Bologna, 19 novembre 2025 – L’uso di antibiotici negli allevamenti del Bolognese, dal 2016 a oggi, è sceso del 90 per cento, mentre negli ospedali, partendo dal 2019 (a oggi) è calato del 60 per cento. Purtroppo l’utilizzo di quelli più comuni, generalmente assunti dalle persone senza indicazioni mediche precise, non è sceso significativamente, appena un 10 per cento. Il Dipartimento di Sanità pubblica dell’Ausl ha così avviato un monitoraggio sul sistema fognario dell’Area Metropolitana per capire presenza e tipologie di batteri farmaco-resistenti e mettere in campo azioni preventive.

Resistenza di tanti batteri agli antibiotici

Quello della resistenza di tanti batteri agli antibiotici è una delle emergenze dichiarate dall’Organizzazione mondiale della Sanità che, ieri, ha dato il via alla settimana di sensibilizzazione sull’antimicrobico resistenza. Paolo Pandolfi, direttore del Dipartimento di Sanità pubblica dell’Azienda Usl (ente che ha organizzato il secondo congresso nazionale ’Salute, ambiente, cambiamenti climatici. Prospettiva 2030 che ha al suo interno un panel specifico su questo tema), spiega qual è la situazione a Bologna e provincia.

L’uso di antibiotici nel settore veterinario

“Il settore veterinario si occupa dell’utilizzo degli antibiotici a due livelli: quello degli allevamenti e quello per gli animali da compagnia – spiega il direttore –. Gli allevamenti hanno un impatto molto importante sull’ambiente, ma gli altri ce l’hanno sul livello di sensibilizzazione. Dal 2016 i cosiddetti antibiotici ’critici’, usati negli uomini per problemi respiratori, otiti, disturbi gastrointestinali sono scesi del 90,6 per cento nell’ambito degli allevamenti. Se invece prendiamo in considerazione tutti i tipi di antibiotici, comprendendo sia gli allevamenti che i pet, dal 2010 a oggi il calo è stato del 64 per cento”.

L’utilizzo da parte dalle persone

Passando al genere umano, Pandolfi fa notare che in ambito ospedaliero l’utilizzo degli antibiotici, dal 2019 a oggi, è calato del 60 per cento: “C’è però un leggero incremento, circa il 5 per cento, nei cosiddetti antibiotici ’carbapenemi’, quelli che vengono utilizzati per infezioni che non rispondono agli antibiotici più comuni”. Poi c’è la nota più dolente quella degli antibiotici usati più comunemente dalle persone, molte volte impropriamente per automedicazione, il cui consumo, come fa notare il direttore Pandolfi, non scende in modo significativo: “Qui c’è ancora molto da fare. Un modo per non usare gli antibiotici, ad esempio, è vaccinarsi contrastando infezioni, quindi malattie”. Le conseguenze provocate da batteri resistenti ai farmaci (da qui l’allarme dell’Oms) possono essere fatali, anche per il genere umano: infezioni respiratorie e generali che sfociano in setticemie e determinano la morte. “Fenomeni già evidenti e che non si riescono a gestire”, sottolinea Pandolfi.

“La ricerca sugli antibiotici è molto costosa”

E il futuro non sembra riservare molte soluzioni, visto che nelle intenzioni delle case farmaceutiche non sembra esserci un piano di investimenti per nuovi antibiotici potenziati. “La ricerca sugli antibiotici è molto costosa e difficilmente ci saranno grossi investimenti in questo settore – conferma Pandolfi –. Sarà necessario adottare misure alternative come, appunto, le vaccinazioni, ridurre l’utilizzo inappropriato e continuare a ridurre la pressione degli antibiotici nell’ambiente con azioni fuori dalla sfera umana”.

“Nelle fognature già registrate delle forme batteriche farmaco resistenti”

Pandolfi spiega che “nelle nostre fognature abbiamo già registrato delle forme batteriche farmaco resistenti: questo vuol dire che stanno già circolando. Quindi bisogna che ci sia una particolare attenzione sull’ambiente attraverso una sorveglianza che permetta di capire quali e di quanti tipi siano tali batteri in modo da mettere in atto azioni mirate. Siamo un centro sperimentale a livello regionale – precisa – per questo tipo di sorveglianza sulle fogne, sulle acque reflue in ingresso nei nostri depuratori e per vedere se c’è una pressione di batteri resistenti e capire da dove vengono, quindi agire in modo circoscritto in zone in cui c’è una pressione più forte e se è di provenienza umana o animale. Quindi prevenire e circoscrivere rapidamente il fenomeno”.