L’effetto rebound potrebbe finalmente liberarci dai sensi di colpa, perché non è (sempre) colpa nostra se dopo diete rigorose e grandi sacrifici tendiamo a riprendere i chili persi. La scienza lo aveva già intuito, ma ora un nuovo studio lo conferma: l’obesità lascia un’impronta biologica nel nostro corpo, una vera e propria memoria cellulare difficile da cancellare. Ecco cosa hanno scoperto i ricercatori.

Uno studio appena pubblicato su Nature ha analizzato in profondità il comportamento del tessuto adiposo prima e dopo un intervento chirurgico bariatrico. E i risultati parlano chiaro: dimagrire comporta una serie di miglioramenti molecolari misurabili, ma alcune alterazioni restano impresse nelle cellule e possono favorire il cosiddetto effetto rebound, il temuto ritorno di peso. «Questo lavoro rafforza il messaggio che perdere peso è utile per la salute, ma non è una soluzione definitiva» ha spiegato William Scott dell’Imperial College di Londra e primo autore dello studio. «Essere magri è lo stato più sano, ma comprendere meglio i meccanismi molecolari dell’obesità ci aiuterà a trattarla in modo più efficace».

Il corpo “ricorda” di essere stato obeso

La ricerca ha analizzato oltre 170mila cellule di tessuto adiposo prelevate da 70 persone – sia con obesità che normopeso – prima e dopo la chirurgia. Il team ha così creato una sorta di mappa cellulare di come cambia il grasso corporeo quando il peso scende. Ebbene, alcune funzioni si ristabiliscono: gli adipociti (le cellule del grasso) recuperano in parte la capacità di immagazzinare e rilasciare lipidi, e si riducono segnali infiammatori e processi di senescenza cellulare. Ma non tutto torna alla normalità. «Abbiamo osservato che, dopo la perdita di peso, si attiva un riciclo dei grassi negli adipociti. Questo sembra aiutare a rimuovere i lipidi dannosi da altri organi, migliorando la salute generale» ha spiegato Scott. Tuttavia, alcune cellule immunitarie – in particolare i macrofagi – restano in uno stato di allerta, pronte a favorire un nuovo aumento di peso. Questa persistenza era stata osservata anche in studi precedenti, che avevano evidenziato modifiche epigenetiche, ossia cambiamenti dell’espressione genica nel tessuto adiposo che predispongono al recupero dei chili persi. «Nel nostro studio, la resistenza al cambiamento è risultata particolarmente forte nelle cellule immunitarie rispetto agli adipociti» ha precisato Scott. Il problema è che queste alterazioni non si limitano al metabolismo, ma possono avere un impatto sulla salute futura, favorendo complicanze anche dopo aver perso peso. «La memoria epigenetica può contribuire all’effetto yo-yo, ma anche a peggiorare le conseguenze dell’obesità nel tempo».

La colpa non è del paziente

Si tratta di un messaggio importante anche dal punto di vista culturale e sociale, perché ora scopriamo che il recupero di peso dopo una dieta non dipende necessariamente da pigrizia o scarsa forza di volontà. C’è una componente biologica che non possiamo ignorare, insomma, che dovrebbe spingere anche gli addetti ai lavori a non colpevolizzare più chi non riesce a mantenere l’obiettivo nel tempo. Nel mentre, resta ancora da capire se i recenti farmaci anti-obesità potrebbero avere un ruolo per contrastare il meccanismo. Il fatto è che, in caso di obesità, si instaura una memoria infiammatoria ed epigenetica difficile da invertire e questo peggiora l’effetto yo-yo, esacerbando lo stato infiammatorio generale. Per altro, è proprio questo il filo rosso che lega l’obesità allo sviluppo di patologie croniche come diabete, cancro e malattie cardiovascolari. Per gli scienziati, la prossima frontiera sarà identificare con precisione quali dei cambiamenti molecolari osservati siano davvero determinanti per la salute a lungo termine. «Abbiamo visto che la perdita di peso rimodella profondamente il tessuto adiposo. Ora la domanda chiave è: quali di questi cambiamenti fanno davvero la differenza?» ha chiarito William Scott. La strada è ancora lunga, ma un fatto è chiaro: l’obesità non è solo una questione di chili. È una condizione biologica complessa, che il corpo non dimentica facilmente. E combatterla richiede molto più di una semplice dieta.