di
Giorgia Cozza
Uno studio italiano individua un’ipotesi differente da quella tradizionale che coinvolge la placenta. Se i reni non si modificano nel modo giusto precludono le fasi di crescita del feto con serie conseguenze anche per la mamma
È italiano lo studio pubblicato di recente sulla rivista Science, che chiarisce le cause della preeclampsia, una complicanza della gravidanza, nota anche come gestosi, che colpisce circa il 5% delle future mamme in Europa e può compromettere in modo severo la salute della donna e del bambino che cresce nel suo grembo.
Quando il problema è il rene
Fino ad oggi, la genesi di questa patologia era collegata a un malfunzionamento della placenta e dei suoi vasi sanguigni per cui il flusso di sangue verso il feto e la capacità di eliminare tossine e scorie risultavano limitati, ma lo studio condotto dall’Azienza Ospedaliera Universitaria Meyer di Firenze ha aperto nuovi scenari che consentono di comprendere meglio le dinamiche all’origine della preeclampsia.
«Lo studio rivela che la preeclampsia può nascere da due percorsi diversi: uno legato alla placenta e uno centrato sul rene materno» spiega la professoressa Paola Romagnani, responsabile dell’Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi del Meyer e ordinario di Nefrologia che ha guidato la ricerca con la dottoressa Carolina Conte dell’Università di Firenze. «Durante la gravidanza, il rene della donna deve lavorare per due – madre e feto – e aumenta fino al 150% della sua dimensione. È secondo solo all’utero in termini di modificazioni nei nove mesi. Questo richiede un adattamento profondo della struttura renale. Quando il rene non riesce ad adattarsi può causare un malfunzionamento della placenta».
Il meccanismo che «si inceppa»
Ma cosa determina il problema di adattamento dei reni materni? Lo studio, intitolato «Estrogen-regulated renal progenitors determine pregnancy adaptation and preeclampsia», ha evidenziato il ruolo chiave di un particolare tipo di cellule staminali renali, chiamate i progenitori renali. Queste cellule vengono attivate dagli estrogeni e generano nuove cellule (dette podocitarie) che sono fondamentali per la funzione renale di filtro. Quando questo meccanismo che consente al rene di affrontare l’aumento di lavoro si inceppa, può svilupparsi la preeclampsia che si manifesta, in genere, dopo la ventesima settimana di gravidanza ed è segnalata da un aumento della pressione sanguigna e dalla presenza di proteine nelle urine.
«Se all’origine della preeclampsia c’è un malfunzionamento del rene» spiega la professoressa Romagnani, «per la mamma aumenta il rischio di ipertensione e malattia renale dopo la gravidanza». Per questo è molto importante individuare l’origine del problema. «Le donne che hanno avuto la forma renale dovrebbero essere seguite nel post-parto con controlli periodici della pressione arteriosa e della funzione renale per prevenire o intercettare precocemente queste complicanze» sottolinea l’esperta.
Nuove prospettive di cure
I risultati della ricerca fiorentina non riguardano dunque solo il periodo della gravidanza, ma aprono la strada allo sviluppo di strategie di prevenzione e trattamenti mirati per proteggere la salute renale e cardiovascolare a lungo termine della mamma e del bambino.
Si è visto, infatti, che i bambini nati da gravidanze complicate da preeclampsia presentano un maggior rischio di sviluppare ipertensione e malattia renale cronica in età adulta. E la malattia renale aumenta, a sua volta, il rischio di malattie cardiovascolari.
«Intervenire precocemente con controlli mirati può proteggere sia i reni che il cuore nel tempo» incoraggia l’esperta. «Il meccanismo individuato dalla studio può spiegare almeno in parte anche il basso peso alla nascita del neonato, se la mamma ha sofferto di preeclampsia».
La diagnosi
E per quanto riguarda la diagnosi? «Gli esami di routine da eseguire in gravidanza per ora non cambiano» spiega la professoressa Romagnani. «Restano centrali la storia clinica, i valori della pressione arteriosa, la presenza di proteine nelle urine (proteinuria e albuminuria) e i biomarcatori placentari. Vale invece la pena valutare la salute renale prima della gravidanza. I futuri marcatori urinari del progenitore renale sono promettenti per riconoscere precocemente il sottotipo renale, ma sono ancora in studio».
La scoperta da un’intuizione
Dietro a questa scoperta, che rappresenta un importante passo avanti nel campo della biologia, c’è una storia interessante che racconta come si è arrivati a spostare l’attenzione sul rene per spiegare la genesi della preeclampsia. Un team tutto al femminile e la presenza di due ricercatrici in dolce attesa hanno fatto la differenza.
«Dieci anni fa abbiamo provato a coltivare i progenitori renali, ovvero le cellule staminali del rene che avevamo identificato esaminando dei campioni di urina» ricorda la professoressa. «In laboratorio eravamo tutte donne, due ricercatrici aspettavano un bimbo e solo dai loro campioni di urine le colture crescevano regolarmente. Impossibile fosse una coincidenza. Da lì l’idea: in gravidanza il rene aumenta di volume perché questi progenitori si espandono per reggere il carico extra. Forse è anche per questo che le donne in età fertile sono più protette da ipertensione e malattia renale cronica. Quell’intuizione è diventata la nostra ipotesi».
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15 dicembre 2025
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