di
Cristina Ravanelli

Dal 1° gennaio 2026 entra in vigore una norma che amplia i benefici, non solo per i pazienti oncologici, ma anche per le persone con una patologia rara o una cronica

Lo stipendio che si riduce, le ore di permesso che non bastano mai, la paura di essere licenziati: una diagnosi di cancro ha conseguenze anche sulla condizione lavorativa, aggiungendo ulteriori preoccupazioni nella vita di chi già deve affrontare un impegnativo percorso di cure. I numeri parlano di oltre un milione e 100mila lavoratori, vale a dire un terzo dei pazienti oncologici in Italia, che ora, grazie a un disegno di legge approvato dal Senato in via definitiva (Ddl 1430), in vigore dal 1° gennaio 2026, possono contare su alcune tutele in più. Un passo avanti oppure come sostengono in molti la montagna ha partorito il topolino? «È positivo che il Ddl sia stato votato all’unanimità, come era successo nel 2023 per la legge sul Diritto all’Oblio oncologico: significa che c’è una grande sensibilità sul tema. Inoltre, è un buon risultato che le nuove tutele siano state estese non solo ai pazienti oncologici, ma anche a chi ha una patologia rara o una malattia cronica. Purtroppo, però, non sono state accolte misure fondamentali, nemmeno quelle a costo zero come il divieto di lavoro notturno. Interventi semplici, di buonsenso, che avrebbero potuto fare la differenza nella vita dei lavoratori fragili», sostiene Elisabetta Iannelli, segretario generale Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo) e presidente dell’Associazione Italiana Malati di Cancro (Aimac) che da quasi trent’anni si batte per evitare le discriminazioni sul posto di lavoro.

Cosa cambia 

La principale novità contenuta nel decreto riguarda il congedo di lavoro non retribuito, che passa da 6 a 24 mesi. Si tratta di un periodo di astensione, utilizzato in modo continuativo o frazionato, che può essere richiesto da chi ha un grado di invalidità pari o superiore al 74%. «Conservare il posto per un tempo più lungo è importante, però alcuni contratti prevedono già che per motivi gravi, e quelli legati a patologie oncologiche certamente lo sono, si possa chiedere un’aspettativa. Quello che noi auspicavamo è che il periodo di assenza fosse retribuito almeno parzialmente, o che venissero versati i contributi previdenziali configurativi. La diagnosi di cancro impatta sulla situazione economica di chi la riceve e della sua famiglia. È la cosiddetta tossicità finanziaria: l’aumento dei costi per sostenere le cure, le altre spese per spostamenti o aiuti domestici e la diminuzione del reddito sono un problema che merita risposte dalle Istituzioni», sottolinea Iannelli.



















































Un’altra novità riguarda il lavoro agile: al termine del congedo non retribuito, viene riconosciuta la priorità nell’accesso allo smart working, se compatibile con le mansioni. Ma attenzione: non si tratta di un diritto come previsto dalla norma sul part time (art. 46 del D.lgs. 276/2003) che prevede, dopo l’accertamento di una commissione medica, la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo ridotto (valgono le opzioni di part time verticale o orizzontale) e viceversa. Per i lavoratori autonomi, invece, la sospensione della prestazione dell’attività, a patto che sia svolta in modo continuativo per un solo committente, passa dagli attuali 150 a 300 giorni in un anno solare. «Si sarebbe potuto fare di più, per esempio coinvolgendo le Casse di previdenza dei vari ordini o la Gestione separata dell’Inps per garantire interventi minimi a sostegno del reddito professionale: indennità di malattia, bonus straordinari ai liberi professionisti malati o ai loro caregiver, decontribuzioni previdenziali temporanee» precisa l’esperta.

La nuova legge consente inoltre di fruire di 10 ore di permesso retribuito in più all’anno da utilizzare per visite, esami, analisi e cure frequenti (sono previste anche per i lavoratori che hanno un figlio minorenne affetto da malattia oncologica, da malattie invalidanti o croniche con un grado di invalidità pari o superiore al 74%). Per ottenerle, altra novità, scatta la procedura semplificata: le condizioni cliniche del lavoratore possono essere documentate con certificati del medico di medicina generale o di specialisti del Ssn, validabili tramite la tessera sanitaria e il Fascicolo sanitario elettronico. 

Quei 30 giorni di permesso all’anno (che nessuno conosce)

Esiste anche un ventaglio di possibilità su cui il lavoratore fragile può contare, ma che non sempre conosce. Un diritto ignorato, però, è un diritto negato» ricorda Elisabetta Iannelli. Le persone con disabilità e i loro caregiver possono usufruire dei permessi previsti dalla Legge 104/92: tre giorni di congedo retribuito al mese (può essere anche frazionato a ore) e il congedo straordinario retribuito (vale solo per il familiare che assiste il malato e dura per un massimo di due anni). «C’è poi una norma, purtroppo poco conosciuta, che prevede 30 giorni di permesso pagato per cure mediche per chi ha ottenuto un’invalidità almeno del 50%. Alcuni contratti prevedono inoltre, per le patologie oncologiche e per quelle gravi che richiedono terapie salvavita, che i giorni di ricovero ospedaliero, di day hospital o di assenza per sottoporsi alle cure siano esclusi dal computo dei giorni previsti per la malattia o l’infortunio e siano retribuiti interamente» chiarisce l’esperta.

Inps: non c’è l’obbligo di reperibilità in malattia

Un malato oncologico che ha la forza di continuare a svolgere la sua professione, anche nell’ottica di condurre una vita quanto più possibile «normale», ha diritto di essere trasferito alla sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere spostato altrove senza che l’azienda abbia prima raccolto il suo consenso. Inoltre, può chiedere che gli vengano assegnate mansioni adeguate al suo stato e, se le sue condizioni di salute si dovessero aggravare in un secondo momento, di ridurre o modificare il carico senza che questo incida sulla busta paga. Non ha invece l’obbligo di reperibilità, ovvero di farsi trovare in casa nelle fasce d’orario prestabilite dalle visite fiscali che l’Inps o l’azienda posso richiedere, durante i giorni di assenza poiché i motivi di salute che lo tengono lontano dal posto di lavoro sono già ampiamente documentati. «È un piccolo, grande, traguardo che siamo riusciti a ottenere, qualche anno fa, grazie all’interlocuzione con il ministero della Funzione pubblica e del Lavoro» conclude Elisabetta Iannelli.

8 settembre 2025

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