di
Alessandro Martini e Maurizio Francesconi
Con il suo nuovo romanzo, l’autore (due volte vincitore dello Strega) è tra i finalisti del Premio Lattes Grinzane che verrà assegnato ad Alba
«Racconto il grande salto compiuto da un ragazzino, l’amore, le letture, l’indipendenza. E insieme ricostruisco quel preciso momento storico, l’agosto 1972, trascorso al mare della Versilia. Ho cercato di non raccontare dove la vicenda vuole portare, non svelando sino alla fine la “mazzata” che farà sparire tutto». È un «grande enigma», quello che segna la vita di Gigio Bellandi, dodici anni, il protagonista del romanzo Settembre nero di Sandro Veronesi, edito da La Nave di Teseo (2024). Lo scrittore, 66 anni, già vincitore due volte del Premio Strega (prima con Caos Calmo nel 2006 e poi con Il colibrì nel 2020), ora con questo romanzo è tra i finalisti del Premio Lattes Grinzane, che verrà assegnato al Teatro sociale G. Busca di Alba. «Il Piemonte e Torino per me sono luoghi del cuore. Ho letto molto Fenoglio, che mi ha fatto amare da subito le Langhe. Ho insegnato alla Scuola Holden e ho scoperto una Torino di bellezza, sole e montagne. Poi è anche la città della Juventus, di cui sono grande tifoso».
Come si entra così a fondo nei pensieri e nelle emozioni di un ragazzino?
«Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza è stato raccontato da tanti, da Moravia, Fenoglio, Cassola, Marina Jarre e molti altri. Io ho aggiunto l’idea, abbastanza spietata, di accettare la perdita. Ma la perdita dovrebbe accadere alle persone mature, non ai ragazzi. Con uno sforzo mnemonico, il protagonista ormai adulto deve ricordare la vicenda e il tempo in cui si è svolta. Così ho fatto io, ricordando la mia infanzia ma anche osservando i miei cinque figli, e il loro sforzo di affrontare le sfide».
Quanto sono diversi gli anni Settanta rispetto a oggi?
«Credo che per me ragazzino siano stati una cosa, per mio padre tutta un’altra. Oggi non è così: il tempo che viviamo io e mio figlio dodicenne è molto simile, ascoltiamo perfino la stessa musica, nuova o vecchia che sia. Allora c’era una separatezza tra genitori e figli che per la prima volta pendeva a vantaggio dei figli, dal nuovo cinema alla musica. Oggi un ragazzo non riesce a fare un passo senza doversi scollare di dosso la condivisione almeno potenziale con la generazione precedente».
Sullo sfondo del romanzo, c’è l’attentato ai Giochi olimpici di Monaco di Baviera del 1972, quando un commando palestinese, chiamato Settembre Nero, sequestra degli atleti israeliani. Uno choc ancora indimenticato. È un episodio che ci riporta immediatamente alla triste realtà attuale.
«Ho cominciato a scrivere il libro prima ancora della guerra in Ucraina e racconto un periodo di Guerra Fredda ma non certamente di conflitti reali. Mai mi sarei immaginato che le rivendicazioni e lo scontro che si era manifestato a Monaco, che nel romanzo avevo concepito come un evento “simbolo”, deflagrassero in modo così quotidiano e inaccettabile come in questi mesi a Gaza».
Su una spiaggia in Versilia compare una bella etiope. Scrive: «Così diversa in mezzo agli uguali, così negra (negli anni Settanta, non era ancora un termine «indicibile»). In mezzo ai bianchi, era percepita come un’insolenza».
«È una licenza, perché non ricordo donne nere in spiaggia, e allora non c’erano neanche i “vucumprà”. Ho voluto però affrontare un tema che è invece molto attuale oggi, per dire che non è vero che non eravamo razzisti, ma sfogavamo il razzismo contro i meridionali. Sono convinto che allora non fossimo pronti ad accogliere nella normalità una persona con la pelle di un altro colore, e infatti ci siamo dimostrati impreparati pochi decenni più tardi. Noi italiani siamo tendenzialmente razzisti, perché non siamo culturalmente pronti».
«Ogni uomo torna a nascere», scrive citando l’«Eternauta», scritto poco prima della dittatura argentina. Quando, veramente, possiamo rinascere e reinventarci?
«A me vengono in mente i molti migranti di oggi, coloro che riescono ad arrivare nel nostro Paese. Mi vengono in mente non perché è qua ma perché “non è là”. Queste persone qui si reinventano, e possono tornare a rinascere. Seconod me sono esemplari: fanno capire che questo è un destino che tocca a tutti noi, seppur in modo non così drammatico».
Vai a tutte le notizie di Torino
Iscriviti alla newsletter di Corriere Torino
10 agosto 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA