di
Roberta Polese

La polizia postale di Roma ha bloccato la bacheca da 31 mila membri: centinaia di veneti iscritti. Donne erano ignare di finire sui social: «Non sono un posto sicuro per noi»

Mogli, compagne e fidanzate fotografate di soppiatto mentre dormono o cenano, mentre prendono il sole o si cambiano d’abito. Seni e natiche in bella vista fotografati di nascosto o condivisi nei momenti di intimità. E tutto finisce su Facebook come «carne da macello» tra commenti volgari e sessisti: «Bel fisico da puledra la signora, si può vedere altro?», «È un peccato si vergogni, falle delle foto di nascosto, seguo con interesse» solo per citare i commenti meno volgari. 

Il gruppo facebook

La polizia postale di Roma ha chiuso ieri, mercoledì 20 agosto, la pagina Facebook Mia moglie: 31 mila iscritti, quasi tutti uomini, che dal 2019 ad oggi hanno condiviso e commentato immagini intime di compagne o mogli che non hanno mai dato il consenso alla divulgazione dei contenuti, e che sono state trattate come merce di scambio tra persone senza scrupoli. Centinaia i veneti che hanno postato, commentato e condiviso: professionisti, imprenditori, funzionari pubblici, candidati sindaci, medici, giornalisti. È bastato controllare tra le informazioni del gruppo, prima che venisse cancellato, per notare l’enorme numero di iscritti residenti nella nostra regione.



















































Le segnalazioni 

Fino a ieri mattina la pagina era aperta, accessibile a tutti, ma quando gli «animatori» si sono resi conto di essere stati scoperti, hanno cominciato a diffondere il link di indirizzi Telegram segreti, in cui continuare i loro subdoli giochi. La polizia postale ha chiuso la pagina dopo le segnalazioni di varie attiviste femministe, ma i nomi di chi ha commentato e condiviso fotografie e video senza consenso sono in una dettagliata informativa che finirà in procura.

I reati 

«Sono molti i veneti che hanno commentato con frasi sessiste e volgari le fotografie che sono apparse nella bacheca del gruppo – spiega Barbara Strappato, vice direttrice della polizia postale di Roma – stiamo raccogliendo tutte le informazioni, alcune donne si sono riconosciute e hanno sporto denuncia, molte altre sono ancora ignare di essere finite in questo squallido gruppo – spiega – tutti i commenti finiranno nella nostra informativa, i reati vanno dalla diffamazione alla diffusione di materiale intimo senza consenso – spiega – ammetto che mai prima di oggi ho visto frasi tanto disturbanti in un gruppo social, il nostro ufficio ha lavorato 24 ore per bloccare la pagina, abbiamo ricevuto in poche ore più di mille segnalazioni, quello che è accaduto è molto grave, è stato difficile anche per me leggere tutti quei commenti».

Le foto e i commenti 

La bacheca Facebook Mia Moglie è stata presa d’assalto da persone inorridite dallo squallore dei commenti a partire da martedì mattina, quando l’attivista Carolina Capria ha parlato della pagina mettendo alla berlina i suoi 31 mila seguaci. Tuttavia prima che la Polizia postale intervenisse è stato possibile fare degli screenshot dei post, per cui si trovano uomini che mettono in palio le foto delle loro donne come fossero pezzi di carne inanimata. Uno di loro scrive: «Anni 30, altezza 1.81, peso 59, seno (naturale) 4, body count 1», per body count si intende il numero di persone con cui la donna avrebbe avuto esperienze sessuali. Altro post: «Una body count 1 ha un valore aggiunto che non la rende scambiabile, per tutti quelli che me lo chiedono su messenger». A commento della foto di una donna che si sta cambiando il reggiseno c’è chi scrive: «Tanta roba», «Spettacolo», «Complimenti ha un bel numero di targa, è una bellissima moglie», «Come vorrei essere quel perizoma». A commento di una donna che sta dormendo nel suo letto un uomo scrive: «Mettile le mani tra le cosce vedrai che si sveglia», «Toccale la f…». Ad altri post: «Ciao, cosa fareste a mia moglie?» seguono commenti variazioni sul tema: «Ciao, chi fa incesto, io sono di Vicenza».

Cultura patriarcale 

«Questa è l’ennesima dimostrazione di come anche i social non siano un posto sicuro per le donne – spiega Mariangela Zanni, del Centro veneto progetti donna – è incredibile come su Facebook si venga bannati se si pronunciano certe parole, ma appena si crea ingaggio, in barba ai diritti delle donne, tutto passi in cavalleria senza che nessuno alzi un dito. È giusto che la polizia intervenga, ma questi 31 mila uomini dimostrano che la cultura patriarcale è ancora ben radicata tra noi». E la sensazione è che serva ben più di una denuncia per sradicarla.


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21 agosto 2025 ( modifica il 21 agosto 2025 | 13:51)