Sono ancora tante le ragazze e le donne giovani che danno poca importanza alle condizioni di salute, come il fatto di registrare valori della pressione fuori dalla norma o chili di troppo, e alle abitudini personali, tra cui fumare le sigarette – che aumenta la probabilità di sviluppare più avanti negli anni, specie in post menopausa, una malattia cardiovascolare.

Menopausa, se ne parla alla Camera: presentato un documento sulla salute delle donne

È ancora molto diffusa la (falsa) convinzione che i disturbi a cuore e vasi sanguigni (aritmie, scompenso cardiocircolatorio, fino a infarto e ictus) rappresentino una minaccia soprattutto per gli uomini e che siano i tumori il male peggiore da cui proteggersi. È un errore.

Le stime scientifiche dimostrano, infatti, che infarto al miocardio e ictus cerebrale sono più letali tra le donne, a causa anzitutto del ritardo con cui vengono diagnosticati. Anche una recente indagine internazionale Global effect of cardiovascular risk factors on lifetime estimates (Effetto complessivo dei fattori di rischio cardiovascolare sull’aspettativa di vita), uscita in primavera sul New England Journal of Medicine, incoraggia a non aspettare a prendersi cura del proprio benessere.

Basata su un campione di oltre due milioni di individui di entrambi i sessi, certifica che le donne, se arrivano a cinquant’anni senza pagare pegno ai principali fattori di rischio cardiovascolare, possono allontanare l’insorgere delle patologie del sistema cardiocircolatorio di almeno altri 13 anni e 4 mesi rispetto a quante, coetanee, con questi segnali di pericolo già fanno i conti. E vivere più a lungo di loro, in media 14 anni e 6 mesi. Nelle stesse condizioni, il vantaggio per gli uomini si ferma a 10 anni e 7 mesi senza disturbi cardiocircolatori e a 11 anni e 10 mesi di vita guadagnata. I cinque ostacoli sulla strada della longevità? Avere la pressione alta, fumare, avere livelli di colesterolo cattivo (Ldl) fuori norma, soffrire di diabete, non essere normopeso – cioè obesi, sovrappeso, ma anche sottopeso.

L’impatto positivo della prevenzione

La ricerca conferma, pertanto, lo straordinario potere della prevenzione. «Si tratta di adottare semplici regole fin da giovani: non fumare sigarette con regolarità; misurare i valori di pressione ogni sei mesi e fare gli esami di glicemia, colesterolo e trigliceridi almeno una volta ogni due anni; praticare attività fisica con regolarità; mangiare porzioni equilibrate di cibo per restare nei limiti di peso adeguati a età e struttura fisica; bere poco alcol; dormire per una congrua quantità di ore. E curare la salute psicologica. Questo investimento ripaga con benefici pari a quelli di un trattamento medico» commenta Anna Vittoria Mattioli, cardiologa che insegna all’università di Bologna.

Chi vuol correre ai ripari

La buona notizia è che chi nel corso della vita ha sgarrato, si ritrova fuori forma, o con qualche problema di salute, non deve abbandonare ogni speranza. Guido Grassi, professore onorario di medicina interna all’università Bicocca di Milano, tra i firmatari della ricerca, rassicura: «Non è mai troppo tardi per correggere i cattivi stili di vita e modificare, fino a eliminare, quei cinque elementi che concorrono allo sviluppo delle malattie cardiovascolari. Intervenire quando non si è più nel fiore degli anni su uno o più fattori di rischio, con terapie farmacologiche e sani comportamenti, può realmente aiutare la persona a vivere più a lungo e protette per più tempo dal pericolo di infarto e ictus».

I numeri non mentono. «Se si guarda al guadagno in termini di salute cardiovascolare, l’ipertensione tra tutte le cinque variabili è quella che incide di più. Riportando i valori pressori nella norma dopo i 50 anni – il professore cita i risultati del lavoro – le donne proteggono il loro sistema cardiocircolatorio per ulteriori 2 anni e 5 mesi, gli uomini per 1 anno e 2 mesi. Stabilizzando insieme anche iperlipidemia e diabete, e azzerando il fumo, i due sessi hanno una protezione aggiuntiva rispettivamente di 5 anni e 1 mese, e di 3 anni e un mese, e una speranza di vita che si alza di 5 anni e 2 nelle donne e di 4 anni e sei mesi negli uomini». Dalle condizioni di rischio descritte, legate sostanzialmente alle falle del nostro stile di vita, dipendono circa la metà dei casi di patologie cardiovascolari.

Le regole non sono uguali per tutte

«Ci sono, tuttavia, fattori che influenzano negativamente la salute cardiovascolare, non presi in considerazione dallo studio, da non dimenticare – mette in guardia Grassi -. Tra questi: la predisposizione genetica, l’infiammazione vascolare dovuta all’ispessimento e perdita di elasticità dei vasi, indipendentemente dai livelli di lipidi nel sangue, e poi stress, inquinamento, apnee notturne, disfunzioni renali. E il fatto di fare pochi controlli».

Il ruolo della menopausa

Da non trascurare che le donne hanno caratteristiche biologiche e sono esposte a fattori sociali che di per sé le rendono vulnerabili alle malattie cardiovascolari. Prima fra tutte la menopausa. «Gli estrogeni, tra i principali ormoni sessuali femminili, con un ruolo chiave nel ciclo mestruale – spiega la professoressa Mattioli, vice coordinatrice del gruppo di ricerca sulle malattie cardiovascolari di genere della Società italiana di cardiologia -, agiscono a livello dei vasi sanguigni, in particolare sull’endotelio, cioè il tessuto che li riveste, rendendo meno facile la penetrazione di colesterolo e trigliceridi nei vasi e, quindi, contrastando la aterosclerosi, caratterizzata dall’accumulo di placche di grasso nelle pareti arteriose che restringono e ostruiscono il flusso sanguigno.

Con la menopausa si verifica un crollo fisiologico dei livelli di estrogeni che, modificando inoltre il metabolismo e favorendo la concentrazione di grasso attorno all’addome, rende più facile la formazione di placche nei vasi». Per questo motivo Mattioli raccomanda di mettere in agenda una visita cardiologica durante la transizione menopausale, per valutare il rischio reale di malattie cardiocircolatorie. Da replicare su consiglio dello specialista, quando la menopausa è stabilizzata.

Mai abbassare la guardia

In età fertile la donna non è, tuttavia, immune dalle patologie ischemiche. «Se c’è un livello alto di trigliceridi e colesterolo nel sangue il deposito di placche, nelle donne, è più diffuso e meno ostruttivo di quel che si verifica per i maschi ma crea comunque il presupposto a infarto e ictus avverte Mattioli -. Cessate le mestruazioni, la placca diventa più simile a un rigonfiamento, come per gli uomini, e crea più danni». Altre variabili di salute femminili che possono condizionare il cuore sono la sindrome dell’ovaio policistico, malattie autoimmuni reumatologiche, l’aver sofferto di diabete, ipertensione e preeclampsia in gravidanza. «Impattano, poi, le condizioni psicosociali: le donne sono più esposte a stress e frustrazione, perché da loro ci si aspetta di più, a partire dalla famiglia. Sul lavoro hanno spesso percorsi più accidentati, la maternità può creare problemi e hanno meno riconoscimenti» dice l’esperta.

Perché ancora si diagnostica tardi l’infarto al femminile

Provoca sintomi specifici, ancora misconosciuti. E gioca un ruolo il fatto che le donne sopportino di più il dolore… Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte in Europa (con oltre tre milioni di decessi l’anno). La prevenzione dei fattori di rischio è fondamentale fin dall’infanzia e in ogni fase della vita. «L’aterosclerosi è un fenomeno lento e progressivo – sottolinea Anna Vittoria Mattioli -. Servono campagne di sensibilizzazione mirate alle donne, che in 3 casi su 5 attribuiscono questi disturbi soprattutto agli uomini e in quasi 4 su 5 pensano erroneamente che sia il tumore il problema più grosso che le riguardi».

Il ritardo nella diagnosi dell’infarto nelle donne dipende da una sottovalutazione dei sintomi di genere specifici, ancora misconosciuti. Mattioli chiarisce quali sono: «Rispetto ai sintomi rilevati nell’uomo, prevale la mancanza di respiro, l’affaticamento, il bruciore alla bocca dello stomaco e il dolore alla schiena. L’irradiazione del dolore è condizionata dall’avere vasi più piccoli e una distribuzione dei nervi diversa». Oltretutto, le donne sopportano di più il dolore e tutto questo tende a far confondere il quadro sintomatico dell’attacco di cuore con quello di un attacco di panico, una gastrite o del reflusso gastroesofageo.