Un’analisi condotta su 88.461 partecipanti al database UK Biobank, monitorati per una media di quasi sette anni tramite fitness tracker, ha rivelato che l’irregolarità del ritmo sonno-veglia è associata a un rischio significativamente più alto di sviluppare ben 172 diverse malattie. Lo studio, pubblicato poche settimane fa su Health Data Science, ha messo in evidenza come la regolarità del sonno, intesa come coerenza degli orari di addormentamento e risveglio e stabilità del ciclo circadiano, sia un indicatore molto più importante della durata del sonno nel predire la salute a lungo termine. Ad esempio i partecipanti che andavano a dormire tardi, oltre mezzanotte e mezza, o che mostravano ritmi circadiani deboli, presentavano rischi di malattia fino a due o tre volte maggiori per alcune condizioni gravi, come la cirrosi epatica.
Gli studiosi hanno analizzato vari parametri circadiani, tra cui la stabilità fra le varie giornate, l’ampiezza del ritmo e la variabilità all’interno delle singole giornate, trovando che livelli bassi di stabilità e ampiezza e un’elevata frammentazione del ritmo giornaliero erano fortemente collegati all’aumento di patologie metaboliche, respiratorie e cardiovascolari. La durata del sonno, spesso considerata l’unico indicatore rilevante, si è dimostrata meno predittiva: i cosiddetti «dormitori lunghi», con più di nove ore a letto, non mostravano un reale beneficio poiché spesso dormivano meno di sei ore effettive, un errore comune quando si usano solo questionari auto-riportati. L’uso dei dispositivi indossabili ha permesso di ottenere misurazioni oggettive, superando questi limiti e mettendo in evidenza come conti più la regolarità e la qualità del sonno, oltre che l’orario di coricamento, che la durata tout court.
Secondo i ricercatori, i meccanismi alla base di queste associazioni includono la compromissione del metabolismo, della regolazione ormonale e della risposta immunitaria, con un potenziale aumento dello stato infiammatorio cronico. Inoltre l’instabilità circadiana è risultata correlata a un’accelerazione dell’invecchiamento biologico epigenetico, misurato con marcatori molecolari come GrimAge e PhenoAge. Questi dati rafforzano l’idea che la regolarità del sonno non sia solo un fattore di benessere ma un vero e proprio biomarcatore di salute generale.
Non basta: i ricercatori hanno stimato che fino al 37% del rischio di sviluppare il morbo di Parkinson potrebbe essere attribuito a ritmi del sonno disturbati, insieme al 36% del rischio di diabete di tipo 2 e al 22% del rischio di insufficienza renale acuta. Per 92 malattie, oltre il 20% del rischio complessivo può essere ricondotto ai problemi di sonno.
Queste percentuali rappresentano naturalmente quella che gli scienziati definiscono frazione attribuibile alla popolazione, ovvero la quota di carico di malattia che potrebbe teoricamente essere prevenuta se tutti avessero un sonno ottimale. I dati collocano l’impatto del sonno sulla salute allo stesso livello di fattori di rischio ben noti come fumo, obesità e basso livello di istruzione.
Fra l’altro, per validare i risultati più significativi i ricercatori hanno replicato le principali scoperte utilizzando i dati del National Health and Nutrition Examination Survey, che include cittadini statunitensi provenienti da ambiti socio-demografici diversi. Il check ha confermato le associazioni tra la pessima qualità del ritmo del sonno e patologie come la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva, l’insufficienza renale, il diabete e la depressione, malattie che in precedenza non erano mai state collegate, nella letteratura scientifica, alla tempistica e alla regolarità del sonno
Lo studio suggerisce inoltre che interventi mirati a rafforzare il ritmo circadiano, come l’esposizione a luce naturale al mattino, l’uso di terapie luminose o semplicemente la disciplina di mantenere orari fissi per andare a letto e svegliarsi, potrebbero ridurre l’incidenza di numerose patologie croniche. Anche nei giorni liberi e nei fine settimana evitare grandi scostamenti di orario contribuisce a stabilizzare i meccanismi biologici che regolano sonno e veglia, proteggendo l’organismo da squilibri che, se protratti, possono sfociare in malattie anche gravi.
I ricercatori concludono dunque che non basta dormire a sufficienza: la qualità e soprattutto la coerenza temporale del sonno sono determinanti per la salute a lungo termine. Una routine circadiana solida e regolare, combinata con una buona igiene del sonno, può ridurre il rischio di patologie complesse e rallentare il processo di invecchiamento biologico.
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