di
Renato Franco
L’ex conduttrice di Mtv, ora a «Kilimangiaro», va in scena con lo spettacolo-evento «Lovelive»: «La mia carriera? Un bluff. Venni molestata a 8 anni. Le mie figlie devono prendere due lauree»
Da Loveline a Lovelive, dalla tv al teatro. A più di 20 anni da quel programma che ha segnato un decennio, Camila Raznovich va in scena (sabato 25 ottobre al Lirico di Milano) con uno spettacolo-evento dove torna a parlare di sesso. Al suo fianco sul palco Maurizio Bini, un’autorità in ginecologia e sessuologia. Camila parla a raffica: per lei la linea più breve tra due punti è l’arabesco; apre parentesi tonde, quadre e graffe, ma poi le chiude tutte e torna al punto con un certo gusto per l’ironia: «Noi uterine viaggiamo su più livelli di pensiero contemporaneamente che creano casino, ma nel casino poi troviamo l’ordine».
Quali sono i tre tabù più radicati nel sesso?
«Il primo è la masturbazione femminile. Quando la mamma di un maschio trova la porta chiusa ne va tutta fiera. La femmina che si masturba oscilla tra la malata di mente, la spostata e la maniaca».
Il secondo?
«L’omosessualità maschile: la penetrazione non viene accettata facilmente. L’omosessualità femminile invece è liquidata con una frase: è una fase, vuole tanto bene alla sua amica».
Il terzo?
«Il sesso orale e la masturbazione praticata all’altro. In generale c’è un’attitudine punitiva all’orgasmo, si rifiuta di parlare degli organi sessuali come oggetto di piacere. L’idea del fare l’amore, in questa cultura così fortemente cattolica, si giustifica con l’atto di procreare. A 16 anni bisognerebbe fare altri discorsi: fai l’amore per godere».
L’educazione sessuale nelle famiglie?
«Il tenore è deprimente: “Ho messo una scatola di preservativi nella valigia dei ragazzi” è il massimo del uau».
Il risultato?
«L’assenza di educazione sentimentale ha portato a un aumento dei femminicidi nel nostro Paese e a una diminuzione dell’età in cui vengono commessi. In più si aggiunge un nuovo fenomeno portato dai social che è il revenge porn. Non voglio dare lezioni, ma mi fa paura».
Un tempo era meglio?
«Sono stata molestata a otto anni, fuori da scuola c’era sempre il maniaco che ce lo faceva vedere, sul tram quelli che si strusciavano: forse è cambiata l’attitudine e la protezione dei genitori».
Sesso e sentimenti: nella sua vita ha avuto più fortuna o più corna?
«Io vivo nell’illusione di non essere mai stata tradita e se lo sono stata va bene non saperlo, cioè non sono quella che va a indagare. Il mio problema è che sono molto romantica, l’asticella dell’adrenalina deve rimanere molto alta».
È esigente con il suo partner?
«Anche dopo otto anni di relazione mi aspetto che tu sia ancora innamorato perso di me: un’inclinazione che credo faccia parte del mio egocentrismo smisurato. Nella mia testa esisto solo io, quindi mi devi dire che mi ami, mi devi portare i fiori, mi devi fare dei regali. Però vado in terapia, giuro».
È sposata, ma suo marito vive a Parigi.
«Così il desiderio rimane sempre alto e sembra di vivere in una relazione tra amanti: quando non ti vedi ogni giorno è quasi sempre bellissimo».
Ogni quanto vi incontrate?
«In sostanza passiamo insieme una settimana sì e una no, è una relazione movimentata come piace a me. Una delle cose che più detesto è la noia, la routine mi fa una paura bestia. Non potrei convivere con un uomo e le sue piccole manie. E poi il cuscino».
Il cuscino?
«La mattina non sopporto di vedere il cuscino con la forma della sua testa».
Questa è una patologia grave.
«Ho dichiarato subito che vado in terapia. Il cuscino sempre con la forma della stessa testa non lo reggo».
È nata per caso in Italia da genitori di Buenos Aires, mamma di origini italiane e papà di origini russo-ebraiche. Le elementari tra Milano, Londra e l’India, perché i suoi erano seguaci di Osho. L’adolescenza spesa tra gli hippies dell’ashram di Pune e il severo liceo Beccaria di Milano. Un tumulto di contraddizioni.
«Hippie e borghese. Bambina “no rules” e poi mamma nazista».
È severa con le sue figlie?
«Sono la mamma più severa di tutto il quartiere. Per me non esistono le paghette. Non ti premio perché vieni promossa, è il minimo che tu debba fare».
Se le amiche hanno il motorino?
«Alle mie figlie dico: e sticazzi? Io lavoro e guadagno per mantenervi, il vostro lavoro è lo studio».
È cresciuta senza regole fino ai 10 anni. Cosa le dava fastidio di quella vita nomade?
«L’ho capito dopo. Al momento era solo tutto bello. I genitori non ci rompevano le scatole, non avevamo paletti, sembrava un parco giochi. Quando cresci capisci che c’era una dose di irresponsabilità e di immaturità da parte di adulti che hanno messo a rischio la vita di tanti ragazzini. Più che fastidio è arrivato un totale rifiuto».
Quando l’ha capito?
«Quando sono diventata mamma. Pensavo: ma cosa diavolo avevano in testa i miei genitori? Potevi fumare, potevi stare sveglia fino alle tre del mattino, l’anarchia totale affidata all’autogestione del bambino».
Ha scritto anche un libro sulla sua vita.
«È l’unico libro che ho sentito davvero l’urgenza di scrivere per fare i conti con il passato: Osho, mio padre e mia madre, quelle robe un po’ terapeutiche che noi persone egocentriche pensiamo che agli altri freghi qualcosa».
Quanto è egocentrica da 1 a 10?
«Un bel 12. Mi aspetto sempre di essere io al centro dell’attenzione, è diventata anche una sfida, in qualunque contesto. Ma ho grandissima consapevolezza di questa perversione mentale».
Altra contraddizione: fa meditazione, ma anche televisione («Kilimangiaro» su Rai3), due attività agli opposti.
«E invece non è vero: non c’è nulla come la diretta televisiva o la meditazione sull’Himalaya che ti porti al qui e ora, a stare nel momento presente. Ma non sono una brava meditatrice e mi viene molto meglio in tv rispetto al post yoga quando mi metto a pensare a cosa prendere al supermercato».
Tutto è cominciato con un provino a Mtv.
«Lo dico sempre anche alle mie figlie: la mia carriera a Mtv è iniziata con un bluff, avevo 19 anni ed è un bluff che dura da 30».
Perché è un bluff?
«Perché chiunque faccia il mio mestiere è un po’ un saltimbanco: che mestiere è il nostro?».
C’è una dose di cialtroneria?
«Totalmente. A tutti noi è andata molto bene. A Roma dicono: “Ma magari ci cascano”. Ecco, ci sono cascati. Non ho la laurea, mi è andata un po’ di culo e io questo non me lo devo mai dimenticare. Mi aspetto che le mie figlie prendano come minimo due lauree e abbiano dei mestieri veri».
Povere ragazze… A faccia tosta come è messa?
«Ho sempre avuto la faccia come il culo, sono sempre stata il tipo che pensa: guardatemi».
Anni 90, Mtv, la novità dei vj: si è mai montata la testa?
«All’inizio sì. Guadagnavo tanto, 90mila sterline all’anno nel 1995. Un botto. Avevamo l’autista. Difficile mantenere i piedi per terra».
Il regalo che si è fatta?
«Questo. Un Rolex pagato tremila sterline. E poi la casa a Londra. Per l’orologio mi batteva il cuore, ero emozionata, un po’ anche mi vergognavo. Non avevo mai avuto un oggetto mio neanche all’epoca dei paninari quando sognavo la borsa Naj Oleari e le Timberland ma figurarsi mia madre. Cercavo disperatamente di entrare nella borghesia milanese dopo dieci anni da hippy: soffrivo di non appartenere a un branco, di non omologarmi, anche se poi è stata la mia grande ricchezza».
Era «diversa» dagli altri: la prendevano di mira?
«Non osavano. Io facevo brutto, ero comunque leader, dovevo essere sempre la migliore del branco per sopravvivere».
Se il bluff non avesse funzionato?
«Ho sempre avuto due o tre piani di fuga. Uno era la decoratrice d’interni. Il Piano C è ancora aperto: l’insegnante di yoga in Costa Rica».
12 ottobre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA