, scatenerà la reazione che, nel caso dell’uomo, si è rivelata fatale, forse perché era stato esposto anche a molto polline di ambrosia, una pianta altamente allergizzante, poco prima aveva corso e aveva consumato il suo hamburger insieme a una birra, tutti fattori che possono esacerbare una reazione allergica.

Che cosa tenere presente

Come hanno ricordato gli autori, il caso della prima vittima aiuta a mettere a fuoco alcune indicazioni da tenere a mente. La prima è che, in caso si abbia una reazione violenta circa quattro ore (da tre a cinque) dopo aver ingerito carne di mammifero, soprattutto se si vive in zone dove le zecche sono in aumento, bisogna chiedersi se si ha notato delle punture sul corpo nei mesi precedenti, o comunque ipotizzare l’alfa gal, per effettuare, eventualmente, un dosaggio delle immunoglobuline specifiche (IgE).

La seconda è che se si hanno punture che prudono a lungo, per più di una settimana, i rischi aumentano. Attenzione anche alle punture di zecca scambiate per acari. Molti medici, così come la stragrande maggioranza dei pazienti, ignorano perfino l’esistenza della reazione allergica, ma visto che i casi stanno aumentando, secondo gli autori sarebbe necessaria un’opera di informazione ed educazione, affinché si cerchi di prevenire il contatto con le zecche, così come di riconoscere i primi segnali di una reazione in corso per tempo.

Il Ministero della Salute italiano non fornisce indicazioni specifiche, ma numerose ASL lo fanno, anche se i casi in Italia al momento sono poche decine. Ma, come in tutta Europa, la tendenza è all’aumento.

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Agnese Codignola