di
Stefano Vicari
Il neuropsichiatra infantile del Bambino Gesù, nella rubrica «Vite di adolescenti», spiega che cos’è la «patologia del vuoto» (che compare spesso in adolescenza) e quali sono i sintomi per riconoscerla tempestivamente
Eleonora ha 17 anni, vive con i genitori e la sorella, e dentro di sé porta un senso di vuoto che sembra non avere né forma né spiegazione. Un giorno ha letto che la bulimia nervosa è stata definita “la patologia del vuoto”, un tentativo disperato di riempire qualcosa che fa male ma che non si riesce a nominare. Lei quel vuoto lo sente, eccome. E prova a colmarlo mangiando tutto ciò che trova: pizza, biscotti, pasta… proprio gli alimenti che promette sempre a sé stessa di evitare.
Fin da piccola Eleonora ha desiderato essere magra. A scuola la chiamavano «balena», parole che l’hanno marchiata e che ancora oggi le risuonano dentro. Crescendo ha iniziato a sognare un corpo diverso, simile a quello delle modelle e delle influencer, snello, perfetto, ammirato. Nella sua mente, essere magra avrebbe significato finalmente piacere agli altri, trovare un fidanzato, avere tante amiche, vivere senza vergogna. Così ha imparato a nascondere il corpo sotto felpe larghe, a evitare il mare e le foto, facendo credere ai genitori che preferisse studiare.
A 14 anni, con l’ingresso al liceo, quel vuoto si fa ancora più pesante. Le altre ragazze sembrano tutte sicure, truccate al punto giusto, magre e corteggiate. Eleonora invece si copre, soprattutto le cosce e i glutei, terrorizzata dall’idea di essere osservata e giudicata. Ogni pomeriggio torna a casa ripensando agli sguardi dei compagni e allo specchio si confronta con le immagini perfette che vede su Instagram, immagini che di sé non oserebbe mai pubblicare.
Decide così di «diventare come le altre». Cerca diete online, conta le calorie in modo ossessivo, programma digiuni. Il controllo sul cibo le dà l’illusione di avere finalmente in mano la sua vita. Ma basta un commento crudele di un compagno per far crollare tutto e riportarla alla sensazione di essere sbagliata. Quella volta, rientrata a casa, apre il frigo e mangia senza fermarsi finché non si sente male. Sovrastata dalla nausea, dalla vergogna e dalla paura di ingrassare, scopre che provocarsi il vomito le dà un sollievo immediato. Ed è lì che inizia un circolo vizioso: abbuffata, vomito, sollievo, di nuovo il vuoto. Con il passare dei mesi, la sofferenza cresce. Eleonora si sente sempre più sola, più fragile, più intrappolata. Fino al giorno in cui trova il coraggio di parlarne e di chiedere aiuto. Un passo difficile, ma fondamentale per iniziare a uscire dal silenzio e riavvicinarsi a sé stessa.
Il commento del neuropsichiatra Stefano Vicari*
La bulimia nervosa è un disturbo alimentare che compare spesso durante l’adolescenza, un periodo in cui il corpo cambia velocemente e il giudizio degli altri può pesare tantissimo. L’aumento di peso, il cambiamento delle forme, lo sviluppo sessuale sono tutti aspetti normali, ma che possono far sentire molti ragazzi insicuri e portare a confronti continui con i coetanei o con modelli estetici irrealistici.
Per alcuni adolescenti, come Eleonora, il corpo diventa un indicatore di valore personale. L’idea di “controllarlo” sembra l’unico modo per sentirsi adeguati, apprezzati, accettati. Da qui possono nascere comportamenti alimentari estremi. La bulimia si manifesta con abbuffate, spesso vissute di nascosto, seguite da comportamenti compensatori come il vomito autoindotto, il digiuno prolungato o l’uso improprio di lassativi. Non riguarda solo il cibo, ma è profondamente legata all’autostima, al bisogno di controllo e alla difficoltà di gestire emozioni intense come vergogna, ansia o tristezza.
Anche i social media hanno un ruolo importante e confrontarsi continuamente con immagini perfette, irraggiungibili, aumenta la pressione e trasforma il corpo in un terreno di lotta quotidiana. Riconoscere i segnali precoci come cambiamenti nel modo di mangiare, sparizioni frequenti in bagno dopo i pasti magari per vomitare, ossessione per il peso o per le calorie, e forti oscillazioni emotive è essenziale. Perché, la buona notizia è che la bulimia si può curare. Con una terapia adeguata, un supporto familiare attento e un lavoro multidisciplinare, gli adolescenti possono imparare a gestire meglio le emozioni, costruire un rapporto più sano con il cibo e con il proprio corpo, e soprattutto sviluppare un’identità libera, che non dipende dallo sguardo degli altri.
*direttore della Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e professore di Neuropsichiatria Infantile all’Università Cattolica del Sacro Cuore
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18 dicembre 2025
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